Visti da (molto) vicino/ Il rettore Zara
Il modello "duracell" per l'Università

Visti da (molto) vicino/ Il rettore Zara Il modello "duracell" per l'Università
di Rosario TORNESELLO
6 Minuti di Lettura
Domenica 23 Febbraio 2014, 18:28 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 19:07
Nota di servizio: uno) l’intervista non porta via pi di 40 minuti di tempo, a suo modo un record; due) mentre risponde alle domande, l’interlocutrice – accuratamente selezionata e prescelta – opera al computer seduta nel suo ufficio, al quarto piano del dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche, a Ecotekne, stanza da cui non si allontana un istante se non per accogliere l’ospite e non farlo smarrire tra laboratori e aule alla ricerca della meta; tre) per ottimizzare il cronoprogramma, l’incontro è preceduto la sera prima da mail sintetica ed esplicativa sull’oggetto unico e solo del colloquio fissato per l’indomani; quattro) nel corso della conversazione non viene servito alcun caffè, né solleticano lontanamente il pensiero ulteriori e migliori generi di conforto tipo the, pasticcini o bevande gassate e, peggio ancora, zuccherate; cinque) a nostro modesto avviso, e insindacabile giudizio, riteniamo di essere stati “efficienti”, espressione che da queste parti connota l’unico metro di valutazione consigliato per soppesare professori, collaboratori, studenti, visitatori e, come nel nostro caso, intrusi occasionali.



Bene. E ora, rispettato il suo verbo, assecondata la prassi, indossato l’abito frugale, ora possiamo parlare di Vincenzo Zara, magnifico rettore dell’Università del Salento. Un ruolo di assoluto prestigio che tuttavia, a meno di non essere appassionati di sfide al limite dell’incoscienza, è bene evitare come la peste. Un po’ per le ristrettezze di bilancio, con annessi mugugni. E molto per gli inciampi cui espone, attese le disavventure delle ultime stagioni, tante e tali da indurre l’illustre predecessore a racchiudere i travagli di un’istituzione complessa e articolata, crocevia di scienze e saperi, sogni e destini, in un’espressione illuminante e un tantino nauseabonda, «fogna», termine di nuovo conio cui sfugge il significato e perciò proditoriamente qui inserito. Ad ogni modo (pronti a ritrattare sulla locuzione “nuovo conio”) va dichiarato subito che lui, il successore, ama le sfide e molto meno tutto il resto. Motivo per cui, dal 1° novembre scorso, è alla guida dell’ateneo. Data la ricorrenza, saprà bene a quale santo votarsi.



Partiamo, dunque. Primo passo: “Zarizzarsi”. Parola salvifica e insieme bussola per orientarsi nel microcosmo da cui proviene il nostro, che di suo vanta credenziali da predestinato. Per dire: laurea in Farmacia a Bari nel 1983 con 110 e lode e abilitazione professionale con 250/250. “Zarizzarsi”, ma senza riflessi tardo-imperiali e propensioni dittatoriali. Almeno… «Ma no, quello è solo il termine che abbiamo adottato per connotare uno stile di vita più che una vocazione professionale», racconta con candore la professoressa Alessandra Ferramosca, ricercatrice di Biochimica. Da 20 anni è lì. Studentessa (anche lei 110 e lode), poi tutta la scala: dottoranda, contrattista, assegnista. Il primo marzo saranno 16 anni che lavora accanto a Zara nel Laboratorio di biochimica e biologia molecolare. Saprà bene di cosa parla. Organismi geneticamente modificati? Viene il sospetto. Lei intanto spiega: «Ha ritmi di lavoro disumani. Spesso mi chiedo se conosca il senso del limite. Viaggia in treno perché dice che si lavora meglio che in aereo, e non è raro che salti i pasti, salvo sgranocchiare tarallini nel pomeriggio. Poi però qualche volta sembra che sia lì sul punto di cedere. Lo capisci dal volto tirato, non dal nervosismo, non dalle nevrosi, che non lo assalgono. Mai sentito alzare la voce, ad esempio. Comunque, quando sopraggiunge, la stanchezza dura un attimo: sappiamo che è sempre pronto a nuove avventure. Ci si butta a capofitto. Come nella corsa per il rettorato. Ormai qui conosciamo bene com’è fatto». Così, nell’impossibilità di cambiare lui, si sono adeguati loro.



