Cantone: «Recuperiamo trasparenza e credibilità.
Appalti, via con i lavori quando l'iter è completo»

Raffaele Cantone
Raffaele Cantone
di Rosario TORNESELLO
6 Minuti di Lettura
Sabato 6 Maggio 2017, 11:55 - Ultimo aggiornamento: 19:41
“La corruzione spuzza”, e va bene. È il titolo di un libro. È un manifesto culturale. È un impegno. Richiama le parole di papa Francesco a Scampia, 2015, perciò rifugge da formule magiche, alchimie insondabili, suggestioni esoteriche. Quando un fenomeno è complesso (e questo lo è) non ci sono soluzioni facili, e se qualcuno lo dice allora imbroglia. E se imbroglia, spuzza. Appunto. Raffaele Cantone torna in Salento, torna a Maglie. Torna a parlare ai ragazzi e spiega così il concetto. Il libro è l’occasione, tutto il resto è uno stimolo: l’attualità, la cronaca, la politica, l’ambiente, l’economia. Argomenti, hai voglia. Ma quando il presidente dell’Anac parla, ogni frase è sezionata e passata al vaglio. E questo è periodo di molteplici fibrillazioni dentro i confini nazionali, dentro quelli regionali, dentro quelli provinciali. Tuttavia l’incontro è con gli studenti, al “da Vinci” di Maglie. E l’obiettivo della visita è uno: «Far capire che la corruzione non solo è un male, ma soprattutto fa male». Lato sensu: rottura del patto di fiducia. Il resto - che poi in termini di emergenza da queste parti vuol dire Tap, statale 275, immigrati e altro ancora - rimane sullo sfondo. Ma, poi, non più di tanto.

Con calma. Maglie. Quasi baricentrica tra Porto Selvaggio (Nardò), San Foca (Melendugno) e Leuca. La cartina rimanda una Y che sembra un’incognita. Bisogna lavorarci. Ogni propaggine, un problema. Riferimenti molto poco casuali. Porto Selvaggio, il primo tratto: nel libro, scritto a quattro mani con un altro magistrato, Francesco Caringella, apre il capitolo della corruzione che “uccide il territorio”. E non solo il territorio: “Trentatré anni, una bellezza semplice, un fiore tra i capelli, voglia di futuro negli occhi puliti”, Renata Fonte fu ammazzata a Nardò il 31 marzo 1984. Esattamente trentatré anni fa. Il numero ricorre. Sullo sfondo del delitto, l’impegno della donna, assessore comunale, a difendere “l’incomparabile bellezza di un paradiso incontaminato”. Porto Selvaggio “oggi non è una cartolina sbiadita dal tempo”. Resta un’oasi di straordinaria bellezza. Resta un esempio che è emblema: “Mostra in modo tangibile i frutti che la sconfitta della corruzione può garantire a noi e ai nostri figli: difesa del territorio, tutela delle coste e dell’ambiente, valorizzazione della magica bellezza della nostra penisola”.

Il volume attraversa in lungo e in largo l’Italia. Moltiplica gli esempi, indica i riferimenti. Da queste parti lambisce Brindisi e racconta del rigassificatore mai nato (“dopo 11 anni di attesa delle autorizzazioni, l’azienda inglese ha deciso di abbandonare il progetto”; in mezzo, va aggiunto, inchieste giudiziarie e un bel po’ di cortei, marce e sit-in contro un’idea di sviluppo che cozzava con l’idea di futuro della città); approda a Taranto e parla dello sconcerto delle mazzette confessate all’interno della Direzione di commissariato della Marina Militare (“uomini e donne, con la prestigiosa uniforme, imponevano il pizzo agli imprenditori, alla stregua della criminalità organizzata”); va su e giù per lo Stivale, scandaglia il malaffare, rimarca le criticità. Episodi che diventano spunti per le domande. Le risposte seguono a ruota: «L’autorità giudiziaria non può affrontare da sola la lotta alla corruzione - spiega il presidente dell’Anac - e l’idea di risolvere il problema con le manette non va da nessuna parte». Bocciata. Come l’altra, pure spacciata per risolutiva: sparare. «Abbiamo chiesto agli studenti di trovare un termine per tradurre in modo efficace “whistleblower”, in inglese “soffiatore di fischietto”. Rimanda al poliziotto di quartiere londinese, al “bobby”, armato di fischietto e non di pistola, perché sparare non serve, malgrado qualcuno dica queste stupidaggini. Il vero controllo è quello dei cittadini. Ma da noi si fatica a tradurlo in azione concreta. E per lo più le segnalazioni dei nostri “whistleblower” sono traduzioni di interessi particolari. Troppo poco». Prove di forza non servono. Anche quest’idea di estendere al sistema corruttivo le armi proprie della lotta alla mafia, bocciata: «Emergenze diverse, strumenti diversi».

