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Nelle liste Pd spazi ridotti per i civici di Emiliano: timori per le fughe a destra

Francesco Gioffredidi Francesco Gioffredi
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 5 Agosto 2022, 05:00 - Ultimo agg. : 07:17 | 5 Minuti di Lettura

Il timore prende sempre più forma e sostanza, tra Michele Emiliano e i suoi. E il civismo extralarge rischia ora di sfaldarsi, senza un “cemento”, senza una casa comune e senza una prospettiva alle elezioni politiche di settembre. Con effetti inevitabili anche sugli equilibri in Regione. La tornata elettorale doveva essere il sigillo al progetto, la rampa di lancio per nuove ambizioni, un segnale e una delle valvole di sfogo per tutto quel personale politico raccattato trasversalmente da destra a sinistra, dal centro alla società civile. E invece il voto del 25 settembre potrebbe essere l’avvio di una stagione di incognite per Emiliano e per l’arca civica, quasi al sapore di ridimensionamento. I passaggi di queste ore sono molto più di un indizio: la segreteria regionale del Pd, giocando di sponda con i vertici nazionali, ha già stilato uno schema di candidature per tutti i collegi uninominali e plurinominali di Camera e Senato. Una specie di risiko che ha quasi del tutto estromesso i fedelissimi civici di Emiliano. Lo stesso governatore, nonostante qualche timido approccio, già la scorsa settimana era stato depennato dal novero dei possibili candidati di testa (al Senato). 

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L'allarme

Fatti fuori. E senza uno sbocco strategico, una via d’uscita. Il tempo per recuperare è poco, lo spazio ancora meno. L’atmosfera è livida nel giro stretto emilianiano. «Nel Pd hanno pensato a tutelare gli interessi dei singoli, e soprattutto degli uscenti», «così sarà il “liberi tutti” tra gli esponenti del civismo che abbiamo unito col programma di governo regionale»: sono questi i refrain che riservatamente circolano nel “cerchio magico” del governatore. Del resto, il piano di Emiliano sta finendo in cenere, bruciato dal voto anticipato e dalle mosse del Pd. L’idea, nei mesi scorsi, era la seguente: garantire al Pd, in vista delle Politiche, portatori di voti freschi pescati da destra o dal mondo civico, in cambio però di “tutele” agli emilianiani nei listini dem. Niente da fare. Già in precedenza e sempre in chiave nazionale - sembra una vita fa - il governatore aveva scommesso (senza successo) su Giuseppe Conte, possibile alfiere di una sorta di civismo acchiappatutti, con un nuovo soggetto politico e in stretto raccordo col M5s: qual è stata la parabola dell’ex premier è cosa nota.
Peraltro, le tensioni sulle candidature di queste ore stanno incrinando anche l’asse di Emiliano con le sue sponde Pd: il segretario regionale Marco Lacarra, blindato capolista alla Camera; e poi Francesco Boccia, componente della segreteria nazionale e commissario per il congresso dem in Puglia, capofila del listino unico al Senato. Ecco: proprio il deputato lettiano, martedì, ha incontrato Emiliano e Decaro consegnando loro lo schema con le candidature pugliesi del Pd: il governatore ha sgranato gli occhi e buttato giù il boccone amaro, sentendosi - dal suo punto di vista - un bel po’ tradito dai due (ex) sodali a più riprese protetti negli ultimi anni.

Gli scenari

E adesso? I civici di Emiliano che fine faranno? Il punto è proprio questo e il collante può venire meno. C’è innanzitutto chi era considerato spendibile per candidature in postazioni nobili alle Politiche: il capo di Gabinetto Claudio Stefanazzi, o l’assessore regionale Sebastiano Leo (dal Pd inserito sì nella famosa “griglia”, ma senza grandi chance). Il primo valuterà a freddo (e per motivi perlopiù professionali) se restare o no in Regione, e resta il nome che verrebbe prioritariamente inserito in lista qualora ci fosse lo spazio; il secondo è tentato comunque dalla candidatura. Tradotto: non necessariamente nel “listone” Pd. Il borsino di queste ore, d’altra parte, accenna pure a corteggiamenti nei confronti di Leo da parte della Lega. E sempre i salviniani sarebbero tornati alla carica con un altro pezzo dell’emilianismo da cooptare in lista: Pippi Mellone, il sindaco di Nardò con radici a destra. Il rischio (per il Pd) è che ora possa scendere in campo alle Politiche, e fuori dalle liste dem, un esponente emilianiano che finirebbe inevitabilmente per coagulare tutti i voti dei mondi vicini al governatore: «Se qualcuno sarà della partita, lo sosterremo compatti in ogni caso», ammettono a labbra strette. Quasi una minaccia.
Altrimenti, senza un punto di caduta organico alle Politiche, e senza quindi un segnale forte di coesione e tenuta, il civismo multicolor di Emiliano finirà per perdere pezzi. Soprattutto nella quota degli ex centrodestra: in tanti potrebbero essere tentati dal ritorno a casa, soprattutto ora che la coalizione FdI-Lega-FI è data per vincente.
Chi per esempio ha un solido passato nel centrodestra è Massimo Cassano. Il leader dei Popolari, vertice di Arpal recentemente “salvato” in Consiglio regionale da una sorta di mozione di sfiducia, ha aperto da tempo la stagione dei colloqui e della caccia alla candidatura, in taluni casi d’accordo con Emiliano: ha bussato alla porta di Azione sfruttando anche gli ottimi rapporti con Maria Stella Gelmini, e ha gettato le basi del patto con Luigi Di Maio, tra ipotesi di uninominale e opzioni da capolista. Un giro di valzer, al momento senza risultati. Gianni Stea, assessore regionale anche lui ex centrodestra, ha sposato invece “Noi di centro” di Clemente Mastella (che ha spiegato: «Io corro da solo»). Insomma: la maionese civica sta già impazzendo, l’album di famiglia dell’emilianismo si sbiadisce un po’. E senza centralità nell’architettura delle liste Pd, il governatore potrebbe per i prossimi due mesi preferire pure una campagna elettorale a bassa intensità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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