Turismo, emergenza personale. I sindacati: «Migliorare le condizioni lavorative»

Turismo, emergenza personale. I sindacati: «Migliorare le condizioni lavorative»
di Rita DE BERNART
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Martedì 7 Marzo 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 06:37

Ripartire dal capitale umano. Riqualificando e adeguando la proposta lavorativa, sia economicamente che dal punto di vista della prospettiva di crescita e di stabilità. Per superare l’emergenza addetti nel comparto del turismo, come anche in altri settori, secondo i sindacati è necessario e improrogabile revisionare l’intero sistema: a causa di chi non rispetta le regole il settore turistico e della ristorazione è visto spesso con diffidenza. Superato il nodo del reddito di cittadinanza, additato dalle imprese come la principale causa della difficoltà di reperimento di risorse stagionali, l’emergenza infatti resta. 

Ma non si tratta, secondo le organizzazioni sindacali, di un problema generalizzato: i lavoratori ci sono se la proposta rispetta il contratto nazionale.

Ad avere maggiori problemi – dicono - sono le aziende più piccole, quelle legate ad una forte stagionalità o che spesso propongono finti part time o turni di lavoro di oltre 8 ore e senza giornata di riposo, per paghe al di sotto del minimo sindacale; le imprese storiche o più strutturate che riescono a fidelizzare i lavoratori, grazie ad una politica di valorizzazione del capitale umano e una prospettiva di allungare il più possibile la durata del contratto, hanno meno difficoltà. «Il fatto che anche senza l’ombra del tanto vituperato reddito di cittadinanza ci sia ancora il problema del personale – commenta Mirko Moscaggiuri, segretario generale della Filcams Cgil Lecce - dà ragione al nostro sindacato che da diverso tempo dice che la causa non è questa misura. Le cause vanno ricercate in ciò che è accaduto al settore e ai lavoratori stagionali del turismo. Il reddito semmai ha solo aiutato a far alzare la testa a tanti addetti che non ci stanno più a certe condizioni. C’è più consapevolezza, le persone sono meno inclini a fare grandi sacrifici e non riuscire poi comunque a vivere bene tutto l’anno. Bisogna creare la giusta professionalità e remunerarla il dovuto; negli ultimi anni invece c’è stato un depauperamento di certe professioni e profili; prima il cameriere faceva la stagione estiva e quella invernale. Era una figura importante, ora si pensa di poter prendere il ragazzino da pagare poco ma le persone non vogliono più essere sfruttate. Abbiamo spesso avuto testimonianze di giovani usciti dagli alberghieri, con una buona preparazione, trattati male in azienda, non solo da un punto di vista economico ma anche delle condizioni di lavoro. A che serve fare appelli che cadono nel vuoto se non si da il giusto valore al personale. Va riconsiderato il modello, non si può pensare di far lavorare per 4 mesi, 10 – 12 ore al giorno senza turno di riposo; per il resto del tempo poi cosa fa il lavoratore? Molti vanno ormai all’estero dove, e questo va anche detto, ci sono mediamente stipendi più alti e un sistema differente, e stiamo perdendo forza lavoro». 

I numeri

I dati diffusi di recente evidenziano che circa il 72% delle aziende propone contratti o accordi non regolari. «Se come dicono le ultime statistiche – continua Moscaggiuri - 3 su 4 non sono in regola con i contratti, cosa ci aspettiamo? Chiediamoci seriamente perché non si trova personale. Il mondo del turismo è particolare: si lavora quando gli altri si divertono e a fronte di sacrifici spesso non c’è una remunerazione adeguata. Il Capitale umano è fondamentale, purtroppo chi non rispetta le regole sta rovinando anche la reputazione di chi invece lavora bene. Bisogna ripartire dal riqualificare l’offerta per determinati profili e dal rispetto per gli stagionali».
Anche per la Cisl la soluzione passa da una revisione della proposta stagionale in modo che possa incontrare meglio le esigenze della domanda di lavoro. Provare ad allungare il più possibile i contratti e offrire condizioni meno stressanti e più accoglienti.

«Di questo tema discutiamo anche con le imprese negli enti bilaterali», spiega Luigi Spinzi di Fisascat Cisl Puglia. «Certo sarebbe utile avere delle reali mappature, capire quanti lavoratori mancano ma anche quali siano le condizioni offerte. Probabilmente è un problema di qualità del lavoro e della proposta. Questo è un settore che non garantisce stabilità e, inoltre, spesso chi si approccia al mondo lavorativo cerca anche prospettive di crescita. Il turismo purtroppo in buona parte è legato ad estrema stagionalità, da un lato crea tanta occupazione e poi picchi di disoccupazione. Se si arriva ai 6 mesi è già tanto, occorre lavorare sugli altri periodi, garantire ciclicità e una prospettiva più lunga di reddito. Intanto è necessario implementare la qualità delle condizioni con turni di lavoro più morbidi, per far avvicinare la domanda all’offerta. E provare ad offrire anche una visione di prospettiva. Se è vero che si sta facendo tanto con la destagionalizzazione, ancora resta troppo poco per poter vivere un anno intero, bisogna cercare un modo per allungare, magari con ammortizzatori per uso formativo o per supportare il lungo periodo di inattività».
 

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