Medicina, picco di richieste per trasferirsi in Puglia: nodo esami all'estero

Medicina, picco di richieste per trasferirsi in Puglia: nodo esami all'estero
di Giuseppe ANDRIANI
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Giovedì 29 Dicembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 04:22

Bagarre in Università: solo a Bari sono circa 470 gli studenti che hanno frequentato un corso di Medicina (o similare) in un altro ateneo o all’estero e che hanno chiesto l’accesso. I posti sono solo otto. E derivano tutti dalla rinuncia di ragazzi e ragazze che hanno deciso di non portare avanti il proprio percorso di studi. Il dibattito è stato aperto da una sentenza del Tar di Bari che ha dato ragione all’Università degli Studi di Bari che aveva “bocciato” l’ingresso di un ragazzo laureato in Romania che chiedeva di poter accedere all’ultimo anno. 
«Medicina è un corso di laurea a numero chiuso - ricorda Michele De Fazio, coordinatore del Corso di Laurea in Medicina dell’Università di Bari -, si liberano alcuni posti perché c’è chi non arriva in fondo. E questi posti vengono messi a bando dall’ateneo. E ovviamente gli studenti che frequentano in altri atenei fanno domanda per poter rientrare nell’anno immediatamente successivo rispetto al proprio. Quando si presenta la domanda, si allegano gli esami sostenuti, che noi valutiamo e paragoniamo a quelli del nostro corso di studi. Però attenzione: ogni corso ha una propria identità ben definita. Per questo la valutazione dev’essere attenta e scrupolosa non soltanto per chi arriva dall’estero ma anche per chi studia in altri atenei italiani, bisogna calcolare i crediti e gli esami già sostenuti. La valutazione passa da un algoritmo, che determina matematicamente la graduatoria». 
Discorso semplice e lineare. Il problema esiste nella misura in cui arrivano 468 domande dall’estero e vi sono appena otto posti per la Facoltà di Medicina. «Però, faccio un esempio: se uno studente di Bari chiedesse il trasferimento all’Unisalento il problema sarebbe identico. Perché i due corsi, per scelta, sono ben diversi per caratteristiche», prosegue De Fazio. 

Domande anche dall'Italia

E la stessa linea vale tanto per chi studia in Italia quanto per chi studia all’estero. Arrivano diverse domande ogni anno di studenti italiani che hanno deciso di iscriversi in alcuni Paesi, prevalentemente dell’Est (su tutti Albania, Romania, Bielorussia e fino allo scoppio della guerra anche Ucraina). Domande che puntualmente rimangono inevase, non per una preclusione preliminare ma perché i programmi di studio sono molto spesso profondamente diversi tra quelli dei Paesi dell’Unione Europea, e quindi l’Italia, e quelli delle nazioni che sono fuori dall’Ue. 
Il caso è stato aperto dalla sentenza del Tar di Bari che ha bocciato il ricorso di uno studente che si era laureato in Odontoiatria a Iasi (Romania) e chiedeva l’accesso all’ultimo anno in Uniba.

Due anni fa l’Università di Bari aveva dato parere negativo, non ravvisando i presupposti necessari tra gli esami svolti presso l’ateneo romeno. E la vicenda è quindi finita al Tribunale Amministrativo Regionale, che ha dato ragione all’Università, con una sentenza che a questo punto potrebbe anche fare scuola in materia.

Il problema, per altro, è diffuso un po’ ovunque, soprattutto tra i grandi atenei. E non riguarda, come scritto, solo l’estero. Per chi però ha studiato fuori dai confini nazionali il problema diventa duplice: perché se da un lato il discorso riguarda l’accesso al sistema universitario italiano per poi completare il ciclo nel nostro Paese, dall’altro lato c’è il rebus dell’equivalenza e dell’equipolenza, che viene regolamentato direttamente dal Ministero dell’Università e della Ricerca. «I titoli accademici di studio stranieri non hanno valore legale in Italia. Pertanto - qualora debbano essere utilizzati nel nostro paese in vari ambiti - è necessario chiederne il riconoscimento. Esso comporta un diverso percorso a seconda che il riconoscimento sia destinato a conferire valore legale al titolo attraverso il riconoscimento accademico o sia destinato a permettere di ottenere l’accesso ai pubblici concorsi o benefici specifici. In tal senso, si devono attivare due diversi procedimenti regolati da norme differenti. Tali norme segnano una precisa scansione del processo amministrativo da avviare e dei documenti da presentare: il giudizio di riconoscimento finalizzato (la vecchia Equivalenza) è un giudizio collegato a un caso specifico in base al quale si accerta che il titolo di studio estero equivale a un titolo di studio italiano, senza per questo conferire valore legale al titolo (articolo 5 legge 148 del 2002 di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lisbona sul riconoscimento dei titoli di studio dell’insegnamento superiore nella regione europea); la dichiarazione di riconoscimento accademico (la vecchia Equipollenza) è un’analisi dettagliata del percorso di studi al cui termine l’atto dichiarativo conferisce valore legale al titolo e riconosce la validità del titolo straniero in Italia, assimilandolo una tantum a un titolo italiano e consentendone tutti gli usi ad esso collegabili (articoli 2 e 3 legge 148 del 2002 di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lisbona sul riconoscimento dei titoli di studio dell’insegnamento superiore nella regione europea)». 
A carte scoperte: è tutto piuttosto complicato. Studiare all’estero presenta dei problemi per rientrare o lavorare in Italia con quel titolo. Il tutto mentre, parallelamente, dal Mur arrivano finanziamenti per il rientro dei cervelli in fuga come dottori di ricerca. Ma questa è tutta un’altra storia.

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