Grano, ok alla coltivazione di 100mila ettari in più in Puglia

Grano, ok alla coltivazione di 100mila ettari in più in Puglia
di Rita DE BERNART
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Lunedì 28 Marzo 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:34

Rafforzare la sicurezza economica e l’approvvigionamento alimentare: grazie agli interventi straordinari della commissione Europea anche in Puglia sarà possibile mettere a coltura ulteriori 100mila ettari di terreno. E, a partire dalla prossima stagione, i terreni seminati a grano e cereali antichi nella regione potrebbero raddoppiare. Obiettivo prioritario: aumentare la produzione aggiuntiva di grano duro per la pasta, di tenero per fare il pane e di mais per gli allevamenti. E svincolarsi almeno in parte dal nodo dell’importazione e dalla mannaia dei rincari.

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Il via libera

Non una semplice speranza ma una prospettiva concreta a cui si guarda dopo l’ultimo provvedimento in materia di agricoltura da parte dell’Ue: nei giorni scorsi è stato varato un pacchetto di azioni a breve e medio termine al fine di implementare la sicurezza alimentare, ampliando la capacità di produzione dell’Ue, e di sostenere gli agricoltori e i consumatori. Alla base del provvedimento la crisi causata dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dei costi di produzione, come l’energia e i fertilizzanti.

E le inevitabili ricadute del conflitto in Ucraina. Il pacchetto prevede in totale un sostegno di 500 milioni di euro, anche attraverso l’utilizzo della riserva di crisi, per sostenere i produttori più colpiti dalle gravi conseguenze della guerra. Tra le misure dunque è stata approvata una deroga straordinaria e temporanea per consentire la produzione di colture per scopi alimentari e mangimi su terreni incolti; il tutto mantenendo, per gli agricoltori, l’intero livello del pagamento per l’inverdimento. 

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Le associazioni


«Le superfici seminate – commenta Savino Muraglia di Coldiretti Puglia - potrebbero ulteriormente raddoppiare già a partire dalla prossima stagione, con la produzione di grano che deve puntare sull’aggregazione, essere sostenuta da servizi adeguati e tendere ad una sempre più alta qualità, scommettendo esclusivamente su varietà pregiate, riconosciute ormai a livello mondiale. Dal Senatore Cappelli al Gentil Rosso, presentanti al mercato dei contadini di Lecce». Lo sblocco dei terreni fermi per scarsa redditività però non è sufficiente. «Con gli interventi straordinari – continua Coldiretti - può essere garantita anche in Puglia la messa a coltura di oltre 100mila ettari lasciati incolti per la insufficiente redditività, per gli attacchi della fauna selvatica e a causa della siccità ma occorre anche combattere la siccità con investimenti strutturali per realizzare piccoli invasi che consentano di conservare e ridistribuire l’acqua».

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L’intera filiera infatti, in Italia come in Puglia, è in affanno: oltre alle incertezze sull’importazione si temono la siccità e le speculazioni. «Ad essere più penalizzati - segue ancora l’associazione degli agricoltori- con i maggiori incrementi percentuali di costi correnti sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato. Il taglio dei raccolti causato dall’incremento dei costi rischia di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l’Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta».
Più critica la posizione di Confagricoltura Lecce che ritiene l’attuale situazione una conseguenza di una discutibile politica europea negli ultimi 30 anni. «L’Unione Europea- dice il presidente Adriano Abate - dovrebbe cambiare strategia: smettere di pagare gli agricoltori per tenere i terreni a riposo e sostenere invece la produttività: dare i soldi per portare a frutto e a reddito. A parte lo slogan, ma in realtà non c’è mai stato un limite alla coltivazione del grano, occorre fornire gli strumenti. Il vero limite per questa coltivazione sono i costi di produzione. Nel leccese la resa media è di 25 quintali per ettaro per 50 euro a quintale di produzione lorda vendibile. Ma i costi di produzione sono altissimi, oltre 1000 euro per ettaro e con tutti i rincari e i prezzi raddoppiati, dal gasolio alla granella, nell’ultimo anno si arriva a 2000. L’agricoltura è a tutti gli effetti una attività di impresa non solo di custodia del paesaggio. L’incentivo va dato per la produzione. Nel foggiano si arriva a una resa di 50-60 quintali per ettaro. Ci sono territori più vocati per qualità del terreno e vanno sostenuti».

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