Xylella, il silenzio sul paesaggio. «Ma il Sud non si rassegni»

Xylella, il silenzio sul paesaggio. «Ma il Sud non si rassegni»
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Domenica 27 Agosto 2023, 05:00

Sul finire di una lunga estate segnata dagli effetti del cambiamento climatico e dagli incendi, il volto inaridito della campagna pugliese, e in particolare salentina, sembra la scena tetra e ineluttabile con cui il territorio si è rassegnato a convivere ormai da tempo. 
Eppure chi arriva non vede le cose allo stesso modo: è il caso dell’ex presidente di Enel Michele Crisostomo, salentino d’origine, che ieri in una lettera indirizzata a questo giornale ha voluto rompere il silenzio assordante sugli effetti che la Xylella Fastidiosa hanno avuto non solo sull’economia, la natura e la stessa psicologia delle aree colpite, ma specificatamente sul paesaggio. 

La lettera


Crisostomo mette a fuoco una questione che per i tecnici è pane quotidiano: il paesaggio non è la cartolina che fa da sfondo alla nostra vita (o alla nostra vacanza) ma in certi casi è la nostra vita. La lettera di Crisostomo ha trovato un’ampia approvazione. Non solo Salento, ovviamente. C’è anche chi segnala una situazione altrettanto drammatica, per esempio, nella piana degli ulivi millenari di Carovigno-Ostuni-Fasano. E alle voci di chi riparte dalla Puglia con una pietra sul cuore, si uniscono quelle di chi si occupa da anni della vicenda. Nico Catalano, agronomo e divulgatore, è autore del libro inchiesta sulla Xylella dal titolo “Eppur si muore”, uscito nel 2021: «Crisostomo ha ragione a dire che se fosse accaduto altrove il clamore mediatico sarebbe stato differente dal silenzio che ha accompagnato la morte delle nostre campagne, anche dal punto di vista dei ristori. E questo rientra nella differenza che, al di là del piagnisteo, continua ad esserci tra Nord e Sud. L’altra considerazione riguarda questa regione, che nella parte più meridionale e in quella più a nord, soffre di una evidente sulla desertificazione ecologica e sociale nella più completa disattenzione istituzionale. Lo dico da barese, le periferie andrebbero rafforzate e questo migliorerebbe anche il Barese che ormai scoppia». 

Il parere


Che fare allora? Secondo Catalano occorrerebbe una nuova riforma agraria. «Manca il coraggio della politica - spiega l’agronomo -, che siamo noi: anche le associazioni e i cittadini, di affrontare il problema invece di rincorrerlo. La diffusa frammentazione fondiaria tipica dell’intera Puglia (1 o 2 ettari l’ampiezza media delle aziende agricole) ha portato le proprietà infinitesimali, in mano ai loro figli e nipoti, a restare abbandonati o comunque troppo deboli di fronte a fenomeni violenti. Ci vorrebbe una riforma agraria (che manca dal 1950) che scinda la proprietà dall’uso. Ma non è tutto, i Comuni dovevano sburocratizzare le stesse operazioni di espianto, che hanno previsto tempi lunghissimi portandoci dove siamo. La terza strada - prosegue Catalano -: è essere più onesti. Se si dice che la monocoltura in successione ha danneggiato il territorio, non possiamo pretendere di ripiantare gli 8 milioni di ulivi persi».

Ma quale sarebbe una coltura in linea di paesaggio? «Senz’altro non l’intensivo - che prevederebbe troppa acqua e manodopera - ma senza essere manichei e superando il sesto aragonese che serviva in quel tempo. Corsano era famosa per il gelso e per i bachi da seta. I fichi: il Salento ne annovera il maggior numero di varietà. Il carrubo, che oggi va a peso d’oro come surrogato nel reparto dolciario. Solo per fare qualche esempio. Ma queste cose vanno decise in maniera collegiale, i cittadini devono essere messi in condizione di partecipare. Anche facendo informazione correttamente: quando parliamo di “riforestazione” stiamo andando fuori strada. In Puglia le foreste sono solo sul Gargano, il resto è bosco, selva e gariga (ossia la vegetazione costiera come l’erica e il ginepro. Le stesse orchidee. Il tutto va ripensato, rispettando il bello, perché il territorio ha bisogno di ritrovare la bellezza».

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