Intervista al ministro Sangiuliano: «In Puglia lavoreremo con i sindaci sul patrimonio culturale: è un potenziale inespresso»

Intervista al ministro Sangiuliano: «In Puglia lavoreremo con i sindaci sul patrimonio culturale: è un potenziale inespresso»
di Paola ANCORA
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Martedì 15 Agosto 2023, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 16 Agosto, 13:45


La cultura non si ferma e a Ferragosto rilancia. Il ministro Gennaro Sangiuliano riunirà oggi i direttori generali per pianificare le attività da portare avanti alla ripresa dei lavori del Governo. Poi, nel pomeriggio una visita al Colosseo per la mostra “Gladiatori nell’Arena. Tra Colosseo e Ludus Magnus” e al Museo Nazionale Romano-Terme di Diocleziano, in questa giornata che molti - anche in Puglia - sceglieranno di trascorrere fra esposizioni d’arte e visite guidate alla scoperta dell’immenso patrimonio artistico e monumentale italiano.


Ministro, la Puglia del turismo vive un momento di difficoltà legato al caro prezzi. Secondo alcuni, si paga lo scotto di aver investito tanto sul turismo balneare e ancora troppo poco su quello culturale, destagionalizzando. Cosa ne pensa?
«La Puglia ha un grande potenziale turistico-culturale. Come il resto d’Italia, ha una stratificazione di importanti civiltà: dal mondo greco a quello romano, quello bizantino e poi la significativa presenza dei Normanni e ancora degli Svevi, degli Angioini e degli Aragonesi. Il tutto impreziosito dal fatto che la sua posizione geografica ne ha fatto una porta verso l’Oriente. Sono stato di recente al Museo Archeologico di Taranto, uno dei più rilevanti al mondo, a quello di Altamura e nella cava abbandonata di Pontrelli dove sono state rinvenute impronte di dinosauri che gli studiosi fanno risalire al periodo Cretaceo (70 milioni di anni fa). Sono sempre rimasto impressionato da Castel del Monte, voluto da Federico II: opera di bellezza unica. Con il decreto che ha avuto una prima approvazione da parte del Consiglio dei Ministri abbiamo portato a 60 il numero dei musei autonomi. Tra questi c’è il Castello Svevo di Bari. Autonomia significa maggiori risorse e managerialità nella gestione, possibilità di intervenire con pronta efficacia. La transizione verso un modello turistico più diversificato richiede tempo, investimenti strategici e sforzi coordinati. La diversificazione delle offerte turistiche, con un maggiore focus sul turismo culturale, potrebbe aiutare la Puglia. La nostra parte la stiamo facendo».


Trova che la Puglia abbia un valore ancora inespresso dal punto di vista del patrimonio artistico-storico-museale da mettere a frutto?
«Assolutamente sì, la Puglia ha un grande potenziale inespresso dal punto di vista del patrimonio artistico, storico e museale che può essere ulteriormente valorizzato e sfruttato per promuovere il turismo culturale e attrarre visitatori tutto l’anno. Parliamo di una regione ricca di storia e cultura, con una serie di siti storici, architettonici e artistici che coprono diverse epoche e stili. Oltre a quanto già ricordato, vorrei richiamare la città di Lecce famosa per il suo stile barocco e le sue splendide chiese e palazzi. Allo stesso modo, Alberobello e la Valle d’Itria sono famosi per i trulli, unico esempio di architettura rurale con tetti a cono. La regione ospita anche siti archeologici di grande valore, come la città romana di Egnazia e il parco archeologico di Siponto. Inoltre, ci sono numerosi musei che custodiscono collezioni di arte e manufatti storici, offrendo un’opportunità per gli amanti dell’arte e della storia di approfondire la loro comprensione della regione. Per sfruttare in pieno questo patrimonio, potrebbe essere utile sviluppare itinerari culturali, il ministero è pronto a lavorare con gli enti locali».


Quale futuro per il sistema museale pugliese, a partire dal MarTa di Taranto e ora dal Castello Svevo di Bari? Anche in questo caso, c’è un potenziale tutto ancora da esprimere?
«Il MarTa custodisce un’incredibile collezione di reperti archeologici che raccontano la storia della città e delle civiltà che l’hanno abitata nel corso dei secoli. Ad aprile è stato presentato il gruppo scultoreo di “Orfeo e le Sirene”, tre statue in terracotta a grandezza quasi naturale, con i frammenti dei riccioli delle loro capigliature, del IV secolo a.C., opera di inestimabile valore frutto di uno scavo clandestino in un’area archeologica della zona negli Anni Settanta e successivamente esportata illecitamente negli Stati Uniti d’America e recuperate dai Carabinieri. Per Taranto, inoltre, presto partirà la Biennale del Mediterraneo, una rassegna diffusa in virtù di una collaborazione tra Ministero, Regione e Comune che potranno avvalersi del supporto autorevole del MAXXI. L’evento coinvolgerà anche il territorio di Brindisi. Anche grazie all’autonomia, il Castello Svevo di Bari potrà consolidare il suo ruolo di centro museale ed espositivo per l’intero sistema culturale pugliese».


