Ex Ilva di Taranto: i soldi sequestrati ai Riva per la decarbonizzazione

Il siderurgico di Taranto
Il siderurgico di Taranto
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Domenica 2 Gennaio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio, 14:52

Il decreto Milleproroghe rivede le norme sull’utilizzo dei fondi sequestrati alla famiglia Riva, ex proprietaria dell’Ilva di Taranto.

La dotazione finanziaria

I fondi, acquisiti dall’amministrazione straordinaria, saranno utilizzati per la decarbonizzazione. Non si tratta di pochi soldi: il portafoglio delle risorse è cospicuo. Il decreto mette a disposizione della società Acciaierie d’Italia, che attualmente gestisce il siderurgico tarantino, ben 575 milioni. La pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” ha fatto scatenare le polemiche e le proteste nonostante debba ancora essere convertito in legge il decreto che sposta le risorse del sequestro Riva alla nuova proprietà. La motivazione delle proteste riguarda soprattutto il cambio di “destinazione d’uso” di quel plafond: i fondi erano destinati alla bonifica delle aree inquinate e adesso invece, grazie al decreto appunto, finiranno per essere inseriti per il processo produttivo, anche se per i progetti di decarbonizzazione ed elettrificazione del ciclo dell’acciaio tarantino. La norma precisa anche che 450 milioni vadano all’attuazione del piano ambientale e di tutela sanitaria e 190 milioni alla bonifica del sito siderurgico di Taranto e della connessa centrale termoelettrica.

Le proteste

La questione non finisce qui. Perché con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale si sono scatenate le polemiche. Anche l’onorevole Gianpaolo Cassese, esponente del Movimento 5 Stelle critica il provvedimento. «Con il Milleproroghe si sottraggono importanti risorse alle finalità di bonifica e ripristino, già previste dalle precedenti disposizioni legislative, per destinarle agli investimenti nel ciclo produttivo dell’acciaio, spacciandoli per progetti di decarbonizzazione. Tradotto: anziché finanziare gli investimenti produttivi con risorse proprie o mediante i fondi del Pnrr e del programma Next Generation Eu, Acciaierie d’Italia si fa finanziare dal Governo attingendo alle risorse destinate alle bonifiche», afferma. «Dalla relazione illustrativa del decreto - aggiunge - si calcola, in maniera sin troppo ottimistica, che per le aree rimaste in capo ad Ilva in amministrazione straordinaria, ed escluse dal contratto di affitto stipulato con Acciaierie d’Italia, necessiterebbe la sola somma di 100 milioni di euro, di cui una buona parte già spesi.

In realtà i numerosi e importanti interventi rimasti in capo ad Ilva in As necessitano di somme molto ma molto più consistenti». C’è, conclude Cassese, «un’evidente approssimazione nell’elaborazione del testo di questo decreto legge, che dev’essere assolutamente modificata e corretta in sede di conversione». 

Gli ambientalisti


Protestano anche gli ambientalisti con una nota del presidente di Peacelink Alessandro Marescotti. «Quando devono fare una brutta cosa la mettono nel decreto Milleproroghe di fine anno. Ci stanno infatti per sottrarre i soldi destinati alle bonifiche di Taranto, le bonifiche della falda superficiale e profonda e dei terreni contaminati», esordisce. 
Con la «manovra di trasferimento dei fondi per le bonifiche alle attività produttive - osserva l’ambientalista - il rischio è che Ilva in As (amministrazione straordinaria) rimanga senza fondi e che gli stessi lavoratori di Ilva in As siano prigionieri di una scatola vuota che non farà le bonifiche di suolo e falda. I fondi andrebbero nelle attività produttive tradendo lo scopo per cui erano stati destinati e per cui la Procura di Milano aveva operato riportandoli in Italia dai paradisi fiscali dei Riva. Molto grave». 
Il Decreto Milleproroghe, osserva ancora il presidente di Peacelink, «è un labirinto. Nessuno ci capisce nulla e proprio per questo ci infilano cose che sfuggono al controllo democratico. Il decreto tuttavia non è stato approvato e deve passare al vaglio di Camera e Senato. C’è la possibilità di evitare lo scippo dei soldi delle bonifiche». Secondo Marescotti, «potrebbe intervenire la Commissione Europea per violazione della normativa sugli aiuti di Stato».  

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