Valutazione del danno sanitario: il tar dà ragione ad Acciaierie d'italia

L'ex Ilva di Taranto
L'ex Ilva di Taranto
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Domenica 16 Gennaio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 13:27

Lo scontro sull’inquinamento della grande fabbrica di Taranto e sulle sue conseguenze per la salute si sposta dinanzi al Tar. Con il verdetto con il quale il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha deciso che Arpa e amministrazioni comunali devono consegnare ad “Acciaierie d’Italia”, ovvero la ex Ilva, tutti i dati relativi alla Valutazione del danno sanitario connesso all’attività dello stabilimento siderurgico.
Un’analisi riferita all’anno scorso, ma che è basata sulla situazione esaminata negli anni che vanno dal 2012 al 2020. Per l’azienda si tratta di una vittoria strategica nel processo di revisione dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale che, al momento, fissa a sei milioni di tonnellate all’anno la produzione massima di acciaio della grande fabbrica accomodata a pochi metri dal centro abitato di Taranto. “Acciaierie d’Italia”, infatti, non condivide il risultato di quella valutazione del danno sanitario e per questo intende riesaminare i dati.

Un percorso che si è stoppato dinanzi al niet alla consegna che però, ora, dovrà essere accantonato sulla scorta della decisione della seconda sezione bis del Tar del Lazio, presieduta dal giudice presidente Elena Stanizzi. 

La sentenza


Nelle dodici pagine della sentenza, infatti, i giudici amministrativi, riferendosi alla richiesta aziendale, spiegano che «il ricorso per l’accesso deve essere accolto, con conseguente ordine alle amministrazioni, ciascuna per la parte di propria competenza, di consentire alla ricorrente nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza o dalla sua notifica, se anteriore, l’accesso ai dati ed alla documentazione richiesta nelle forme della visione e della estrazione di copia, previa anonimizzazione dei dati sanitari e di tutti i dati sensibili e sensibilissimi, se non già disponibili in tale forma».

A giudizio del Tar del Lazio «non pertinenti appaiono le argomentazioni sostenute dalle amministrazioni circa l’impossibilità di garantire l’accesso per la prevalenza da accordare in via assoluta alla riservatezza dei terzi ed alla natura di dati sensibili e sensibilissimi delle informazioni contenute nei documenti richiesti e per la finalità di esercizio di controllo generalizzato dell’attività amministrativo insita nell’istanza della ricorrente».

I giudici ritengono che «essendo stati elaborati ed inseriti nelle statistiche e nel rapporto di Vds, i dati dovrebbero essere già stati anonimizzati e comunque potrebbero essere adeguatamente convertiti con l’ausilio di mezzi informatici». E riferendosi ad Acciaierie d’Italia aggiungono che «la ricorrente risulta aver chiesto il suo diritto di accesso per lo specifico concreto interesse ad opporsi al procedimento di riesame dell’Aia e ad evitare così di vedersi imposte gravose condizioni aggiuntive per l’esercizio del suo impianto, motivate da ragioni sanitarie aventi origine anche dai risultati di Vds».

Il ricorso


Acciaierie d’Italia si è costituita in giudizio al Tar del Lazio nei confronti di Arpa Puglia, Aress Puglia, Asl Taranto e ministero della Transizione ecologica. L’azienda, in particolare, aveva chiesto l’annullamento della nota di Arpa dello scorso 23 luglio, a firma congiunta dei direttori generali di Arpa Puglia, di Aress Puglia e Asl di Taranto. L’azienda, peraltro, aveva già invocato un intervento del Mite, il ministero per la transizione ecologica, evidenziando riserve sulla Valutazione del danno sanitario e sui criteri tecnici che hanno portato alla sua formulazione. Richiesta che ministero a sua volta ha girato al ministero della Salute chiedendo un parere.
Al ministro Roberto Speranza, peraltro, proprio nei giorni scorsi ha scritto anche l’associazione “Peacelink”. Gli ambientalisti guidati da Alessandro Marescotti, infatti, hanno ribadito la necessità di confermare l’attuale Vds per il rischio cancerogeno correlato ad una produzione di acciaio di 6 milioni di tonnellate annue. Una richiesta che è stata motivata con le conclusioni di un recente studio condotto dall’Oms, nel quale si sottolinea come in quella valutazione l’impatto sulla salute dei tarantini sarebbe anche sottostimato. 

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