Le piazze come un teatro: ecco le bande, storia e tradizione della Puglia

Dall’Ottocento un amore coltivato da nonni e nipoti: ora legge per la tutela

Le piazze come un teatro: ecco le bande, storia e tradizione della Puglia
di Stefano MARTELLA
5 Minuti di Lettura
Sabato 2 Luglio 2022, 10:09 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 21:29

La formazione dei primi gruppi bandistici pugliesi risale ai primi dell'Ottocento. Se ne segnala la presenza a Orsara di Puglia, in provincia di Foggia, a Acquaviva delle Fonti in provincia di Bari, per poi affermarsi in modo sempre più consistente in moltissimi paesi della regione. In quegli anni la caratteristica principale di queste formazioni musicali era la natura popolare, per l'estrazione sociale dei componenti, per lo più artigiani, bottegai, barbieri, più raramente anche contadini. Da quell'epoca ne hanno fatta tanta di strada le bande pugliesi. Si sono trasformate, si sono specializzate, fino a forgiare talenti musicali di livello nazionale. Ma su un punto sono rimaste sempre fedeli: l'identità.

La tradizione e la legge per tutelarla


È grazie alla banda se il popolo pugliese, impossibilitato ad andare a teatro, ha conosciuto l'opera.

Dalle bande moltissima gente, fino a trent'anni fa, ha imparato a conoscere le opere liriche, brani sinfonici che non avevano mai sentito altrove. La banda porta ancora oggi il teatro tra la gente, nelle suggestive casse armoniche luminose, palcoscenici che trasformano le piazze in teatri popolari. Ma i tempi attuali hanno messo in crisi anche questa colonna identitaria. «Adesso la banda è diventata un po' la Cenerentola delle arti musicali. Fino a poco tempo fa i primi strumenti delle migliori orchestre italiane erano strumentisti che provenivano dalle bande meridionali, soprattutto pugliesi, ma anche abruzzesi e campane» ricorda Giovanni Pellegrini, maestro della banda di Lecce. Un'istituzione che ha bisogno di una mano. In questa direzione va la proposta collettiva di legge regionale per salvaguardare un patrimonio tradizionale come quello delle bande da giro avanzata nella VI commissione Cultura presieduta dal consigliere regionale dem Donato Metallo. «La banda è la festa stessa. Lo è ancora oggi quando in piena notte, nella piazza della mia città piena di gente, aspettiamo in religioso silenzio l'ultimo atto della festa: il Bolero di Ravel. Anche per questo ho avviato l'iter della legge pugliese sulle bande da giro. Per valorizzarle, sostenerle, salvarle» spiega Metallo. «Le nostre bande significano territorio, tradizione, folklore, comunità» ha evidenziato Graziano Cennamo, presidente di PugliArmonica, secondo il quale «il movimento bandistico pugliese aveva la necessità di un riordino e allo stesso tempo di risorse economiche, preziose per fare in modo che questa tradizione non perda quel mordente che ha sempre avuto».

 


Tirano un sospiro di sollievo i protagonisti, i maestri bandisti. Quanti ricordi scivolano nel passato. Angelo Schirinzi, maestro della banda di Conversano, si vede ancora bambino con i pantaloncini corti, mentre la banda girava per i vicoli del paese e lui a rincorrerla, provando ad acciuffare quella serenità, quella gioia che trasmetteva. Anche per lui la figura del nonno è stata cruciale. «Mio nonno era un sassofonista della banda di Conversano negli anni '30 e lui mi trasmise questa grande passione per la banda e per la musica» spiega. Anche per Gaetano Cellamara, direttore della banda di Rutigliano, la figura che ha sancito la nascita di una passione è la stessa che ha accomunato tantissimi bambini: il nonno. «La mia passione per la banda nasce fin da piccolo - ricorda Cellamara - quando il nonno, durante le feste del paese, mi veniva a prendere e mi portava a sentire la banda. Ero attratto da tutte quelle persone che soffiando in quegli strumenti facevano uscire suoni che penetravano nel mio corpo e io vibravo di gioia. Quando poi quell'unica persona senza strumenti, con i suoi movimenti parlava con i musicanti, io ero ancora più attratto e dicevo al nonno: da grande voglio essere come lui, voglio portare a tutti quello che sento».
«Organismo meraviglioso». Giovanni Pellegrini, maestro della banda di Lecce, definisce con queste due parole l'istituzione bandistica. La sua passione per questo antico mestiere è nata da un rapimento in piena regola. «Tutto iniziò all'età di quattro anni - ricorda il maestro - era il 1965, il giorno di San Vito, che è il patrono di Polignano. Passò la banda vicino casa mia e fui immediatamente attratto da questo suono. Anzi, fui letteralmente catturato. Per questo iniziai a seguirla. Fu un bel problema, perché mi persi completamente dentro il paese. Per fortuna dei musicisti della banda mi riaccompagnarono a casa». Fu la scintilla che fece nascere la passione. All'età di sette anni il maestro Pellegrini disse al padre che voleva iniziare a prendere lezioni di musica. All'epoca in un piccolo paese come Polignano a mare, l'unico in grado di poter insegnare musica era proprio il capobanda. «Così iniziai continua a ricordare Pellegrini ma non potevi scegliere uno strumento in particolare, te ne veniva affidato uno in base alle disponibilità. Quindi mi diedero un tricorno soprano. E iniziai a studiare. Dopo due anni mi fecero fare la prima comparsa in banda, poi a undici mi iscrissi definitivamente in conservatorio». Così fu sancito un vero e proprio matrimonio. Per lui come per tanti altri maestri bandisti pugliesi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA