Depuratore, trincee drenanti e no allo scarico a mare

Depuratore, trincee drenanti e no allo scarico a mare
di Massimiliano MARTUCCI
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Domenica 28 Febbraio 2016, 12:44 - Ultimo aggiornamento: 18:53
Il Movimento 5 Stelle apre alle trincee drenanti, come soluzione per il recapito finale della acque effluenti dal depuratore di Martina Franca. Da escludere l’ipotesi delle condotte verso l’Adriatico, ma sicuramente il riutilizzo delle acque raffinate per uso irriguo, e la restante parte disperse attraverso trincee.
Rosa D’Amato, eurodeputata del Movimento grillino, commenta così lo stato dell’arte a Martina Franca: «Situazione allucinante e al punto di non ritorno. Se la magistratura è intervenuta, vuol dire che la politica non ha agito correttamente. Si usino i fondi Fesr per l’attuazione di un progetto che ancora non c’è e l’invito è a produrre un progetto alternativo. Noi diremo da dove prendere i soldi, in modo tale che la Regione e l’Aqp non possano dire no. Le acque reflue non devono finire tramite condotte in mare, né a Ostuni, né da nessuna parte, perché possono diventare una risorsa per l’agricoltura».

Il riutilizzo delle acque è anche la posizione ufficiale del Pd di Martina Franca, al quale la deputata risponde: «Un conto è dirlo, un altro è farlo. Loro sono al governo, perché non lo fanno? Se la magistratura è intervenuta vuol dire che la situazione era insostenibile». 

Dello stesso avviso anche il consigliere regionale Cristian Casili, che chiede di puntare l’attenzione sul funzionamento del depuratore e quindi, successivamente, su dove andranno a finire le acque: «Le acque devono essere portate al massimo grado di depurazione, quindi prima bisogna sistemare il depuratore, e poi riutilizzare l’acqua per l’agricoltura. Quello che resta, una volta fatta la verifica geomorfologica opportuna, potrebbe andare a finire in trincee drenanti o disperdenti. Ma solo dopo un’attenta valutazione delle caratteristiche del territorio. Indubbiamente il riutilizzo irriguo delle acque raffinate è l’obiettivo principale».
Il consigliere spiega che il riutilizzo delle acque è una posizione fortemente condivisa: «In Regione quasi tutte le forze di governo convergono sulla necessità del riutilizzo delle acque, come è dimostrato da quanto è successo a Manduria, dove la condotta sottomarina è stata bocciata. Ma questo comporta la dotazione di sistemi di depurazione che possano portare l’acqua ad un ottimo livello di raffinamento».

Il problema non riguarda, comunque, solo Martina Franca: «In Puglia la depurazione non ha mai funzionato, ricorrendo spesso allo scarico a mare, comportando una cattiva governance. Si sono creati i danni ambientali perché in mare è vietato scaricare in tabella quattro e si scaricava in tabella uno o due. Se il progetto del nuovo depuratore di Martina non prevede lo scarico a mare, allora sarà da condividere», conclude Casili. 
All’inizio della prossima settimana la Regione Puglia, tramite Barbara Valenzano, delegata da Emiliano per la custodia giudiziaria del recapito finale, consegnerà alla magistratura un cronoprogramma per i lavori riguardanti lo scarico finale. 
Quindi il pomo della discordia della vicenda del depuratore di Martina Franca è il recapito finale. Esiste un progetto, presentato a marzo del 2015, che è stato assoggettato a Valutazione di Impatto Ambientale. Un progetto condiviso da Palazzo Ducale ma che non è mai stato reso pubblico, e non si sa bene per quale motivo. La procedura Via obbliga però la pubblicazione sul sito della Regione, dalla quale è possibile scaricare il progetto, e anche i rendering. Le trincee drenanti aperte sembrano essere sostituite da un progetto che le preveda chiuse, così come sono state chiuse quelle realizzate in via Leone XIII.  
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