L’Intelligenza artificiale non potrà mai sostituire l’uomo ma potrà migliorargli la vita. Ne è convinto Danilo Caivano, ordinario in servizio al Dipartimento di Informatica della Università “Aldo Moro” di Bari.
Professore, Confartigianato lancia l’allarme: in Italia 8,4 milioni di italiani rischiano di pagare in qualche modo dazio ai sistemi di Ia.
«Sulla cifra e sui numeri elaborati dal rapporto di Confartigianato non mi posso esprimere ma bisogna pure dire che entro i prossimi dieci anni almeno il 75% dei lavori attuali cambieranno forma. E bisognerà quindi reiventarli e reinventarsi in rapporto a essi. Il paradosso è che molti credono che l’Intelligenza artificiale e la robotica siano sostitutivi dell’uomo e sottraggano lavoro a quella che comunemente consideriamo forza umana. In realtà si tratti di strumenti positivi che migliorano le professioni e i mestieri e quindi intervengono in maniera buona sulla vita umana».
Si spieghi meglio.
«Sempre più i lavori più routinari e faticosi saranno svolti dai robot e da altri strumenti a Ia. L’uomo avrà quindi la possibilità di applicarsi su tematiche nuove e sempre più sfidanti rispetto alle quali il fattore chiave è e rimane la creatività, l’inventiva. Del resto, l’Intelligenza artificiale non fa altro che progredire attraverso una serie di esempi e controesempi che la addestrano. Resta però un suo problema di fondo».
Quale?
«Quella di continuare a fallire sull’incognita, rispetto alla quale non ha una gamma di esempi validi. Su questo situazione ecco che l’uomo surclassa la robotica, e lo fa con quella creatività e intuizione che permetterà sempre di fare cose nuove e belle».
Lo stesso studio di Confartigianato evidenzia come le piccole e medie imprese investano in Ia per migliorare la loro mission aziendale.
«Esiste già una differenza tra la produzione artigianale e quella industriale, che per sua stessa natura e per le regole che si è data reprime sempre più spesso l’estro creativo.
Perché parlare di Intelligenza artificiale spaventa l’opinione pubblica e radicalizza i toni del confronto?
«Tutto ciò che non si controlla in maniera ottimale e completa fa paura. Ogni alba ha le sue luci e le sue ombre e fino a quando il sole non è alto in cielo c’è il timore che il buio nasconda il pericolo. In realtà la robotica e l’Ia sono strumenti e come tali vanno utilizzati. È chiaro che un ruolo importante è quello di chi addestra l’Intelligenza artificiale, le fasi di addestramento della macchina sono fondamentali e vanno seguite le regole dell’etica. L’altra paura è quella attorno alla forza generativa della robotica, che non può essere illimitata perché quando l’Intelligenza artificiale non avrà più dietro di sé l’uomo, non avrà più senso di esistere e non sarà più utilizzabile».
Temi importanti che vengono affrontati in che maniera?
«Oggi a livello europeo è forte il dibattito sulla controllabilità delle macchine, partendo dal presupposto che esista una “Particella di Dio” dietro a ogni algoritmo nella Ia. Lo sforzo in chiave etica della discussione in’Europa è notevole ed è giusto si affermi, anche per la grande cultura che caratterizza la storia del Vecchio Continente, come un faro importante all’interno del dibattito mondiale».