Il sottosegretario Sgarbi: «Dopo xylella, vincolo sul paesaggio del Salento per impedire lo scempio delle rinnovabili»

Il sottosegretario Sgarbi: «Dopo xylella, vincolo sul paesaggio del Salento per impedire lo scempio delle rinnovabili»
di Paola ANCORA
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Martedì 3 Gennaio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:48

Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, in una intervista al Corriere della Sera ha annunciato l’intenzione di apporre dei vincoli al paesaggio del Salento, «uno dei più toccati e deturpati dall’eolico e da altre forme di produzione energetica. La bellezza di posti come Santa Maria di Leuca o Ostuni – ha aggiunto - non può essere sfregiata». È solo un’idea o ha già avviato l’iter?
«Il 26 gennaio ho convocato tutti i soprintendenti d’Italia per dare prescrizioni precise, che siano di massima garanzia per il paesaggio. Aree vaste, come il Salento, ma anche la Tuscia e il Molise saranno protette per salvaguardare ciò che rimane della cultura e dell’agricoltura che garantiscono – si pensi, ad esempio, ai presidi Slow Food – la continuità culturale delle produzioni agroalimentari. È già previsto, su questo, anche un incontro con il ministro per la Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida. In Puglia ci sono 1.700 pale eoliche contro le 9 del Piemonte. La Daunia, in particolare l’area compresa fra Foggia, Lucera e Troia, è una catastrofe di pale eoliche, piantate in spregio a ogni regola di rispetto del paesaggio. Va impedito questo scempio».

E tuttavia, sottosegretario, il Salento è ormai un’area desertificata: il paesaggio è stato distrutto dalla xylella, che si è diffusa fin dentro il cuore della provincia barese. La riforestazione è di là da venire. A cosa serve un vincolo?
«Per esempio a evitare speculazioni. Dovremo studiare le mappe delle aree agricole e, dopo l’apposizione del vincolo, avviare un restauro del paesaggio. Un’impresa unica nel suo genere, che la Puglia – regione bellissima e ferita - merita di certo».

Ciò nonostante, il tema della produzione energetica resta di grande attualità. Dove andrebbero realizzati, secondo lei, gli impianti di produzione da fonte rinnovabile? Non esiste il rischio che le Soprintendenze finiscano per frenare i procedimenti autorizzativi che il Governo di cui fa parte intende invece snellire e accelerare?
«Spero che questo non accada prima che siano definiti i perimetri di aree industriali o urbane dove è possibile realizzare impianti di produzione energetica a minimo impatto. Il 70% degli edifici, in Puglia come altrove, è stato realizzato nell’epoca dell’urbanizzazione selvaggia, fra gli anni Sessanta e Ottanta. Sono tetti che potrebbero essere offerti al fotovoltaico, bonificando aree oggi degradate in modo irrecuperabile. Soltanto che un’operazione di questo tipo implicherebbe maggiori costi per le imprese installatrici. Lo Stato deve stabilire la regola che chi possiede immobili realizzati 50, 60 anni fa consenta l’installazione dei pannelli, che potrebbero anche “accasarsi” lungo gli spazi che fiancheggiano le autostrade o, ribadisco, nelle aree industriali. Certo non fra colline e campagne».

È favorevole all’eolico off shore? In Puglia si discute di diversi progetti. Due su tutti: uno a largo di Brindisi e l’altro davanti alla costa fra Otranto e Santa Cesarea terme.
«Sono contrario anche a quello, ma l’idea di un impianto galleggiante si lega alla speranza che si tratti di qualcosa di precario, che sia possibile smontare o spostare. Dunque sull’off shore andrebbero analizzati i singoli progetti. Mi pare che ancora oggi l’unica soluzione possibile resti il nucleare».

