Sabrina Giannini: «Ecco perché i cibo è un atto politico. La mia trasmissione? Andrà avanti»

La conduttrice di Indovina chi viene a cena ospite del Mercato del Giusto a Melpignano

Sabrina Giannini: «Ecco perché i cibo è un atto politico. La mia trasmissione? Andrà avanti»
di Andrea CHIRONI
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Domenica 19 Maggio 2024, 15:53 - Ultimo aggiornamento: 15:59

Con la trasmissione "Indovina chi viene a cena" e, prima ancora, con le sue inchieste per "Report" è il volto riconosciuto del mangiar sano e della sostenibilità alimentare. Sabrina Giannini da oltre vent'anni si dedica a "scardinare" i modelli alimentari basati sugli interessi di allevatori e produttori e che poco o nulla hanno a che fare con un sistema di alimentazione salutare che sia rispettoso anche del benessere animale e dell'ambiente. Oggi alle 11.30 interverrà al Mercato del giusto di Melpignano insieme a Pietro Santamaria, docente all'università di Bari ed esperto in biodiversità, in un incontro pubblico che ha a tema "Il cibo come atto politico".
Iniziamo proprio dal titolo dell'incontro, perché il cibo è un atto politico?
«Per trovarne le ragioni dobbiamo pensare all'Unione Europea e dobbiamo partire da un dato di fatto: una grandissima parte dei soldi del budget comunitario è dedicata alla Politica Agricola Comunitaria (oltre 400 miliardi di euro, pari al 38% del budget totale nel periodo 2014/2020) che viene distribuito tramite sussidi. Attraverso questi fondi, l'Europa, ma succede anche negli Stati Uniti, orienta un certo tipo di sviluppo che purtroppo devo dire, cito Pasolini, non è progresso.
Quindi è un atto politico scegliere come mangiare perché ancora si può evitare di alimentare questo sistema completamente drogato dai sussidi, dove la monocoltura e il sostegno vengono dati tra l'altro con un criterio feudale. I criteri di distribuzione dei sussidi sono spesso sciagurati. Da vero e proprio feudalesimo contemporaneo. Perché più terreno hai più denaro ti viene dato.
Il genere di agricoltura finanziato dall'UE divora il suolo, lo inquina con i fertilizzanti, lo sottrae alla biodiversità a favore di grandi monocolture destinate alla produzione di cibo per gli allevamenti. Se poi pensi che per 100 grammi di proteine vegetali che vengono usate per alimentare i bovini si ricavano solo 5 grammi di proteine animali, la disparità è evidente. Quindi si finanzia un sistema che distrugge la biodiversità».
E questo è un problema.
«Questo è un tema che avevo affrontato proprio in un mio servizio del 2020. Il Covid, e prima ancora la Sars 1 e la Sars 2, così come l'aviaria sono delle zoonosi, malattie che si possono trasmettere dagli animali all'uomo, facendo il salto di specie. Se noi andiamo a costruire gli allevamenti di maiali da dieci piani nelle foreste, se avviciniamo le città agli ultimi spazi selvatici rimasti non stiamo facendo altro che esporci a ulteriori zoonosi. Negli anni 40 del secolo scorso le zoonosi erano quattro, adesso sono centinaia».
C'è un problema di salute umana, oltre che di benessere animale e di sostenibilità ambientale?
«Non si tratta solo della salute umana: c'è anche un discorso di etica. Io ho fatto una puntata che si intitolava "L'etica ci salverà?". Noi abbiamo una visione molto specista della realtà. Pensiamo che possiamo mangiare tutto, distruggere tutto e che sopravvivremo sempre, ma non è così. I dati ci stanno dicendo che di fatto ci stiamo scavando la fossa».
Il lavoro di informazione e di divulgazione sta creando una nuova forma di sensibilizzazione nel pubblico?
«Sono più di vent'anni che faccio questo tipo di lavoro. Nella mia prima inchiesta per Report parlavo di antibiotico-resistenza. Sono passati vent'anni, è cambiato qualcosa? Sì, probabilmente è cambiato qualcosa perché l'Europa aveva detto che li avrebbe diminuiti e in parte, alcuni Paesi gli hanno ridotti. Peccato che l'Italia, che si fregia di essere un Paese attento, ha l'uso di antibiotici tra i più alti di tutta Europa negli allevamenti. Più antibiotici usi più vuol dire che gli animali stanno male, alla faccia del Made in Italy. La narrazione che viene fatta dell'animale bucolico, purtroppo anche da certe trasmissioni del servizio pubblico, non è altro che una copertina verde».
Negli ultimi giorni si era parlato del rischio che "Indovina chi viene a cena" venisse cancellato dal palinsesto RAI. È un suo timore?
«Aspetto a giorni quello che è stato annunciato anche in commissione vigilanza RAI dall'AD Roberto Sergio, cioè che il programma ci sarà e con il budget adeguato. Hanno annunciato che ci sarà, ma io voglio vedere quali saranno le condizioni».
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