Acciaierie d'Italia Taranto: stipendi garantiti, canone non pagato

Acciaierie d'Italia
Acciaierie d'Italia
di Domenico PALMIOTTI
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Domenica 11 Dicembre 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 10:00

Le buste paga di dicembre per il personale di Acciaierie d’Italia sono state garantite. Nonostante l’azienda sia nel vortice di una grave crisi finanziaria, le retribuzioni di novembre, in pagamento domani, sono apparse sul portale aziendale già l’altro ieri. Ogni dipendente, collegandosi con la password individuale, ha così potuto visualizzare il proprio foglio competenze. Nemmeno per le tredicesime ai diretti, che saranno corrisposte intorno al 20 dicembre, si temono problemi. 

Le aziende dell'indotto


Mentre ben diversa è la situazione di quanti sono nelle aziende dell’indotto di Taranto, le quali non venendo pagate dall’ex Ilva, o trovandosi addirittura sospese negli ordini da parte del committente, sono nell’impossibilità di pagare i propri addetti. Tant’è che a novembre, con gli stipendi di ottobre, molte imprese appaltatrici hanno erogato solo acconti. La situazione, accentuata, si ripeterà adesso con un probabile slittamento delle tredicesime a tempi futuri.

Forse gli stipendi al personale sono tra le poche cose che Acciaierie d’Italia sta riuscendo a garantire con regolarità. Per il resto è in larga parte un bollettino di impegni da adempiere e scadenze da onorare. 

Il canone

L’ultima novità viene dal canone trimestrale per il fitto degli impianti che Acciaierie d’Italia avrebbe dovuto versare a novembre alla proprietà di Ilva in amministrazione straordinaria. Si tratta di 22,5 milioni ogni tre mesi. Il mese scorso Acciaierie d’Italia non ha pagato la rata e Ilva in amministrazione straordinaria ha in parte recuperato il dovuto attraverso una compensazione. In pratica funziona così: le intese prevedono che una fetta del patrimonio destinato, che è in capo alla stessa Ilva in as per le bonifiche, sia girato ad Acciaierie d’Italia per alcuni interventi di sua competenza nel siderurgico. A valle della rendicontazione di Acciaierie d’Italia sui lavori eseguiti, Ilva in as eroga il rimborso. Stavolta, però, sulla quota che Acciaierie d’Italia avrebbe dovuto incassare, Ilva in as ha effettuato una trattenuta a parziale compensazione del canone non ricevuto. Va detto che il canone di 22,5 milioni ogni tre mesi è già frutto del dimezzamento deciso con l’accordo di marzo 2020 tra Ilva in as e ArcelorMittal (allora Acciaierie d’Italia ancora non c’era). Accordo che ha chiuso il contenzioso sul recesso contrattuale aperto da Mittal a novembre 2019 dopo la soppressione dello scudo penale da parte del Parlamento. Il canone intero è di 180 milioni su base annua. Con la riduzione, è stato portato a 90 con l’impegno dell’affittuario di saldare gli altri 90 milioni che maturano ogni anno al closing dell’operazione. Cioè quando ci sarà l’acquisizione dell’azienda da Ilva in as. In quanto al patrimonio destinato, costituito con i fondi della transazione con i Riva, precedenti proprietari e gestori del gruppo siderurgico, è partito con una dotazione complessiva di 1,157 miliardi. Di questi, 467 milioni sono stati affidati a Ilva in as e 540 sono in capo ad Acciaierie d’Italia. I 540 milioni si dividono in 352 per la decontaminazione dello stabilimento (ex contratto di affitto) e 188 per la bonifica del sottosuolo della fabbrica (ex addendum contratto). La trattenuta a parziale compensazione sarebbe avvenuta sul capitolo della decontaminazione. 

Le difficoltà dell'azienda


La vicenda del fitto non saldato, non nuova perché è più volte accaduta in passato, si aggiunge alle altre significative esposizioni dell’azienda. 
Spicca su tutti, come pubblicato ieri, il debito della bolletta energetica che è salito, secondo ultime valutazioni, a circa 600 milioni. Una spia rossa, quest’ultima, che si era accesa già in autunno quando è venuto fuori che l’ex Ilva aveva uno scoperto di 300 milioni nei confronti dell’Eni per forniture di gas non pagate. Tant’è che Acciaierie d’Italia, chiuso l’approvvigionamento con Eni e non avendo un nuovo fornitore, adesso si è riparata sotto l’ombrello del servizio di default di Snam. Fondo che il Governo, con l’ultima legge di Bilancio, ha rifinanziato per 650 milioni essendo evidentemente molte le aziende che sono nella stessa condizione dell’ex Ilva, anche se quest’ultima, energivora per eccellenza, avrebbe un primato. È cioè tra i maggiori beneficiari del servizio di default. Accanto a canone di fitto e fornitura gas, un altro fronte critico è rappresentato dall’indotto. Che a fine settembre (dati Confindustria Taranto) disse di avanzare circa 100 milioni relativi a lavori non saldati. Da tempo il pagamento è stato anche differito a 180 giorni. 

La situazione


Non risulta che ci siano stati segnali di miglioramento. Anzi, a importanti aziende dell’area non starebbe nemmeno arrivando più richiesta di offerta per le attività da eseguire in fabbrica. Si è in presenza di un forte disagio che colpisce tanto il mondo del lavoro quanto quello dell’impresa. Non ci sono per ora proteste o scioperi perché si vuole vedere se la trattativa in corso tra i due soci di Acciaierie d’Italia (il privato Mittal in maggioranza, la società pubblica Invitalia in maggioranza) approda ad un accordo. Dopo l’assemblea dei soci dell’altro ieri, adesso l’aggiornamento è a venerdì prossimo. Nodi da sciogliere rimangono la ricapitalizzazione (che il Governo, con Invitalia, è pronto a fare ma rivendica analogo impegno anche da Mittal) e il riequilibrio della governance societaria. Intanto si attende a breve, forse entro fine anno, il documento del ministero della Salute che dovrà dire se con i lavori Aia sinora eseguiti una produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio è compatibile con la tutela della salute pubblica. Il ministero è chiamato a valutare lo scenario post operam che, secondo alcune fonti, esprimerebbe già un taglio di circa il 40 per cento delle emissioni di pm 2,5 e pm10, indicato tempo addietro come obiettivo da conseguire per ridurre i livelli di rischio. Infine entro febbraio, sei mesi prima della scadenza dell’Aia vigente, l’azienda dovrà presentare richiesta di nuova Aia. Che dovrà essere legata al nuovo piano industriale e al forno elettrico. 

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