«Col progetto "Terre pioniere" primo test di riforestazione» per il dopo Xylella. Individuate le cultivar adatte: mandorlo, fico

Per il rimboschimento, invece, si pensa al lentisco, al mirto, alla macchia mediterranea

«Col progetto "Terre pioniere" primo test di riforestazione» per il dopo Xylella. Individuate le cultivar adatte: mandorlo, fico
di Paola ANCORA
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Martedì 29 Agosto 2023, 07:48 - Ultimo aggiornamento: 30 Agosto, 11:43

Ci vorrà tempo e ci vorranno risorse. Ma servirà soprattutto una ferrea volontà politica per far rinascere il paesaggio pugliese annichilito dalla Xylella fastidiosa. Il progetto c'è già, sostenuto dalla Regione e dal ministero per i Beni culturali. E poggia su solide basi scientifiche perché lo hanno redatto - nel corso di tre anni di studi e approfondimenti multidisciplinari - le migliori menti della Puglia, a partire dalla presidente della Società Italiana Urbanisti e docente al Politecnico di Bari, Angela Barbanente.


Professoressa, l'ex presidente del Consiglio di amministrazione di Enel, Michele Crisostomo ha firmato un appello alla mobilitazione per accelerare sulla ricostruzione del paesaggio salentino. Cosa ne pensa?
«Ho letto il suo contributo e preliminarmente ritengo che si debba evitare di far largo a una serie di impianti per la produzione di energia rinnovabile. Ultimamente sono venuta spesso nel Salento, perché come Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale del territorio del Politecnico di Bari, insieme alle Università di Bari, Lecce e Foggia, su incarico della Regione Puglia abbiamo elaborato un "Progetto Integrato di Paesaggio nelle aree compromesse e degradate dalla Xylella".

Lo studio multidisciplinare si è concluso in ottobre e a febbraio c'è stata la presa d'atto da parte della Giunta».


Cosa prevede questo progetto?
«Si intitola "Terre Pioniere" e prevede una serie di azioni per la rigenerazione dell'area interna del sud Salento. Naturalmente siamo partiti dall'individuazione delle criticità da affrontare: la monocultura, l'impoverimento dei suoli, il consumo delle risorse primarie, i cambiamenti climatici, la frammentazione fondiaria particolarmente acuta nel Salento e che spinge anche all'abbandono della terra, il rischio incendi legato al disseccamento rapido degli ulivi. E poi l'assenza di dati conoscitivi sullo stato dei terreni agricoli».


Fin qui le criticità. Qual è invece il futuro da scrivere per questo territorio e perché ritiene impraticabili i suggerimenti di Crisostomo?
«Il lavoro che abbiamo fatto è articolato. Abbiamo bisogno di ricostruire il paesaggio da un lato diversificando le colture scegliendone di coerenti con le caratteristiche pedologiche e climatiche del territorio e, dall'altro, di rinaturalizzare il Salento con vere e proprie opere di rimboschimento per potenziare la biodiversità che, nel tempo, si è molto ridotta. Il basso Salento è infatti caratterizzato da una carenza d'acqua e da una salinizzazione drammatica della falda ed è emerso anche un uso eccessivo di prodotti agrochimici, come concimi, pesticidi e fitofarmaci, con i quali si è cercato di sopperire all'impoverimento dei terreni. La rinaturalizzazione, dunque, è essenziale».


Quali specie avete individuato come ottimali nel progetto "Terre pioniere"?
«Le cultivar ritenute dagli agronomi più compatibili con un sistema di gestione idrica sostenibile sono quelle un tempo più direttamente legate alla filiera agroalimentare, come il melograno, il fico, il mandorlo, ma anche il pistacchio. Per il rimboschimento, invece, si pensa al lentisco, al mirto, alla macchia mediterranea».


Un'operazione tutt'altro che semplice. Quanto è costato il progetto?
«"Terre pioniere" è alla sua fase di progettazione esecutiva e dovrebbe essere consegnato entro ottobre prossimo. Parliamo di un progetto pilota di recupero dei paesaggi spogli e compromessi da Xylella da realizzare con la collaborazione dei piccoli proprietari. È stato finanziato con un milione e 145mila euro di risorse europee a valere sui Fondi Fesr-Fse 2014-2020, azione 6.6, in favore dell'Unione dei Comuni Terre di Leuca, capofila Tiggiano e in attuazione della Rete ecologica del Piano paesaggistico territoriale regionale. È importante sottolineare che si tratta di un finanziamento Fesr-Fse perché la frammentazione dei terreni si associa al fatto che i proprietari dei micro-appezzamenti non sono agricoltori e, dunque, non posso ottenere contributi europei destinati all'agricoltura, come quelli della Politica agricola comune (Pac). Ecco perché si deve agire su più fronti».


Architetto, in sede di studio non è stata valutata anche la possibilità di una maxi acquisizione pubblica degli appezzamenti per risolvere alla radice il problema della frammentazione fondiaria che ostacola la riforestazione?
«La frammentazione è una criticità seria, ma anche un carattere identitario del nostro paesaggio, tipicamente "poroso". E dunque l'idea di un accorpamento fondiario deve essere giudiziosa e non può essere fatta mutuando modelli di altre regioni, comunque diverse dalla nostra. Dobbiamo evitare in ogni modo di violentare il territorio trasformandolo in qualcosa che non è. Durante la redazione del progetto, ci siamo confrontati anche con tante associazioni locali che stanno già sperimentando delle forme alternative di sviluppo agro-forestale. La rinascita di questi luoghi va fondata su nuove relazioni fra abitanti e produttori agricoli perché la Pac ha sempre avuto come punto di riferimento mainstream la grande azienda agricola iperproduttiva, che qui non esiste».


Quanto tempo ci vorrà per rivedere il Salento "tinto" di verde?
«"Terre pioniere" si sta concludendo e ci hanno preannunciato anche il coinvolgimento del Dipartimento di ingegneria civile e ambientale per il suo monitoraggio, che però non è ancora partito. Il tempo che ci impiegheremo a ricostruire il paesaggio dipenderà da quanto crederemo in questo obiettivo e dalle risorse che vorremo investire. La natura spesso ci sorprende, riconquista i suoi spazi con grande rapidità, ma su Xylella si sono accumulate troppe incertezze. In più, i finanziamenti europei sono sempre stati legati alla produttività agricola e alla riforestazione diffusa, che nel Salento non sono praticabili. Dobbiamo premiare ciò che già sta emergendo, dal basso, e veicolarlo come buona pratica perché sia replicato».
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