Paola Guercia: «Dario pignolo e tenero»
Stefàno “visto” dalla moglie

Paola Guercia: «Dario pignolo e tenero» Stefàno “visto” dalla moglie
di Rosario TORNESELLO
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Sabato 2 Novembre 2013, 21:48 - Ultimo aggiornamento: 10 Novembre, 19:51
LECCE - Decisione sofferta, ma non troppo. Come molte, di questi tempi, in Italia. Responso con voto palese. E niente giunta per le autorizzazioni a procedere. Si fa? Non si fa? Si fa! Senza stare l a tirarla per le lunghe. Larghe intese e stop.
Paola Guercia si accomoda al tavolino del bar. Sorride. Bene. L’ora, non più legale, rapisce il sole in un amen. Con esso, il tepore. Dario Stefàno, il marito, è appena rientrato da Roma. Un’altra settimana difficile alle spalle: Berlusconi, la decadenza, l’appuntamento in Aula dopo il via libera della Giunta delle elezioni presieduta proprio da lui, dal senatore salentino legato più a Vendola che a Sel. Ora è a casa con i loro bimbi. Due, maschietto e femminuccia. Perfetta par condicio. “Sei grande”, le ha scritto. L’incoraggiamento l’ha raggiunta per strada, mentre era diretta qui: l’intervista, dunque, si fa. Un sms è stato il modo con cui lui ha vinto le ultime resistenze di lei. Mai nulla al caso. Tenere a mente. Pignolo. Ordinato. Determinato. Severo, ecco, quello no. Severino?



Le reminiscenze scolastiche sulla proprietà transitiva ingannano, ma regalano squarci e scenari immaginifici. Intriganti. E tuttavia illusori. Se Stefàno è l’uomo che ha avuto in mano le sorti politiche di Berlusconi e del Pdl, e le ha determinate con la relazione sulla decadenza approvata in Giunta e ora al voto del Senato, lei è la donna che ha in pugno quest’uomo minuto ma tosto, caparbio, non solo ciuffo e pizzetto e perciò, d’emblée, fighetto. Ergo… Lei un po’ si inorgoglisce («ebbene sì, sono la persona che ha più ascendente su Dario») e molto si schermisce («io al crocevia dei destini politici d’Italia? Beh, calma: ora non esageriamo…»). Ma quando lui tira giù l’intervento che spiana la strada al dissolvimento parlamentare del Cavaliere (Severino, certo, Severino), la prima lettura è solo per lei. E suo è il primo sì. Dunque… Lei sorride ma non molla. «Non scherziamo». Ma ci ritorniamo.



L’accenno di fossette sulle guance rimarca la giovane età di Paola. Lo sguardo, invece, parla di un’intesa profonda col compagno di vita. È cominciata in punta di piedi… Un salto indietro nel tempo, oltre undici anni fa: spettacolo di teatro-danza, al Politeama di Lecce. Lui in prima fila, manager ancora lontano dalla politica (arriveranno dopo i successi in Regione, l’assessorato spumeggiante all’Agricoltura, l’approdo in Parlamento, le tensioni in Giunta, i riflettori incandescenti). Lei, invece, sul palco. «La danza è un linguaggio; col teatro diventa trama di racconti veri, concreti. Non solo estetica. Protagonista, quella volta, la donna nella cultura albanese. Dario alla fine venne a farmi i complimenti. Mai visto prima». Molto, moltissimo, lo vedrà dopo. Un corteggiamento intenso. Fiori. Parole. Gesti. «Mi colpì il suo sguardo. Poi la sua sensibilità. In lui traspare tutto. Un signore di altri tempi. E non nasconde le lacrime».



Passi per i fiori. Ma non è che qui sian tutte rose, e pure senza spine. La differenza d’età, tra i due, è dono di natura: l’irrefrenabile è lui, lei ne è giusto la marcatrice a uomo. Servono polmoni per farsi ascoltare; gambe per pedalare. E un sorriso sbarazzino per stemperare, smussare, levigare. Ricominciamo: avrà degli inciampi, assommerà dei difetti questo inno vivente alla precisione? Vediamo. Uno: testardo? «Di Dario mi piace lo stile. Non parlo solo di eleganza. Lui ha convinzioni forti e le mette in campo. Ed è determinato, molto, tantissimo: si prefigge degli obiettivi e li raggiunge». Due: esercita l’autocritica? «Intendiamoci: lui è molto capace. E sa riconoscere i suoi errori. Però ecco, a essere sincera, non è che l’abbia sentito poi molte volte…».



