Intelligenza artificiale e rischi per l'occupazione, l'esperto: «Ci solleverà dai lavori pesanti»

Intelligenza artificiale e rischi per l'occupazione, l'esperto: «Ci solleverà dai lavori pesanti»
di Giuseppe MARTELLA
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Venerdì 25 Agosto 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 26 Agosto, 10:22

L’Intelligenza artificiale non potrà mai sostituire l’uomo ma potrà migliorargli la vita. Ne è convinto Danilo Caivano, ordinario in servizio al Dipartimento di Informatica della Università “Aldo Moro” di Bari

Professore, Confartigianato lancia l’allarme: in Italia 8,4 milioni di italiani rischiano di pagare in qualche modo dazio ai sistemi di Ia. 
«Sulla cifra e sui numeri elaborati dal rapporto di Confartigianato non mi posso esprimere ma bisogna pure dire che entro i prossimi dieci anni almeno il 75% dei lavori attuali cambieranno forma. E bisognerà quindi reiventarli e reinventarsi in rapporto a essi. Il paradosso è che molti credono che l’Intelligenza artificiale e la robotica siano sostitutivi dell’uomo e sottraggano lavoro a quella che comunemente consideriamo forza umana. In realtà si tratti di strumenti positivi che migliorano le professioni e i mestieri e quindi intervengono in maniera buona sulla vita umana».

Si spieghi meglio. 
«Sempre più i lavori più routinari e faticosi saranno svolti dai robot e da altri strumenti a Ia. L’uomo avrà quindi la possibilità di applicarsi su tematiche nuove e sempre più sfidanti rispetto alle quali il fattore chiave è e rimane la creatività, l’inventiva. Del resto, l’Intelligenza artificiale non fa altro che progredire attraverso una serie di esempi e controesempi che la addestrano. Resta però un suo problema di fondo».

Quale?
«Quella di continuare a fallire sull’incognita, rispetto alla quale non ha una gamma di esempi validi. Su questo situazione ecco che l’uomo surclassa la robotica, e lo fa con quella creatività e intuizione che permetterà sempre di fare cose nuove e belle».

Lo stesso studio di Confartigianato evidenzia come le piccole e medie imprese investano in Ia per migliorare la loro mission aziendale. 
«Esiste già una differenza tra la produzione artigianale e quella industriale, che per sua stessa natura e per le regole che si è data reprime sempre più spesso l’estro creativo.

Oggi utilizzando l’intelligenza dei robot si può fare produzione industriale senza andare più a colpire la creatività dell’artigiano o più in generale l’inventiva dell’uomo. Già questo è positivo e se poi riuscissimo a riconvertire le varie posizioni lavorative verso situazioni più accoglienti, all’interno delle quali la persona potrebbe esprimersi secondo le sue peculiarità e in una attività che le piace, avremmo fatto “bingo”. Porremmo fine all’imbruttimento del lavoratore che svolge una mansione che non lo gratifica».

Perché parlare di Intelligenza artificiale spaventa l’opinione pubblica e radicalizza i toni del confronto? 
«Tutto ciò che non si controlla in maniera ottimale e completa fa paura. Ogni alba ha le sue luci e le sue ombre e fino a quando il sole non è alto in cielo c’è il timore che il buio nasconda il pericolo. In realtà la robotica e l’Ia sono strumenti e come tali vanno utilizzati. È chiaro che un ruolo importante è quello di chi addestra l’Intelligenza artificiale, le fasi di addestramento della macchina sono fondamentali e vanno seguite le regole dell’etica. L’altra paura è quella attorno alla forza generativa della robotica, che non può essere illimitata perché quando l’Intelligenza artificiale non avrà più dietro di sé l’uomo, non avrà più senso di esistere e non sarà più utilizzabile».

Temi importanti che vengono affrontati in che maniera? 
«Oggi a livello europeo è forte il dibattito sulla controllabilità delle macchine, partendo dal presupposto che esista una “Particella di Dio” dietro a ogni algoritmo nella Ia. Lo sforzo in chiave etica della discussione in’Europa è notevole ed è giusto si affermi, anche per la grande cultura che caratterizza la storia del Vecchio Continente, come un faro importante all’interno del dibattito mondiale».
 

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