Il ministero boccia il piano casa della Regione Puglia: ecco perché

Il ministero boccia il piano casa della Regione Puglia: ecco perché
di Massimiliano IAIA
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Martedì 13 Febbraio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 11:27

È stato varato poco meno di due mesi fa ma il nuovo Piano casa della Regione Puglia è stato bocciato dal ministero della Cultura, secondo cui la legge «risulta viziata dal profilo di incostituzionalità». Non è la prima volta, tra l’altro, che le ristrutturazioni edilizie diventano oggetto di scontro tra Roma e Bari. Nelle otto pagine di osservazioni formulate, gli uffici ministeriali ritengono che vadano anzitutto considerate determinate autorizzazioni, per il rispetto del Piano Paesaggistico territoriale regionale. 
Nella premessa, il ministero ricorda che la legge in esame ripropone i contenuti del Piano Casa del 2009, un altro testo sulle ristrutturazioni edilizie, approvato a Bari nell’agosto 2022, era stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale.

I passaggi


“Si determina ad opera della Regione Puglia - scrive il ministero - una modifica unilaterale e derogatoria della disciplina di tutela prevista dal Pptr». Non solo: l’articolo 3 della legge, richiama l’acquisizione di “autorizzazioni, pareri, nulla osta o altri atti di assenso previsti per legge da parte degli enti e delle autorità competenti”. Ma secondo il ministero l’articolo presenta profili di incostituzionalità, già nelle condizioni per poter usufruire degli incentivi volumetrici, rispetto ad alcuni articoli del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
C’è poi un richiamo anche al mancato confronto tra governo e Regione, visto che la Corte costituzionale ha ripetutamente affermato la “necessità che la tutela paesaggistica sia caratterizzata dalla concertazione rigorosamente necessaria tra Regione e organi ministeriali, la quale impone la partecipazione di questi ultimi al procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica”.
Le conclusioni degli uffici romani non lasciano adito a dubbi: “La norma risulta viziata dal profilo di incostituzionalità in riferimento all’articolo 146 del Dlgs 42 del 2004”, che ha introdotto il divieto di rilasciare l'autorizzazione paesaggistica in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi di trasformazione degli immobili o delle aree sottoposti a vincolo paesaggistico.

Lacatena


Non si sono fatte attendere le reazioni della Regione, a cominciare dal consigliere regionale delegato all’Urbanistica Stefano Lacatena: «Il ministero della Cultura ha inviato alla Regione alcune osservazioni sulla nuova legge per la ristrutturazione edilizia.

I rilievi ministeriali toccano punti marginali, che sono sicuramente risolvibili con un confronto istituzionale». «Altre questioni, invece, soprattutto per quanto concerne la co-pianificazione, sono state già dissipate dalla Corte Costituzionale che si è espressa di recente: nella legge pugliese è scritto a chiare lettere che ogni intervento previsto deve essere coerente con le disposizioni del piano paesaggistico. In questo caso, la Consulta ha stabilito che non c'è obbligo di co-pianificazione. Ergo, siamo convinti di poter convincere il governo della bontà dell'impianto normativo e nei prossimi giorni avvieremo le necessarie interlocuzioni con il ministero degli Affari regionali con l'obiettivo di blindare l'assetto complessivo del provvedimento e dargli la stabilità che abbiamo promesso».

Amati


Sull’argomento è intervenuto anche il consigliere regionale di Azione Fabiano Amati: Anche sul nuovo Piano casa il Ministero della Cultura manda in onda la stessa canzone e obiezioni. I dirigenti e funzionari ministeriali se ne infischiano, in fila, delle norme vigenti, delle sentenze della Corte costituzionale (non riconoscendole), dei Governi e dei ministri e della necessità ecologica di portare a efficienza energetica il patrimonio edilizio italiano. Si sentono, in buona sostanza, un potere superiore alle stesse leggi statali, non dotati di compiti di amministrazione attiva, ma di un ruolo da giuria su tutte le condotte umane, anche a mezzo delle locali Soprintendenze, in preda a un narcisismo etico da fare spavento». «Se si esclude, infatti, l’obiezione minima e ragionevole sugli incrementi volumetrici in zona agricola, tutte le otto pagine di osservazioni servono a dire che ogni iniziativa sul territorio deve passare dall’esame preliminare di Ministero/Soprintendenze, a dispetto delle leggi che invece invocano, nell’ambito del concetto di legalità, la conformità al Piano paesaggistico, come riconosciuto più e più volte dalla Corte costituzionale».
Secondo Amati, ora dovrà essere la premier Giorgia Meloni a intervenire: «Spero che il Governo nazionale voglia approfondire le questioni, cosi da evitare il ricorso alla Corte costituzionale, e sottrarre al Ministero della Cultura questioni che a rigore dovrebbero essere appannaggio del Ministero delle Infrastrutture e dell’Ambiente. Insomma, far capire ai dirigenti del Ministero della Cultura che non gli è riconosciuta la possibilità di sabotare e violare le leggi vigenti, mantenendosi per conseguenza nella sfera dell’illegale, al fine di esercitare la tirannia del paesaggio anche sulla protezione ambientale. Ma la cosa gravissima è che nel frattempo perdiamo tempo, generiamo incertezza nei comuni e negli uffici tecnici, fiacchiamo la vena ecologica ed ambientalista delle amministrazioni pubbliche e riduciamo i piatti a tavola, come se tutti in Italia fossero stipendiati e le risorse per pagare gli stipendi non venissero da chi produce».

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