Santa Croce: geometrie e significati latenti

Santa Croce: geometrie e significati latenti
di Mario CAZZATO
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Giovedì 17 Agosto 2023, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 14:26

Per i costruttori e i progettisti antichi il problema di proporzionare in maniera armonica le diverse parti di una costruzione era fondamentale: il rapporto tra lunghezza, larghezza e altezza non poteva essere casuale, specialmente in edifici di carattere sacro. I grandi architetti e trattatisti quattro-cinquecenteschi spiegavano bene quest’aspetto e spesso dimensionavano i loro edifici attraverso rapporti musicali o l’uso della sezione aurea. Ovviamente c’erano altri procedimenti di carattere simbolico e gli anonimi ideatori di Santa Croce, senz’altro alcuni dotti celestini, scelsero quest’ultima, più consona a un ordine religioso particolarmente attento a questi aspetti, ove si pensi al loro celebre fondatore, Pietro Celestino, proclamato santo poco dopo la sua morte, nel 1313.

Il progetto originario

Prima di procedere oltre è necessario osservare che l’esistenza di un progetto originario (cominciato a partire dal 1549) fu tenuto presente, quindi conservato, per tutta la durata del relativo cantiere che non si chiuse prima della seconda metà del Seicento, nel fastigio con il trionfo della Croce tra nuvole: questo vale per la facciata e, a maggiore ragione, per la pianta della chiesa connessa a quella dell’attiguo monastero da rapporti geometrici stringatissimi. Per fare qualche esempio, l’asse trasversale della chiesa in corrispondenza del transetto taglia in due il quadrato perfetto del chiostro, mentre la diagonale di questo, prolungata, punta il portale maggiore della chiesa. È una geometria “sommersa” che serve a controllare razionalmente le dimensioni del complesso monastico, sottraendolo a ogni scelta arbitraria: siamo sempre in pieno Rinascimento e gli assi prospettici hanno un ruolo fondamentale. Ed è proprio sul portale maggiore, costruito come i laterali da Francesco Antonio Zimbalo nel 1606, che la presenza della seguente epigrafe può contribuire a svelare il significato della facciata, da estendere a tutto il territorio: ornaverunt faciem templi et dedicaverunt portas eis ianuas. et facta est laetitia magna, ossia: «ornarono la facciata del tempio, consacrarono gli ingressi e posero le porte. E questo fu il motivo di grande letizia». Il versetto biblico indica la consacrazione del tempio di Gerusalemme o di Salomone com’è descritto nel Primo Libro dei Maccabei (1Macc 4, 5-8). Viene stabilito così un ardito parallelismo tra la ricostruzione del tempio di Gerusalemme e quella di Santa Croce, dal primitivo luogo in cui si trovava dal tempo del fondatore, Gualtieri VI di Brienne, poi demolita per far posto al nuovo castello voluto da Carlo V. Ma c’è di più.

Nel Primo Libro dei Re è descritto il tempio di Salomone con queste parole: «Il tempio che il re fece costruire era lungo 30 cubiti, largo 10 e alto 15» (1 Re 6, 2). Era decorato con frutti, specialmente melagrane, simbolo di rinascita e di abbondanza, e i capitelli delle colonne terminavano a forma di giglio. Ebbene, se uno è la larghezza di Santa Croce, risultano tre la lunghezza e due l’altezza misurata alla cupola – e si spiega così la notevole altezza: proprio come le dimensioni del tempio di Salomone. Queste precise corrispondenze non possono essere casuali. A tali considerazioni possiamo aggiungere la profusione di serti di frutta, le melagrane scoppiate, le palmette e i gigli che spuntano sopra i capitelli tra foglie di acanto contrapposte. Non era una novità la volontà di ricreare, almeno nelle proporzioni e nell’apparato decorativo, il tempio di Gerusalemme come risulta dalle descrizioni bibliche. Esaminiamo un altro indizio: su un capitello all’interno di Santa Croce, accanto all’altare delle reliquie, è raffigurato Melchisedech, il biblico re di Salem, come si dice nella Genesi «sacerdote per sempre» di Gerusalemme come alcuni lo identificano.

La facciata 

È stato osservato che la facciata di Santa Croce è suddivisa in tre parti sovrapposte, di epoca diversa, ma secondo un disegno iconologico unitario. In quella più alta è rappresentato il trionfo della Croce. In quello inferiore è «la sfera del terrestre, addirittura del sotterraneo, del demoniaco, cioè della mitologia pagana». Nella parte centrale, quella del rosone, è glorificata invece «la religione cristiana e l’ordine dei celestini». La lunga balconata che divide i due piani è sorretta da tredici telamoni accovacciati, dove si alterano figure umane e animali, secondo una sequenza A-B-A-B, attraverso un significato estremamente complicato che risale alla vittoria di Lepanto (1571) quando, forse, si cercò di conferire a questa facciata una dimensione simbolica ulteriore rispetto a quella stabilita all’origine. E non è un caso che al centro della balconata sia raffigurata, su un pilastrino, proprio la Vergine del Rosario, la Madonna con il Bambino in grembo che offre la corona del rosario. Molti si sono impegnati, con poco frutto, a individuare i rapporti geometrici-proporzionali che regolano gli elementi di questa facciata, spesso proponendo schemi senza coerenza storica e simbolica. È certo, comunque, che la facciata si può iscrivere in un quadrato, quindi in un “cerchio maggiore”, che hanno il centro proprio sul pilastrino con il rilievo della Vergine del Rosario.

I tre rosoni

Ancora: i centri dei tre rosoni, quello superiore e i due accanto al portale maggiore, definiscono un triangolo equilatero e un altro triangolo simile, più grande, si ricava congiungendo i centri dei rosoni più piccoli in basso, mentre i dualtri lati sono tangenti al rosone maggiore: quanto a dire due triangoli concentrici. Si tratta di sottili geometrie che potrebbero essere replicate quasi all’infinito, ma che rappresentano il metodo per controllare le proporzioni dell’alta facciata, come il ricorso a figure geometriche elementari quali il triangolo, simbolo di perfezione, o il “cerchio maggiore” il cui culmine coincide con il centro del trionfo della Croce, in alto. Come scrisse tanto tempo fa Mario Manieri Elia, «il tema è dunque la Croce, fonte di grazia cristiana, vittoriosa sui miti e sulla protervia della Roma pagana». E il balcone o “loggia figurata” ostenta e rammenta la sconfitta, che allora sembrava definitiva, del paganesimo e dell’eresia.

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