Oggi il MarTa è affidato a un reggente. Quando sarà nominato il nuovo direttore?
«È in atto una selezione, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. È stato diramato un bando pubblico scaduto lo scorso 14 luglio. Il nuovo direttore sarà nominato al termine della procedura, che si concluderà entro il 15 novembre e che comprende altri 9 istituti autonomi, tra cui gli Uffizi e Capodimonte. Adesso una commissione indipendente farà le sue valutazioni. Meccanismo che vale, ovviamente, anche per Taranto. Puntiamo a selezionare professionisti di altissimo profilo e competenza. Trattandosi di un istituto di seconda fascia, il direttore sarà scelto dal Direttore generale musei nell’ambito della terna che la commissione di valutazione gli sottoporrà».


Nei giorni scorsi vandali hanno imbrattato la Galleria Vittorio Emanuele a Milano. Un fenomeno, lo sfregio dei nostri beni artistici e architettonici, amplificato dai social. Ritiene sia necessario aggiornare la normativa che punisce questo genere di reati, adeguandola ai tempi?
«Il danneggiamento al frontone della Galleria Vittorio Emanuele II a Milano con vernice spray è l’ultimo di una serie di atti gravissimi. Gli inquirenti ci diranno come va collocato questo gesto. Il rispetto per i beni pubblici e per i nostri immensi tesori artistico-architettonici deve affermarsi sempre più come valore assoluto, a partire dalla scuola e fino agli strumenti social che troppo spesso rilanciano le gesta di veri e propri vandali. Ci siamo immediatamente mossi promuovendo un disegno di legge che punta a far pagare ai responsabili di questi gesti gli ingenti costi degli interventi di ripristino. Il ddl varato dal governo è già stato approvato in Senato, dopo la pausa estiva contiamo di arrivare al via libera definitivo con l’ok della Camera. La novità è nel fatto che la sanzione pecuniaria verrà comminata dai prefetti. Le sanzioni penali restano riservate all’autonoma valutazione dei giudici penali. Il Ministero, intanto, si sta costituendo parte civile in vari processi contro gli eco-vandali».


A proposito di questo, sono sempre più frequenti gli episodi di imbratta “senza danno” i monumenti per sensibilizzare al cambiamento climatico e chiedere politiche più efficaci per salvare il pianeta. Qual è il suo pensiero al riguardo?
«Il “senza danno”, come dice Lei, è tutto da verificare. Innanzitutto c’è sempre un danno economico. Anche solo per pulire, occorre chiamare ditte specializzate con macchinari costosi che si fanno pagare decine di migliaia di euro e che sono costrette a impiegare ingenti quantità di un bene prezioso come l’acqua. Paga la collettività, ovviamente. Poi abbiamo chiesto agli esperti di valutare se non resta un danno permanente, magari poco visibile. Purtroppo questa eventualità non è stata esclusa. Guardi, chi in nome della tutela dell’ambiente, fine nobile che condivido, attacca i monumenti è come se attaccasse l’ambiente. Gli studiosi parlano di antropizzazione dell’ambiente, il Colosseo a Roma, Palazzo Vecchio a Firenze, il Maschio Angioino a Napoli, le tante cupole delle nostre città, tanto per fare degli esempi, sono parte del paesaggio come i monti, i fiumi, il mare».


Lei ha rilanciato la necessità, a suo avviso, di fare pagare l’ingresso in tanti luoghi della cultura italiana. È una scelta di principio o di bilancio?
«Di recente il Guggenheim ha rincarato il suo biglietto a 30 dollari. Le faccio io una domanda: gli Uffizi che costano 25 euro valgono meno del Guggenheim? Sia ben chiaro, non sto dicendo che dobbiamo alzare il prezzo. La Svezia, invertendo una tradizione storica, ha deciso di far pagare i suoi musei. L’Italia ha un sistema di gratuità molto ampio. Fino a 18 anni, tutti i giovani dell’Ue non pagano nulla, fino a 25 anni solo 2 euro. Ci sono le domeniche gratuite, una al mese, a cui ho aggiunto tre date simbolo della nostra storia: 25 aprile, 2 giugno e 4 novembre. I disabili e i loro accompagnatori, come è sacrosanto, non pagano. Così, gli insegnanti che accompagnano le scolaresche. Non tutti al mondo sono generosi come noi. Abbiamo fatto pagare il Pantheon, ma i residenti a Roma sono esenti e una parte dei proventi va in opere di carità. Se una cosa vale va pagata, andare in un museo italiano è un’esperienza che arricchisce la conoscenza e lo spirito. Sappiamo che molti turisti pagano centinaia di euro in alberghi lussuosi. E gli stessi non dovrebbero pagare poche decine di euro per entrare a visitare meraviglie irripetibili? Si faccia un giro sui siti di alcuni musei europei. Qualcuno scrive che alcuni grandi musei inglesi non si pagano. Si informino bene. Non si paga la collezione permanente, ma le mostre vengono pagate profumatamente. Inoltre, esiste nel Regno Unito un sistema di detrazioni fiscali per chi fa donazioni molto particolare. Mi faccia fare un ragionamento importante».
Prego.
«Se rendessimo totalmente gratuiti i musei dovremmo togliere dal bilancio dello Stato milioni di euro di incassi e farli ricadere sulla fiscalità generale. Quindi, il museo gratuito per il turista milionario americano ricadrebbe sull’operaio italiano. Facciamo pagare il giusto con un sistema di gratuità esteso».

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