Xylella, nuovo vertice a Lione: «Primi segnali di una mutazione»

Uno degli scatti realizzati nel Salento da Edward Burtynsky
Uno degli scatti realizzati nel Salento da Edward Burtynsky
di Paola ANCORA
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Martedì 29 Agosto 2023, 06:51 - Ultimo aggiornamento: 30 Agosto, 11:43

Ha devastato il Salento, minacciando e infiltrandosi anche più a nord, nella Piana dei monumentali brindisina. Per poi mutare e perdere terreno: il mondo scientifico continua a seguire da vicino l’evoluzione dell’epidemia di Xylella fastidiosa, al centro della quarta Conferenza europea sul tema, svoltasi a Lione il 19 e il 20 agosto scorsi. Il summit ha riunito gli scienziati di tutta Europa, sotto l’egida dell’Efsa, l’Authority europea per la sicurezza alimentare. Nel panel degli interventi, anche quello dello studioso Donato Boscia, del Cnr di Bari.

La relazione

La desertificazione del paesaggio olivicolo salentino - scrive Boscia nella relazione presentata a Lione - «ha ridotto notevolmente la capacità infettiva dei vettori», insetti come la sputacchina che trasportano Xylella da un albero all’altro.

E ha ridotto drasticamente anche «le riserve di inoculo batterico». Di più. Negli ultimi due anni sono notevolmente aumentate le segnalazioni di sintomi di remissione della malattia in alberi non gravemente colpiti dal batterio, «ponendo nuove domande alla comunità scientifica». Tanto più che «le prime indagini su ceppi di Xylella isolati recentemente sembrano escludere l’insorgenza di tratti adattativi o una perdita di aggressività». È al vettore, dunque, cioè all’insetto che trasporta Xylella, che si deve guardare per capire questa nuova fase dell’epidemia che ha travolto il tacco d’Italia e, in dieci anni, ha trasformato distese d’ulivi a perdita d’occhio in un paesaggio lunare di scheletri di legno, macabro divertimento di vandali e piromani. 

Il dibattito sul paesaggio

Mentre il mondo scientifico continua a studiare questa catastrofe figlia della globalizzazione, dell’incuria, della crisi di fiducia nelle competenze e nella scienza, la Puglia continua a interrogarsi su come innescare il necessario Risorgimento del paesaggio, prima che diventi terra franca per gli appetiti degli speculatori. Il mondo agricolo, compatto, chiede fondi per riforestare. La Regione, con le Università, ha messo in piedi il progetto “Terre pioniere” (ne parliamo nell’intervista pubblicata in questa pagina, ndr) per rinaturalizzare e restituire linfa vitale ad appezzamenti ormai scarni e senza alberi. Il dibattito è aperto e le visioni diverse, tutte a ricondurre, tuttavia, a un comune obiettivo: impedire che tutto resti com’è oggi. «L’agricoltura non ha nulla in comune con narrazioni nostalgiche, hobby o tecniche magiche. La Puglia ha avuto la Xylella, aggravata da inerzie per credulità popolare, ma ora deve trasformare la disgrazia in grazia. Per far ciò è necessario lottare innanzitutto contro l’abbandono dei campi (i dati sono clamorosi nell’intero Salento) e sostenere l’impianto di ulivi resistenti, associati a cultivar diverse dagli ulivi per garantire la biodiversità, e di varietà innovative grazie alla genetica» dicono i consiglieri regionali di Azione, Fabiano Amati, Sergio Clemente e Ruggiero Mennea, insieme alla responsabile regionale agricoltura per lo stesso partito, Anna Rita Picci.
«Accanto a questo - proseguono - c’è bisogno di accogliere ogni forma di innovazione tecnologica per il rilancio della competitività dell’agricoltura pugliese». Sul paesaggio, «fonte di accese controversie, bisogna difendere con forza tutto quello che è ancora salvabile e considerare che nulla è immobile - concludono - e tutto viene tramandato per essere innovato, spesso per volontà a volte per necessità». Per Azione, dunque, è giunto il momento di «modificare le normative urbanistico-paesaggistiche, così da consentire l’evoluzione del settore e il suo accordarsi con la modernità». Si vedrà.

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