Tre: esigente? «Sì, tantissimo. Pretende sempre il massimo da sé e dai suoi collaboratori. Si adira quando le cose non vanno, ma marcia con gli altri. Li tiene sotto, insomma, ma gli apre il cuore. E infatti in Regione ancora lo rimpiangono». Quattro: preciso? (La domanda deve suonare come la campanella del “liberi tutti”. E infatti…) «Preciso? Un maniaco! Basta guardare le cravatte. Tutte in ordine, una accanto all’altra, secondo le sfumature di colore, soprattutto blu. E incelofanate. Perché quando rincasa lui se la toglie e non è che la appende, no, troppo facile: lui deve ripiegarla nella bustina originale e riporla al suo posto nel cassetto. Per non parlare dei denti: spazzola, risciacqua e pulisce lo specchio. Ovviamente, pretende che anche io faccia lo stesso. In compenso, quando schizzo e non ripasso, ci pensa lui a mettere tutto in ordine». Scusi, ma avete pensato ad una cura? Lei allarga il sorriso, illumina gli occhi. Ok, ok, non deve essere così grave…



Fine settimana a Lecce. Famiglia, amici e, soprattutto, figli. Da venerdì a domenica è così. Primo vantaggio: a casa si mangia come arte comanda. Lui cucina meglio di lei. E l’abbinamento dei vini, poi, è dote che precede l’impegno profuso tra vigneti e uliveti di Puglia. Nel palmares include un attestato di sommelier honoris causa. Ma del tipo simil-podolico che fu, tutto calcio-cavallo, è rimasto poco. Lei se ne cruccia: «Vorrei che dedicasse un po’ più di tempo a se stesso e ai suoi hobby. Ma niente da fare.



L’assurdo quest’estate: è caduto alla fine di un breve viaggio di relax, s’è fratturato due vertebre ma non c’è stato verso di tenerlo a riposo: è rientrato subito a Roma per i noti impegni. E pensare che quella volta ero riuscita a impormi per una breve vacanza». Brava. Per l’anno prossimo rifletterci su. Quanto al lavoro, maniaco come su cravatte e pizzetto: «Si impegna. E studia. Vedi il caso-Berlusconi. Lo ripete come un mantra: “Ho questo impegno, devo svolgerlo al meglio”. Di solito ci riesce». Cosa gli ha detto prima della seduta sulla decadenza del Cavaliere? «Niente di particolare». Un messaggio breve: “Stai tranquillo. Sei un numero uno”. È andata come è andata.



E ora? Il dolore per l’inchiesta Ilva che coinvolge Vendola («Dario sostiene che le accuse siano infondate, dopo tutto quello che la Regione ha fatto proprio per l’ambiente»), il lavoro quotidiano al Senato («Restare in politica? Sotto questo aspetto vive alla giornata: si immerge nel lavoro e non fa previsioni»). Scampoli di un’esistenza, fatti i dovuti distinguo, tutto sommato normale. Lui è un po’ cambiato. Paola dice sia per rispetto del ruolo istituzionale: «Come dire? È un po’ più serio, ecco. Prima, a cena con gli amici, era un tripudio di barzellette e imitazioni». Una sua specialità. Nomi, nessuno. Unico indizio: i colleghi del Senato. Lei, invece, attende che i figli crescano ancora. Difficile risalire sui palcoscenici. Ma non si sa mai. «In estate – racconta – per il suo compleanno gli ho fatto una sorpresa. Una piccola danza, con dichiarazione d’amore. S’è sciolto in lacrime». Tenero. Saperlo prima! Magari Berlusconi ci avrebbe provato in extremis. Forse anche con Apicella. Due voci, una chitarra. E una serenata al chiaro di luna, giù a Otranto. “Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto… Chi ha dato, ha dato, ha dato…
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