Primo passo: “Zarizzarsi”, appunto. A modificarsi – subito – è il fisico. «Per esempio, vietate le malattie – prosegue la prof –. Vale più della previdenza sociale. Noi un po’ ci scherziamo, ma fino a un certo punto: io, ad esempio, le poche volte che ormai succede, mi ammalo tra il venerdì sera e la domenica». Poi vengono gli orari e il calendario, piegati a una nuova e migliore scansione temporale del lavoro: «L’ultima mail me l’ha spedita ieri sera alle 23,30. E lo scorso agosto, per farle capire meglio, me ne ha inviate 69. Il suo parametro di riferimento è l’efficienza, che poi corrisponde al più generoso dei suoi complimenti. Ma se hai svolto bene un lavoro non sarà mai lui a dirtelo, se non per interposta persona. Il suo credo? Fare tutto al meglio senza perder tempo. Anche se è dall’altra parte del mondo, il contatto con i collaboratori è costante. Se il cellulare squilla e non rispondi ti ritrovi subito un sms: “chiamami appena puoi”; e quando lo chiami ti senti dire “che fine hai fatto? ti stai dando alla bella vita?”. Nonostante l’elezione a rettore, continua con la didattica e la ricerca. Lui è così… Studia e si documenta. E anche quando delega, approfondisce in prima persona. Poi, al momento delle conclusioni, arriva la domanda che mette in crisi: “Siamo sicuri?”».



Infine, le abitudini. L’ultimo allungo prima della metamorfosi completa. «Di questo passo scopri che non ci sono più né orari né feste. Per dire: il giorno di capodanno abbiamo sottoposto un lavoro di ricerca a una rivista scientifica internazionale. E stessa cosa era successa a ferragosto. I periodi di vacanza li interpreta come i migliori per rilassarsi e, quindi, scrivere relazioni impegnative. Del resto, considera una perdita di tempo i festeggiamenti. Pensi che una volta, ed era il suo compleanno, mi ritrovai a tagliare io la torta portata qui apposta per lui dalla sorella. E quando capita di celebrare in dipartimento un risultato, con pasticcini e spumante, lui è sempre lì con la solita avvertenza: chiamarlo quando è tutto pronto. E anche le cene con qualche collega: solo un’occasione per confrontarsi e cercare nuovi spunti di lavoro. “Mi raccomando, non divertirti troppo” è una specie di mantra. Poi però, alla fine delle ultime vacanze, l’uscita inattesa: divertiti un po’, mi ha detto. Che si stia umanizzando?».



La scrittura svela l’ordine: il quaderno di ricerca compilato a mano su fogli senza righi è da manuale per geometri. Preciso, allineato, nessuna sbavatura. Una puntualità che si riflette nel rapporto con i ragazzi, nell’insegnamento. Nell’uso della bacchetta che si porta a lezione invece del puntatore laser sulla lavagna: serve ad attirare meglio l’attenzione degli studenti, spiega lui. Un collega gliene ha regalata una telescopica. Allungabile come gli obiettivi, come i progetti. Come gli orari (ahahah). Conforta il disordine della scrivania: il discrimine tra una persona e un automa è lì. Zara uomo compensa lavoro e impegni con lunghe passeggiate, corse all’aria aperta, letture che favoriscono la meditazione. Il risvolto privato che la professoressa Ferramosca non può conoscere. Così quando le chiedi quale consiglio gli darebbe, suggerisce riposo e relax. Esattamente quello che lui fa. Quando può.



Una studentessa un giorno gli ha scritto una mail. Lo ringraziava per la passione e l’amore spesi nelle lezioni in aula, nel confronto con i ragazzi. Qualità che le avevano fatto amare materie difficili. Che l’avevano spinta ad appassionarsi ad atomi e legami. Che l’avevano convinta a continuare e tenere duro in un momento in cui invece avrebbe voluto mollare tutto, lezioni facoltà università. Gliel’ha mandata prima di un esame. Ma in forma anonima. Così, lo dicevamo giusto per completezza.



Fine. Solo una postilla alla nota di servizio di cui sopra, ma questa a uso e consumo della rappresentanza sindacale: della conversazione non è stato registrato nulla, né con strumenti palesi (magnetici, ottici o elettronici) né occulti. Lo stile dell’epoca, dichiaratamente slim fit, impedisce di nascondere sotto la giacca anche la più mansueta e irreprensibile delle cimici.





Sedicesima puntata - negli incontri precedenti:

- Paolo Perrone

- Dario Stefàno

- Roberta Vinci

- Massimo Ferrarese

- Elenonora Sergio

- Mario Buffa

- Antonio Conte

- Giuliano Sangiorgi

- monsignor Filippo Santoro

- Fabio Novembre

- Flavia Pennetta

- Maurizio Buccarella

- Emma Marrone

- Ennio Capasa

- Giancarlo De Cataldo


© RIPRODUZIONE RISERVATA