Xylella, occhio al paesaggio. L'appello: «Non va dimenticata l'architettura rurale»

Xylella, occhio al paesaggio. L'appello: «Non va dimenticata l'architettura rurale»
di Rita DE BERNART
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Lunedì 2 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 14:11

Ripartire dal paesaggio con un occhio all’architettura rurale. Recuperare “furnieddhi”, “pagghiare” e muretti a secco, attraverso un processo collettivo che restituisca dignità ad un territorio mortificato da Xylella e, per molti aspetti, abbandonato. Nel dibattito sulla ricostruzione interviene il vicepresidente del Consiglio regionale Cristian Casili: «Non si può parlare solo di reimpianto - dice. La questione va affrontata prendendo in esame tutti gli aspetti». In un contesto come quello salentino, costituito da una superficie agricola frammentata in minuscoli appezzamenti, è necessario – secondo Casili - separare la questione legata alla produttività delle imprese da quella ambientale e paesaggistica. «Ricostruire il paesaggio non è solo un fatto legato al reimpianto degli alberi attraverso coperture finanziarie. Fino ad oggi infatti molti dei reimpianti di olivo, realizzati con soldi pubblici, sono andati persi per mancanza di cure e abbandono, senza che nessuno controllasse il buon esito di questi investimenti. Solo gli imprenditori agricoli effettivamente attivi in questa provincia hanno portato avanti gli impianti». In sostanza, tenuto conto dell’impossibilità di prendersi cura degli uliveti da parte di molti proprietari, servirebbe oggi una logica di più ampio respiro. «Se manca l’attore principale – prosegue - cioè colui che ha interesse a coltivare il suo ‘fazzoletto di terra’, non è possibile pensare ad una ricostruzione di un territorio la cui superficie agricola complessiva è per l’80% fortemente frammentata e polverizzata, cioè costituita da piccoli appezzamenti di meno di 1 ettaro, e nella maggior parte dei casi inferiore alle 50 aree. Sono ormai 3 anni che insisto nel non fare confusione e dividere le questioni di settore, cioè legate alla produttività delle aziende, dalle questioni ambientali». Puntando su ciò che è ben definito nel piano paesaggistico. «Se vogliamo contrastare l’abbandono – spiega ancora - non possiamo pensare di farlo trovando 1,5 miliardi di euro per il solo reimpianto, ma serve puntare a diversificare e incentivare le azioni; penso per esempio al recupero della rete dei muretti a secco o di “furnieddhi” e “pagghiare” diroccate che assolvono a funzioni ambientali e idrologiche molto importanti. Allo stesso tempo bisogna mettere in chiaro che la devastazione del paesaggio nella provincia di Lecce merita un’attenzione diversa rispetto ad altri territori: se le risorse saranno sempre limitate è giusto intervenire nelle aree dove il disseccamento ha cambiato e stravolto il paesaggio e non distribuire le risorse senza una corretta perequazione». 

Il commento di Confagricoltura

Proprio a questo aspetto è legata l’idea della zona agricola speciale sostenuta da Confagricoltura che ritiene essenziale, però, insieme alla rigenerazione paesaggistica mettere in salvo le imprese senza le quali l’ambiente resta abbandonato a se stesso. «Ciò che oggi è necessario per il territorio leccese – spiega Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Puglia – è un riordino fondiario; servono una Governance e investimenti speciali per velocizzare i processi; io stesso in una recente audizione alla camera dei deputati ho lanciato un modello zes che poi è stato ripreso anche da un documento delle camere di commercio di Lecce, Taranto e Brindisi.

Ci sono esperienze di questo tipo in Francia. Ma alla base di tutto ci sono gli agricoltori e le aziende; i 300milioni stanziati nel piano di rigenerazione non sono assolutamente sufficienti; servono almeno 1,5 miliardi per la ricostruzione; e poi altri fondi per la lotta, ovvero per contrastare l’avanzata. del batterio. Tutto questo lavoro oggi lo stanno facendo gli agricoltori. Il paesaggio lo fanno le aziende agricole, non si può prescindere da aziende sane né pensare di imporre la tipologia di coltura o in che modo diversificare. Se non c’è un agricoltore che lavora non ci può essere sostenibilità ma solo abbandono. Va detto inoltre che la questione del paesaggio impatta dal punto di vista della salubrità ambientale: senza la foresta di ulivi tutto il territorio ne risente dal punto di vista della qualità della vita; anche per questo bisogna accelerare».

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