Ex Ilva, il ministro Urso e lo scudo penale: «Nessun salvacondotto, riscritti i patti con Mittal a vantaggio dello Stato»

Il ministro Adolfo Urso
Il ministro Adolfo Urso
di Domenico PALMIOTTI
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Lunedì 2 Gennaio 2023, 06:39 - Ultimo aggiornamento: 20:05

I 680 milioni dello Stato non sono il salvataggio di Mittal poiché le risorse pubbliche possono diventare capitale anche in anticipo sul 2024. Mittal non poteva essere cacciato come si chiede, ma, rispetto alle intese precedenti, adesso lo Stato ha più voce in capitolo in Acciaierie d’Italia. Così come lo scudo penale, non è una protezione legale ai gestori della fabbrica. Infine, chi protesta e si accinge a scioperare, veda prima il decreto, valuti la posizione del Governo, che è disponibile al confronto, e si accorgerà che le preoccupazioni non hanno ragione d’esserci. In una intervista a Quotidiano, Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, spiega il decreto legge sull'Ilva di Taranto varato dal Governo nella serata di mercoledì scorso e ritenuto molto importante anche dal premier Giorgia Meloni.


 Ministro, le sue dichiarazioni delle ultime settimane (la governance societaria va riequilibrata, lo Stato non è un bancomat, siamo disponibili ad anticipare la ricapitalizzazione, l’azienda è come un treno che sta deragliando…) sono state valutate molto positivamente. Adesso la decisione di erogare un aiuto finanziario ad Acciaierie d’Italia, attualmente a maggioranza Mittal, è stata interpretata come una retromarcia. Cosa risponde a questa osservazione? 
«Non è affatto un aiuto, non è un prestito e tanto meno un contributo a fondo perduto. Abbiamo raggiunto un accordo con ArcelorMittal che prevede invece la possibilità di utilizzare le risorse finanziarie, già previste come finanziamento soci, trasformabili anche prima del 2024 in quota capitale su semplice richiesta di Invitalia. Nel contempo, è stato firmato un nuovo accordo tra le parti che riequilibra a vantaggio del pubblico quanto stabilito nei patti riscritti a dicembre 2020».


 Il decreto Aiuti Bis ha previsto sino ad un miliardo di euro per intervenire sull’ex Ilva. Il Governo ha deliberato 680 milioni. I restanti 320 quando e come potranno essere utilizzati?
 «Il miliardo previsto da Aiuti Bis è aggiuntivo rispetto ai 680 milioni e potrà essere utilizzato con le stesse modalità al fine di realizzare da subito rilancio produttivo, risanamento ambientale e sviluppo del polo di Taranto».


 Le parti, il privato Mittal ora maggioranza e Invitalia, società dello Stato ora minoranza, si sono accordati sulla modifica dei patti parasociali. Questo vuol dire che cambiando l’intesa sul passaggio dello Stato in maggioranza al 60 per cento, che ora colloca quest’operazione a maggio 2024, si potrà anticipare la stessa operazione? E presumibilmente a quando?
 «Sì, come ho detto potrà realizzarsi a semplice richiesta di Invitalia in ogni momento.

E prima non era affatto così. Inoltre, nei nuovi patti parasociali sono cambiati i criteri di governance e gli assetti finanziari futuri a vantaggio dello Stato. Abbiamo tolto alcuni lacci e lacciuoli che legavano le mani all’azionista pubblico». 


Sono state introdotte modifiche sul versante giudiziario e penale. È una norma di carattere generale, però lei sa che parlare di scudo penale in un caso come l’ex Ilva, visti anche i precedenti, rischia di alimentare molte polemiche e tensioni con la Magistratura. C’è l’idea che si voglia dare all’azienda un nuovo salvacondotto.
«Non si tratta di un salvacondotto per Ilva ma solo di una norma di buon senso che vale per tutte le imprese di interesse strategico. Semplicemente, si afferma che se gli amministratori si adeguano a quello che impone l’autorità amministrativa non commettono un reato».


