Intelligenza artificiale, in Puglia a rischio un lavoratore su cinque. Ma al Nord andrà peggio: ecco perché

Intelligenza artificiale, in Puglia a rischio un lavoratore su cinque. Ma al Nord andrà peggio: ecco perché
di Giuseppe MARTELLA
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Venerdì 25 Agosto 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 10:22

Un lavoratore pugliese su cinque rischierebbe di essere messo all’angolo dall’Intelligenza artificiale. A mettere in risalto questo dato un rapporto elaborato da Confartigianato, l’organizzazione italiana dell’artigianato e della micro e piccola impresa che ha analizzato quale impatto possa avere nel futuro prossimo l’Ia sul già difficile mondo del lavoro italiano. Nello specifico, il 19,8% dei lavoratori attivi in Puglia sono a rischio, percentuale che colloca la regione fra quelle meno esposte agli effetti dell’Intelligenza artificiale perché meno ricca di professioni altamente qualificate e a contenuto intellettuale. In effetti, secondo le stime di Confartigianato, l’avvento della Intelligenza artificiale, tutto il sistema legato alle trasformazioni tecnologiche e dei processi di automazione, potrà avere conseguenze rilevanti su complessivi 8,4 milioni di lavoratori, seppure in modi differenti e diversamente impattanti, un quota che in termini percentuali si attesta al 36,4% di tutti gli occupati. Una percentuale, quella italiana, inferiore di 3,1 punti rispetto al 39,5% della media europea di lavoratori maggiormente esposti all’Ia. In una situazione più complicata rispetto all’Italia si trovano Germania e Francia, rispettivamente al 43% e al 41,4% di lavoratori in bilico, e il Lussemburgo con addirittura il 59,4%, seguito da Belgio al 48,8% e Svezia al 48%. Secondo la rilevazione di Confartigianato, ancora, l’espansione dell’intelligenza artificiale insidia il 25,4% dei lavoratori in ingresso nelle imprese nel 2022, pari 1,3 milioni di persone. Per le piccole imprese, quelle fino a 49 addetti, la quota è del 22,2%, pari a 729.000 persone. 

Il panorama italiano

Tornando alla questione prettamente pugliese, il quasi 20% regionale è lontano dai numeri spinti degli altri territori italiani.

A livello territoriale, la maggiore percentuale di personale in bilico si registra nel Centro-Nord, con in testa la Lombardia (35,2% degli occupati assunti nel 2022 più esposti a impatto Ia), seguita dal Lazio (32%), Piemonte e Valle d’Aosta (27%), Campania (25,3%), Emilia Romagna (23,8%), Liguria (23,5%). A seguire, trovano posto nella graduatoria dei “lavoratori in bilico” stilata da Confartigianato la Sicilia (23,2%), e poi ancora Friuli Venezia Giulia (22,9%), Veneto (22,6%), Toscana (21,1%), Calabria (20,8%), Trentino Alto Adige e Umbra (19,9%), Puglia (19,8%), Molise (18,6%), Marche (18,4%), Sardegna (18,3%), Abruzzo (17,5%), Basilicata (16,7%). Le professioni più esposte, in base ai dati dell’organizzazione, sono quelle maggiormente qualificate e a contenuto intellettuale e amministrativo, a cominciare dai tecnici dell’informazione e della comunicazione, dirigenti amministrativi e commerciali, specialisti delle scienze commerciali e dell’amministrazione, specialisti in scienze e ingegneria, dirigenti della pubblica amministrazione. Tra le attività lavorative a minor rischio vi sono quelle con una componente manuale non standardizzata.

Confargianato in campo

«L’intelligenza artificiale è un mezzo - sottolinea il presidente di Confartigianato Marco Granelli - non è il fine. Non va temuta, ma governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori. Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l’anima dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti – conclude Granelli che rendono unico nel mondo il made in Italy». L’Ia non come pericolo imminente per i lavoratori, ma come una opportunità sa cogliere. Da rischio a opportunità, se è vero che il rapporto di Confartigianato mette anche in evidenza come l’intelligenza artificiale è l’arma che le imprese stanno sfruttando per ottimizzare le proprie attività. In particolare, il 6,9% delle piccole aziende sul territorio nazionale utilizza robot, superando il 4,6% della media europea e, in particolare, sostanzialmente doppiando il 3,5% della Germania. Inoltre, il 5,3% delle Pmi usa sistemi di intelligenza artificiale e il 13% prevede di effettuare nel prossimo futuro investimenti nelle applicazioni più innovative. Il dibattito attorno allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale continua a essere particolarmente acceso da diverso tempo. Da un lato i fautori di uno sviluppo del settore, convinti che la Ia possa portare benefici al futuro dell’uomo, dall’altra chi è preoccupato che un percorso sostanzialmente senza una linea di arrivo possa generare serie difficoltà alla umanità e al suo vivere la società, andando anche oltre norme etiche ritenute invalicabili.

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