Puglia, due ragazzi su tre non studiano e non lavorano. I Neet sono più degli occupati

Puglia, due ragazzi su tre non studiano e non lavorano. I Neet sono più degli occupati
di Paola ANCORA
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Domenica 22 Maggio 2022, 05:00

La Puglia è fra le sei regioni italiane nelle quali il numero di coloro che non studiano e non lavorano supera quello dei lavoratori. I Neet - acronimo di “Not in Education, employment or training - sono due su tre. A livello nazionale, un milione e 100mila secondo Confartigianato. Così, mentre l’associazione delle piccole imprese lancia l’allarme sulla mancanza di 635mila unità da impiegare e Federalberghi - di rimando - lamenta un “buco” di 350mila lavoratori per affrontare la stagione estiva alle porte, si ingrossano le file di quanti, secondo le statistiche, non hanno un’occupazione e nemmeno ne cercano una. Un mix micidiale del quale, nelle ultime settimane, le forze vive del territorio hanno dato letture diverse. Per i sindacati l’inciampo è nei contratti, spesso violati: si cerca manodopera, ma poi le aziende sarebbero recalcitranti a garantire i compensi minimi contrattuali. Per le imprese e una parte della classe dirigente del Paese questa situazione è invece figlia di una politica “corsar”a che ha scommesso sul Reddito di cittadinanza, da riformare. 

I dati


Al netto delle differenti vedute, l’emergenza reclama soluzioni. I numeri sono d’impatto. «Le aziende (dati 2021) hanno difficoltà a trovare 295mila under 30 con competenze digitali e 341mila under 30 con competenze green» ha sottolineato Confartigianato nel corso della convention dei Giovani Imprenditori a Roma. «Le imprese italiane faticano a trovare il 52% della necessaria manodopera qualificata. Nel frattempo (dati 2020) 1,1 milione di giovani under35 non studia e non cerca occupazione e 40mila giovani tra 25 e 34 anni sono espatriati ed è quindi urgente – ha avvertito il presidente dei giovani di Confartigianato, Davide Peli - cambiare passo nelle politiche giovanili».
Secondo la rilevazione di Confartigianato «la distanza dei ragazzi italiani dal mondo del lavoro colloca il nostro Paese al primo posto nella Ue per la maggiore percentuale di Neet, pari al 23,1%, sul totale dei giovani tra 15 e 29 anni. La media europea si attesta, invece, al 13,1%. Addirittura, nel 2020, abbiamo toccato il numero più alto nell’ultimo decennio di under 35 inattivi che non studiano e non sono disponibili a lavorare: ben 1.114.000». 
A livello regionale, la percentuale più alta di Neet si riscontra in Sicilia con il 36,3%, sempre relativamente alla platea dei giovani dai 15 ai 29 anni.

Seguono la Campania (34,1%), la Calabria (33,5%), la Puglia (30,6%) e il Molise (27,7%). In particolare, la Puglia - oggi quarta nella classifica delle regioni con un più alto numero di Neet - ha visto notevolmente peggiorare il quadro negli ultimi dieci anni. Infatti, in base ai dati del rapporto 2010 redatto dal ministero del Welfare e da Anpal, la nostra regione aveva in quegli anni un tasso di Neet pari al 22,1%, migliore rispetto alla media italiana del 30,9%. Dieci anni fa, insomma, a non lavorare e non studiare era un giovane su quattro, con un platea inattiva complessiva di 214mila ragazzi di età compresa fra i 15 e i 29 anni. Oggi invece rientra nella categoria dei Neet circa un giovane su tre (il 30,6%). 

Il report di Save the Children


A metterci il carico da novanta è arrivato, contestualmente, il report “Impossible2022” di Save the children, secondo il quale in sei regioni il numero dei Neet è addirittura superiore a quello dei lavoratori: c’è la Puglia, naturalmente, e poi Molise, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia. In base alle analisi statistiche effettuate dalla Onlus, nel Mezzogiorno – sebbene la mappa sia disomogenea – per due giovani occupati ce ne sono altri tre che sono fuori dal lavoro, dalla formazione e dallo studio.
La ministra per le Politiche giovanili, Fabiana Dadone, non a caso ha organizzato un tour proprio al Sud dal titolo “Neet Working”, con l’obiettivo di promuovere «il piano strategico stilato insieme al ministero del Lavoro che prevede l’ingaggio e l’attivazione di questi ragazzi». Come? «Il servizio civile è sicuramente un’opportunità - ha detto Dadone -, ma è ancora poco conosciuta e per questo cerchiamo di farla conoscere ai ragazzi raccontandola dalla voce dei loro coetanei. Il nostro obiettivo - ha concluso la ministra - è far capire ai ragazzi il lavoro che svolgono i centri per l’impiego, che servono a mettere in relazione domanda e offerta, sperando non rimangano immobili di fronte alle opportunità». E sperando che i Centri per l’impiego, in Puglia, diventino realmente motore di un necessario cambiamento. 

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