Ex Ilva, il ministro Urso difende il decreto su fondi e scudo penale: «Misura di buon senso»

Una veduta del siderurgico
Una veduta del siderurgico
di Domenico PALMIOTTI
6 Minuti di Lettura
Venerdì 30 Dicembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:15

La tregua su Acciaierie d’Italia non c’è. Il fronte ex Ilva di Taranto continua ad esprimere alta tensione. Il giorno dopo il varo, da parte del Consiglio dei ministri, del decreto legge che assegna all’azienda 680 milioni e reintroduce lo scudo penale, estendendolo a tutti i siti di interesse strategico nazionale, una serie di spaccature attraversano il mondo della politica e del sindacato. E si genera anche una netta divergenza tra Comune e Confindustria Taranto. Critico il primo sulle misure, favorevole invece la seconda, sia pure in attesa di vedere segnali più concreti per l’indotto. 
Tutto questo avviene proprio mentre ArcelorMittal, socio di maggioranza di Acciaierie d’Italia, chiude un accordo in Polonia per acquisire un’azienda di rottami metallici, Zlomex, che ha cantieri a Varsavia e Cracovia. La notizia è di ieri. È arrivata mentre a Taranto infuriava la protesta e da sostegno ulteriore alla tesi secondo cui Mittal altrove investe e apre i cordoni della borsa mentre in Italia (lo ha ribadito anche il governatore regionale Michele Emiliano) chiede il sostegno dello Stato. 

Le parole del ministro Urso


Ma sui 680 milioni il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, in un’intervista oggi a “Il Messaggero”, dichiara che «le risorse erano già stanziate. Non sono più un prestito e tanto meno contributi a fondo perduto ma possono essere utilizzate da subito per realizzare in tempo utile gli obiettivi industriali e ambientali assolutamente necessari». Urso chiarisce che «l’articolo 1 del decreto stabilisce che i 680 milioni che il socio pubblico avrebbe dovuto versare quale capitale sociale nel maggio 2024, potranno essere utilizzati sin da subito a titolo di finanziamento soci, ma con la possibilità che Invitalia chieda, a sua discrezione, in ogni momento la conversione del finanziamento in aumento capitale sociale, con conseguente modifica delle partecipazioni societarie. La stessa possibilità - dichiara ancora Urso a “Il Messaggero” - è prevista per il miliardo già stanziato dal dl Aiuti Bis, anch’esso ora convertibile in capitale sociale su richiesta del socio pubblico». 
Per il ministro, «la statalizzazione dell’impresa era stata concordata nel precedente accordo che non consentiva allo Stato alcuna mossa.

Mani legate. Sarebbe dovuta avvenire appunto nel maggio del 2024 in condizioni palesemente svantaggiose. Abbiamo ottenuto condizioni di reciprocità che prima non esistevano».

La protesta dei sindacati

 
Su questo punto, però, opinione ben diversa è manifestata dai sindacati Fiom Cgil, Uilm e Usb che al pari del sindaco Rinaldo Melucci e del fronte degli oppositori, ritengono gli 680 milioni ad Acciaierie d’Italia un’elargizione e basta. Sganciata da una garanzia sulla prospettiva industriale, occupazionale e ambientale della fabbrica. A tal fine i sindacati Fiom Cgil, Uilm e Usb hanno indetto uno sciopero dalle 23 del 10 gennaio alle 7 del 12 gennaio. Al centro, tra le due giornate, la protesta dell’11 gennaio a Roma, nelle vicinanze di Palazzo Chigi, decisa mercoledì insieme alle istituzioni locali. Una mobilitazione che precede la convocazione da parte del ministro Urso del tavolo sull’ex Ilva per le ore 14 del 19 gennaio al ministero. 
Altro motivo di scontro è la reintroduzione dello scudo penale. «Non è appropriato parlare di scudo penale - dichiara Urso a “Il Messaggero” - poiché esso richiama una sorta di immunità che non esiste affatto. Abbiamo, invece, introdotto, nel caso di imprese strategiche, una misura di buon senso, ossia che non si possono punire soggetti che in buona fede hanno del tutto conformato la loro azione esecutiva a dei provvedimenti amministrativi dati dall’autorità. Peraltro, nel decreto solo il primo articolo riguarda l’ex Ilva, perché ne disciplina il finanziamento in conto soci, gli altri 9 hanno carattere generale». 


Pollice verso, invece, da Fiom Cgil, Uilm e Usb. Per i quali “il Governo Meloni si disinteressa completamente delle richieste di un intero territorio, dei lavoratori, dei cittadini, cedendo ai ricatti di un operatore privato che si permette quotidianamente di prendersi gioco delle piaghe della nostra comunità, compiendo solo sgradevoli bluff e azioni incostituzionali, garantendogli, come se non bastasse, anche l’esimente penale per i propri comportamenti illeciti”. 
«Il decreto è correlato al nuovo accordo tra gli azionisti che riequilibra a vantaggio del pubblico quanto stabilito nei patti riscritti nel dicembre del 2020, indicando con più chiarezza la strada da percorrere per il rilancio industriale, la riconversione green, il recupero ambientale e lo sviluppo del polo di Taranto», commenta ancora Urso. 

La Confindustria Taranto


E per lo sviluppo del polo si parla tra l’altro di investimenti nell’eolico galleggiante e di un impianto di degassificazione, con l’approdo di navi gasiere, che già accende le prime polemiche. «Bene i progetti “green” anticipati dal Governo - afferma il presidente di Confindustria Taranto, Salvatore Toma - ma attendiamo di conoscerne più approfonditamente i singoli aspetti, e anche per questo contiamo di confrontarci al più presto al tavolo programmato per il 19 gennaio prossimo. Le notizie - prosegue Toma - appaiono incoraggianti sul piano della continuità produttiva dell’azienda che dovrà procedere di pari passo con i processi di ambientalizzazione. Per altri aspetti, non possiamo ancora esprimere soddisfazione fino a quando non avremo contezza che la nuova iniezione di liquidità sia volta a sanare la situazione - non più sostenibile - delle aziende fornitrici, che vivono da tempo una condizione di sofferenza non giustificabile». Riferendosi all’indotto, Toma afferma che «si tratta, e continuiamo a ribadirlo da anni, di imprese grazie alle quali si regge la continuità dei processi produttivi. Ferme restando le legittime istanze della platea generale dei creditori, riteniamo che a queste aziende debba essere subito garantito l’ammontare delle spettanze pregresse, anche in considerazione di quanto hanno già pesantemente subito a seguito della crisi di sette anni fa, sotto la gestione commissariale. Confidiamo, pertanto, in una risposta in tal senso da parte di AdI». 

L'assemblea dei soci


Ieri, infine, si è riunita l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia. Mittal e Invitalia hanno preso atto del dl del Governo e dell’arrivo dei 680 milioni che potranno essere usati come finanziamento soci convertibile in futuro aumento di capitale. Questo dovrebbe avvenire nel 2023 e quindi con un anno di anticipo sulla data, maggio 2024, riprogrammata a maggio scorso. Preso atto anche dell’intesa con cui ArcelorMittal e Invitalia decidono di “modificare i patti parasociali incidendo su aspetti cruciali come la partecipazione azionaria e la futura governance”. E proprio quest’ultimo aspetto apre la strada alla possibilità di anticipare di un anno il passaggio dello Stato in maggioranza in Acciaierie d’Italia arrivando al 60 per cento del capitale. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA