Ambulanze senza dottori a Lecce. E la guardia medica è in affanno

La sede della guardia medica
La sede della guardia medica
di Roberta GRASSI
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Domenica 25 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 08:54

Uno o due medici in turno, in grado di intervenire sulle ambulanze, in tutta la città di Lecce. Complessivamente, 28 medici per mezzi di soccorso nella provincia, in rapporto a una dotazione organica teorica che ne prevederebbe, sulla base della popolazione e delle peculiarità del territorio, almeno una settantina. Situazione che sembrerebbe essersi aggravata dopo che due dei camici che prestavano attività per il 118 “in convenzione” sono andati via perché assunti al Pronto Soccorso. Un terzo è venuto a mancare per un malore improvviso, non dovuto a quanto risulta da cause di servizio.

L'emergenza in città

Per fronteggiare l’emergenza che si è venuta a creare in città, in caso di intervento del servizio emergenza - urgenza che necessiti dell’apporto di un dottore (per la somministrazione di un farmaco, ad esempio) di recente si è fatto affidamento perfino sulla guardia medica. Un servizio, quello di “continuità assistenziale”, che sulla carta non ha nulla a che vedere con il 118 e che è attivo tutti i giorni feriali dopo le 20 e fino alle 8 del mattino oltre al sabato e alla domenica. 
Il telefono della guardia medica, che a Lecce si trova in piazza Bottazzi e dovrebbe occuparsi per definizione delle situazioni che rivestono carattere di non differibilità, cioè di quei problemi sanitari per i quali non si può aspettare fino all'apertura dell'ambulatorio del proprio medico curante o pediatra di libera scelta, invece squilla in continuazione. E i giovani medici generici che ci lavorano non sono assunti ma pagati a ore, senza tutele. Affrontano file di pazienti in difficoltà e talvolta anche intemperanze notturne. Richieste che per dotazione non possono evadere e che in taluni casi, complice la sofferenza, si trasformano in pretese. 
La situazione, insomma, è attualmente problematica. E come al solito la ragione va ricercata nella carenza di personale dedicato. «Non di medici, i medici ci sono. In assenza di gratificazioni e di tutele, è normale che non ci siano medici disposti a occuparsi di attività esposte», spiega il presidente dell’Ordine dei medici di Lecce, Donato De Giorgi. 
«Certamente le carenze ci sono, non è questa una novità.

Leggiamo dichiarazioni secondo cui sarebbero stati rimossi i limiti sul numero di medici che possono essere previsti, ma non vediamo alcun mutamento rispetto a prima, piuttosto c’è un peggioramento». 

La guardia medica

Particolare, come si diceva, il caso della continuità assistenziale: «È un occasione di lavoro per colleghi giovanissimi, ma non vi è adeguata gratificazione della professionalità», aggiunge De Giorgi. La verità è che non basta essere medici. Non siamo pochi, siamo in quantità sufficiente, siamo ben rappresentati rispetto a parametri nazionali ed europei. Ma, sono pochi i medici che sono gratificati a svolgere un compito ostico. E così i Pronto soccorso, le guardie mediche, le Rianimazioni, il 118 sono vuoti. Ci si trova a fronteggiare un perenne stato di emergenza che non è certamente la condizione ideale».
In sostanza funziona così: importantissima è la funzione dei dipendenti diretti del 118, che prestano servizio presso la centrale operativa e si occupano di seguire anche a distanza ciò che accade in tutta la provincia. Poi ci sono le ambulanze, i mezzi di soccorso, che sono divise tra “medicalizzate” e non. Ossia su alcune è prevista la presenza di un dottore, su altre c’è un infermiere con i soccorritori, su altre ancora solo soccorritori. Nel caso in cui, durante un intervento a domicilio, si riveli indispensabile l’apporto di un medico è allora che la situazione emergenziale porta a cercare soluzioni anche “salva vita”, attingendo a un bacino di collaboratori dell’Azienda sanitaria che già fronteggiano carichi di lavoro importanti. La soluzione? Per il presidente dell’Ordine tanto per cominciare è la rimozione dei limiti nel numero dei medici che devono entrare in servizio. Ma non solo: «Certe mansioni andrebbero sostenute con bonus economici e di dignità. Altrimenti non ci si stupisca che le professionalità preferiscano andare altrove». 

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