I sindacati e le istituzioni locali chiedono insistentemente che Mittal sia allontanato e definiscono la sua gestione disastrosa. In effetti, l’azienda in questi anni non ha fatto alcuna apertura alla città, tutt’altro anzi. Non le pare che, al punto in cui sono le cose, la ricucitura con Mittal sarà difficile se non impossibile?
«Gli accordi realizzati durante i precedenti Governi non consentivano in alcun modo quel che lei dice. Con il nostro decreto, correlato ai nuovi patti parasociali, abbiamo invece restituito il potere allo Stato di intervenire qualora ne ravvedesse la necessità. Anche grazie ad una trattativa serrata, franca e netta, siamo riusciti a riconquistare margini di manovra prima preclusi. Mi auguro che proprio questa nuova autorevolezza dello Stato possa finalmente consentire un corretto rapporto tra azienda e parti sociali. Ho già convocato il tavolo ex Ilva per il 19 gennaio». 


Un anno fa, c’era il ministro Giorgetti al Mise, Acciaierie d’Italia presentò un piano da quasi 5 miliardi per la svolta green del gruppo. A giugno scorso il presidente AdI, Franco Bernabè, ha presentato questo piano anche alla Regione Puglia. Svolta nel forno elettrico, più produzione di acciaio, passaggio all’idrogeno, ecco alcuni capisaldi di questo piano. Che ne è adesso di questo piano? Sarà riattualizzato e ripresentato?
 «La strada che era stata indicata noi l’abbiamo concretizzata. Acciaierie d’Italia è ora impegnata anche sul piano finanziario per il completamento del processo di risanamento al fine del conseguimento dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, e nel contempo, con l’impegno finanziario diretto del Governo, sarà realizzato il DRI, cioè il forno a freddo per la produzione green. Misure necessarie anche per il dissequestro dell’asset che consentirà ad AdI di accedere alla finanza e quindi di realizzare i nuovi investimenti. Credo che ora vi siano tutte le condizioni per realizzare la più grande acciaieria green d’Europa. Dobbiamo accompagnare questo processo con una politica industriale europea che tuteli produzione e lavoro. Mi riferisco alla “carbon tax” e al “buy european “».


Viene annunciato su Taranto l’irrobustimento del polo industriale. L’eolico galleggiante e un impianto di degassificazione, sono tra le future iniziative. Che dettagli si possono dare? A cosa si riferiscono questi annunci? Non teme sull’impianto di degassificazione un altolà delle istituzioni locali? E sono iniziative, queste, per creare più occupazione nel polo di Taranto o per riassorbire gli esuberi che la transizione green dell’acciaio causerà?
«Il parco eolico flottante e la nave rigassificatrice serviranno ovviamente anche alla città. Aggiungo anche l’importanza dell’impianto di desalinizzazione (che renderà fruibili per la città di Taranto risorse idriche importanti) e certamente anche del progetto per la riapertura del cementificio. Mi auguro che su questi progetti e sugli altri che possono riguardare il porto e l’area logistica e industriale, ci possa essere un ampio confronto con Comune e Regione e con tutte le parti sociali. Noi lavoreremo per questo. La coesione sociale è un valore in cui crediamo».


I sindacati Fiom Cgil, Uilm e Usb hanno indetto uno sciopero dalle 23 dell’10 gennaio alle 7 del 12 gennaio proprio contro il decreto legge. E l’11 gennaio i sindacati saranno a Roma con le istituzioni, nelle vicinanze di Palazzo Chigi, per protestare. Che messaggio manda loro?
 «Quando i sindacati avranno modo di leggere il testo del decreto, capiranno che molte delle loro preoccupazioni non hanno ragion d’essere. Noi restiamo però aperti al confronto e in questo quadro ho già fissato per il 19 gennaio un tavolo per discutere la questione Ilva con tutte le organizzazioni sindacali, le forze produttive, gli enti locali».  

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