Rocco Tanica: «Il lato surreale dell'intelligenza artificiale»

rOCCO tANICA
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di Alessandra LUPO
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Giovedì 27 Luglio 2023, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 09:46

Sarà Rocco Tanica, storico membro di Elio e le storie tese, il primo ospite di RocAntica-Conversazioni, che si aprirà questa sera alle 21 nell’area archeologica di Roca Vecchia, a Melendugno, e proseguirà domani con la star di Tik Tok Mandrake e il 29 luglio il reading sull’ultimo libro di Daniele Rielli, “Il fuoco invisibile, la vera storia della strage degli ulivi del Salento”, in cui l’autore sarà accompagnato dal Gabriele Rampino ensemble.
Rocco Tanica, pseudonimo di Sergio Conforti, lei è tastierista, compositore, comico e autore televisivo ma da qualche tempo anche scrittore. Il suo ultimo libro “Non siamo mai stati sulla Terra” (Il Saggiatore) è scritto a quattro mani con l’Intelligenza artificiale. Com’è andata?
«Tutto è partito dallo sgomento del primo lockdown: mentre tutti si intrattenevano in attività virtuose come imparare il tedesco o a ballare il tango. Io mi davo ai gadget elettronici scoprendo che questo modello di linguaggio esisteva già nel decennio precedente, seppur in forma primordiale, e che era adatto a fare da contraltare al genere di racconto che preferisco».
Il genere surreale?
«Tutto quanto attiene al mondo dell’assurdo e al saltare di palo in frasca. Per cui ho iniziato questo piccolo gioco, come si faceva a scuola, dello scrivere un po’ per uno. Si scrive su un foglio, lo si piega e continua un’altra persona. Solo che l’altro era un’intelligenza artificiale».
Ha anticipato l’interesse per questa risorsa ma anche la preoccupazione che la circonda. Lei come la vede?
«Credo che sia corretto interrogarsi sul futuro e sul presente di questa disciplina e sono giustificati i timori di chi crede che il proprio lavoro possa essere assorbito dall’Ia. Per quanto riguarda la letteratura, siamo secondo me ancora lontani: i sistemi più moderni, come Chat Gpt, in realtà sono ottimi assistenti tecnici, non troppo creativi».
Lei però ha utilizzato un altro sistema...
«Sì, un po’ più antico: il linguaggio Gpt-3 (ora siamo al 4), in particolare la piattaforma che ho utilizzato, shortlyai.com, ha sicuramente meno vincoli rispetto a Chat Gpt, molto orientata al politicamente scorretto: non riesci a scucirgli qualcosa di malizioso nemmeno facendo ampi giri».
È più bacchettone, insomma?
«Molto più bacchettone, fa mille premesse e raccomandazioni prima di esprimersi. I sistemi più antichi offrono salti più interessanti».
La sua è un’operazione artistica che si riconnette alla tradizione della scrittura collaborativa.Cosa voleva dimostrare?
«Il mio scopo non era mostrare i muscoli di una macchina ma dimostrare la possibilità di creare dei contenuti letterari validi a prescindere. Quando ho visto l’attenzione dell’editore ho rivelato che avevo scritto a quattro mani, o a due cervelli, e l’interesse si è ulteriormente sviluppato».
Non siamo mai stati sulla Terra vuol dire essere altrove?
«Vorrei rispondere con una sentenza ispirata. Ma il libro si chiama così solo perché cita e fa un po’ il verso ai negazionisti e al loro “Non siamo mai stati sulla luna”».
Ultimamente ha criticato la scelta di Bob Dylan di negare l’uso dei telefoni ai suoi concerti. Una questione che ci riporta però alla nostra dipendenza dalla tecnologia.
«I telefoni hanno senza dubbio ucciso l’applauso. Me ne accorsi nel 2013, durante un tour con Elio e le storie tese. Ricordo che entrando in sala c’era un rumore diverso. E questo non può che farci riflettere su come la tecnologia ci sta cambiando».
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