San Foca, il secondo tratto. L’argomento aleggia: il cantiere per il gasdotto, i presìdi di protesta, la marcia dei sindaci, lo sciopero della fame dell’oncologo. Cantone non entra nel merito ma parla di metodo: «Prendiamo la linea per l’alta velocità ferroviaria, la Tav, che dall’Italia arriva in Francia. Da noi proteste continue e difficoltà ad andare avanti con i lavori; oltre confine tutto liscio. Perché? Lì si è fatta un’opera di sensibilizzazione preventiva: le finalità, i pregi, i difetti, i costi e i vantaggi, anche in termini di compensazioni; si è spiegato tutto. Da noi no: qui di solito alla verità si antepongono le promesse mirabolanti difficili da mantenere. Il dibattito va fatto prima, coinvolgendo i cittadini. Poi, però, una volta presa una decisione, non si dovrebbe più tornare indietro. Altrimenti il Paese perde di credibilità e gli investitori si tengono alla larga».

La fiducia è il primo passo; la trasparenza il secondo; la correttezza il terzo. Ognuno li metta in fila come crede, il risultato non cambia. Il presidente dell’Autorità nazionale connette le analisi intorno a un punto di equilibrio: parlare di corruzione è complicato. Si rischia di creare assuefazione e perciò distacco. Anche i dati, meglio maneggiarli con cura. I 60 miliardi come costo annuo in patria della deriva tangentizia «sono una leggenda metropolitana», ma gli indici di percezione «non vanno sottovalutati». Primo, perché testimoniano un sentimento di sfiducia; secondo, su basi empiriche, riflettono una tendenza: lì dove le statistiche assegnano valori negativi si registrano anche i più bassi livelli di investimento, soprattutto nella ricerca. Niente sviluppo, niente progresso, niente futuro. «Singapore, lo scriviamo nel libro, in quattro anni ha cambiato il proprio destino. In meglio». La corruzione spuzza, altroché.

Ultimo tratto, Leuca. La strada che da Maglie porta verso il Capo è una via crucis. Un quarto di secolo per ammodernarla, la 275, e ancora nulla. Un paradigma. «Andrebbe studiata nelle Università». Pausa. «Come esempio di tutto ciò che non va». Ecco. «Si è verificato quanto di negativo c’è nel sistema degli appalti: dalle tipologie di imprese fino ai problemi sollevati, passando dal percorso, studiato e tracciato ignorando le esigenze dei cittadini e senza neppure i saggi geologici necessari. Non è serio arrivare a parlare di opere progettate vent’anni prima. Il problema ritorna: una volta presa la decisione, bisogna portala a esecuzione. Non è seria un’amministrazione che sistematicamente rimette in discussione tutto. I soggetti pubblici devono essere credibili».

Parola magica. Credibilità. Richiama subito il dibattito lacerante sull’attività delle organizzazioni non governative nell’affrontare l’emergenza immigrati. Collegamenti inconfessabili con i trafficanti? «Non conosco bene la vicenda - spiega Cantone - ma il Paese deve fare tesoro dell’esperienza: in altre situazioni abbiamo sperimentato come una delle migliori realtà italiane, l’area no profit e delle cooperative sociali, sia stata infiltrata dalla criminalità. Credo che laicamente sia giusto porsi delle domande: i magistrati con i fatti, i giornalisti con gli approfondimenti».

Sono passati tre anni dalla nomina al vertice dell’Autorità nazionale anticorruzione. Ne trascorrerà altri tre in quell’ufficio. È tempo per bilanci di metà mandato. Il presidente ci pensa. «Credevamo fosse arrivato il momento di stabilizzare la nostra attività e renderla ancora più concreta. Tante cose importanti sono state fatte, sicuramente anche diversi errori. E invece è come se fossimo sul punto di fare dei passi indietro, come se l’emergenza fosse stata superata. Non è così. Un giorno il ministro della Funzione pubblica svedese mi ha raccontato qual è il loro segreto: trasparenza, trasparenza, trasparenza. In tutto. Ognuno a partire da sé. Quanta distanza dall’Italia...». E il suo segreto, Cantone, qual è? «Un tempo ero affascinato dalla figura di Antigone: la giustizia anche contro la legalità. Oggi il mio modello è Socrate: accetta di morire per far rispettare una legge, anche se ingiusta».
© RIPRODUZIONE RISERVATA