Parla del nucleare “classico”. Quello sperimentale di ultima generazione è, appunto, ancora nella sua fase iniziale di studio e ricerca.
«Ma si sta accelerando sui tempi, grazie al lavoro di Stefano Buono (fisico italiano, amministratore delegato di Advanced Accelerator Applications, società da lui fondata nel 2002 per sviluppare un brevetto dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare nel campo della produzione di radioisotopi, ndr) che potrebbe consentire in dieci anni di avere centrali innovative. Il nucleare lo abbiamo ai confini con la Slovenia, con la Francia. Occorre una normativa europea che renda l’Italia un Paese come gli altri».

Ritiene quindi superato il referendum del 2011? Gli italiani dissero no al nucleare dopo il disastro di Fukushima, come avvenne nel 1987 dopo Chernobyl. 
«Sì, sono superati. Furono voti espressi sull’onda dell’emotività che non può incidere sulla politica di un Paese. Aggiungo che la criminalità non è certamente estranea al mercato delle rinnovabili, se solo si pensa a quanto avvenuto nella provincia foggiana. Basta sfogliare la mappa degli impianti realizzata da Italia Nostra nella quale si indicano anche le aree dove il vento non c’è, ma l’eolico sì, nonostante sia evidentemente disutile. Fra Bari e Foggia ci sono decine di pale ferme».

Sottosegretario il ministro Gennaro Sangiuliano le ha affidato un ricco ventaglio di deleghe: dai musei all’arte e all’architettura contemporanee. Ci dica due interventi che intende attuare su monumenti o contenitori culturali pugliesi. 
«In Puglia c’è chi ha fatto un ottimo lavoro. Penso al sindaco di Bari, Antonio Decaro e al museo archeologico della città capoluogo e al MarTa a Taranto: due eccellenze universali. Dovremmo pensare soltanto a potenziarne la comunicazione. Poi si potrebbe sistemare la Pinacoteca provinciale di Bari, che ha un allestimento obsoleto. E aprire una riflessione sul teatro Margherita: la “fodera” messa alle pareti rende difficile realizzarvi mostre di un certo tipo. Un confronto va aperto, ma è innegabile sia stato fatto un buon lavoro».

A proposito del MarTa, dopo l’addio della direttrice Eva Degl’Innocenti si pensa già a nomi o profili per continuare il suo lavoro d’eccellenza?
«Il ruolo di direzione del Museo Archeologico di Taranto rientrerà nel bando della prossima primavera: in agosto ci sarà il nuovo direttore. Nel frattempo, organizzeremo entro la fine di gennaio una mostra dedicata a “Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo arrivato dal Getty Museum».

Ha dichiarato di voler «studiare bene l’area intorno a Brindisi», una città che non è riuscita a scrollarsi di dosso la sua eredità industriale. Non ha il brulicante centro storico di Lecce o un museo importante, come Taranto. Cosa pensa di fare per questa “Cenerentola” pugliese?
«Brindisi è stata preservata dalla violenza psicologica di questo costume contemporaneo di divertimento coatto, che invece imperversa a Lecce, spesso infrequentabile. In passato a Brindisi venne coltivata una tradizione di arte contemporanea al tempietto. Quel filone potrebbe essere ripreso, magari realizzando proprio a Brindisi - com’è stato fatto a L’Aquila - una succursale del Maxxi di Roma. Potrebbe essere un modo per trovare una dimensione e uno spazio per il gusto e la sensibilità contemporanei. In Puglia non c’è ancora nulla del genere».

La difesa del paesaggio, sottosegretario, è una battaglia difficile da condurre, vista la molteplicità degli interessi da contemperare. Non teme di finire come don Chisciotte?
«Quando fui sottosegretario del Governo Berlusconi mi premurai di rinverdire la legge del 1922 di Benedetto Croce dedicata proprio al paesaggio, introducendo per le Soprintendenze la dizione “al paesaggio”. E tuttavia è proprio il paesaggio ad aver ricevuto in tutti questi anni meno cura e attenzione. Un problema che riguarda tutta Italia, ma la Puglia in particolare. Per anni si è portata avanti una lotta senza senso contro Tap, mentre tutto intorno l’inerzia consentiva a xylella di distruggere un paesaggio come in nessun altro luogo d’Italia. È questo lo strabismo che dobbiamo superare». 

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