L'Europa: «Rotazione sui campi per la produzione di grano»

L'Europa: «Rotazione sui campi per la produzione di grano»
di Maurizio TARANTINO
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Martedì 17 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:37

La produzione di grano pugliese dovrà fare i conti con le nuove regole europee a partire dal gennaio 2024. La Politica agricola comunitaria infatti (Pac) che durerà fino al 2027, obbliga i coltivatori a non seminare la stessa coltura per due anni consecutivi pena la mancata erogazione dei sussidi europei che possono arrivare anche a 150 euro ad ettaro coltivato. Bruxelles non vuole che si continui la pratica della monosuccessione, cioè dell’uso univoco delle colture sullo stesso terreno, per evitare l’impoverimento del suolo dalle sostanze nutritive, la maggiore sensibilità ai parassiti e alle erbe infestanti. Una tutela della biodiversità che le nuove regole hanno come priorità e che sono state rimandate di un anno visto che sarebbero dovute entrare in vigore lo scorso gennaio. Di certo si tratta di una pratica, quella della rotazione, che l’uomo conosce da quando esiste l’agricoltura ma che in tempi recenti, con le coltivazioni intensive, in molti casi non è stata sempre rispettata causando danni irreparabili alle estensioni nazionali. 

Le norme


Per questo l’Unione europea ha elaborato una serie di norme tra cui proprio la Bcaa 7, cioè una delle «Buone condizioni agronomiche e ambientali»che, nello specifico riguarda la «Rotazione delle colture nei seminativi, ad eccezione delle colture sommerse» e che si applica alle superfici a seminativo in pieno campo, eccetto le colture con protezioni e non a quelle permanenti (frutteti, vigneti, oliveti), ai prati e pascoli e alle colture in serra e tunnel. «La Bcaa 7 obbliga una rotazione che consiste in un cambio di coltura almeno una volta all’anno a livello di parcella», spiega Angelo Frascarelli, docente di Economia e Politica Agraria Università di Perugia. «Questo obbligo non si applica nel caso di colture pluriennali, erbe e altre piante erbacee da foraggio e terreni lasciati a riposo. Il cambio di coltura è inteso come cambio di genere botanico per cui la successione di due colture (ad esempio mais-mais o grano-grano o tabacco-tabacco) non rispetta la Bcaa 7». In Italia ad avere conseguenze importanti da questa decisione saranno la Pianura Padana dove si coltiva il mais necessario in particolare per la zootecnia, cioè l’alimentazione degli allevamenti e il Tavoliere delle Puglie, da sempre considerato il granaio d’Italia. 

La deroga


Proprio i coltivatori pugliesi però saranno esentati dall’obbligo che avrebbe impedito loro di ricevere i sussidi per le buone pratiche perché rientrano in una zona con un clima molto caldo. «Nelle parcelle a seminativo condotte in regime di aridocoltura - continua Frascarelli -, giustificabile sulla base del clima caldo-arido e delle caratteristiche del terreno, è ammessa la coltivazione della stessa coltura sul medesimo per due anni consecutivi (per esempio il grano duro) a condizione che il terreno sia inserito in una rotazione almeno triennale e che una quota pari ad almeno il 35% della superficie delle parcelle dell’azienda sia destinata ogni anno ad un cambio di coltura principale». 
L’individuazione delle aree in regime di aridocoltura compete alle Regioni.

La Regione Puglia, con delibera della Giunta regionale dell’8 agosto 2023, ha individuato l’intera Regione a clima caldo arido quindi si potrà derogare per quanto riguarda i terreni a seminativo condotte in regime di aridocoltura. La coltivazione per due anni consecutivi è ammessa, purché ci sia una rotazione almeno triennale, cambiando coltura il terzo anno e almeno il 35% della superficie delle parcelle dell’azienda deve essere destinata ogni anno ad un cambio di coltura principale. Il mais è la coltura principale di tutte le regioni del Nord, dal Piemonte (1,2 milioni di tonnellate prodotte nel 2022, pari al 26,6% del totale nazionale, di cui il 10,6% nella sola provincia di Torino) alla Lombardia (1,17 milioni, cioè il 24,9%), fino al Veneto (1,04 milioni, ossia il 22,1%) e il grano duro del Sud, dalla Puglia (802 mila tonnellate prodotte nel 2022, che corrispondono al 21,4% del totale nazionale, di cui il 16% nella sola provincia di Foggia) alla Sicilia (682 mila, pari al 18,2%). Per quanto riguarda le produzioni di mais, una delle soluzioni avallata dal Ministero dell’Agricoltura è quella dell’uso di una coltura secondaria che però deve essere portata al termine del ciclo produttivo, restando nel campo almeno 90 giorni e non estirpata prima.

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