La Cgil in piazza venerdì, Gigia Bucci: «I giovani scappano dalla Puglia, ora basta: servono investimenti e un lavoro meno precario»

La Cgil in piazza venerdì, Gigia Bucci: «I giovani scappano dalla Puglia, ora basta: servono investimenti e un lavoro meno precario»
di Giuseppe ANDRIANI
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Mercoledì 15 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 10:49

Anche i sindacati pugliesi in piazza venerdì. Cgil e Uil annunciano la mobilitazione, con dei presidi davanti alle Prefetture nei sei capoluoghi di provincia, e l’1 dicembre una manifestazione a Bari (in contemporanea con quella di Napoli per il Sud). Tra le richieste dei sindacati anche una serie di investimenti «in sviluppo per dare risposte ai giovani del Sud che continuano ad emigrare», come racconta la segretaria della Cgil Gigia Bucci.
 

Segretaria, in piazza venerdì per dare innanzitutto un segnale al Governo. Viste dal Sud, quali sono le rivendicazioni più urgenti?
«Tante e tutte richiedono risposte. Un’emergenza è legata all’inflazione e alla perdita drammatica di potere d’acquisto di salari e assegni pensionistici, che al Sud e in Puglia sono tra i più bassi del Paese.

C’è da investire in sviluppo per creare nuova occupazione e dare risposte soprattutto ai giovani che continuano ad emigrare. C’è da difendere il diritto costituzionale alla salute, perché – lo denuncia anche l’ufficio studi del Parlamento – rischia di saltare il Sistema sanitario nazionale. C’è da utilizzare la leva fiscale per ridistribuire ricchezza, mentre c’è chi si arricchisce e specula e chi – sempre e solo lavoratori e pensionati – sono i primi a pagare il prezzo della crisi».

Il primo dicembre lo sciopero arriverà al Sud, in particolare a Napoli e Bari. Siete stati tra i primi a opporvi al disegno di Autonomia Differenziata. La posizione non è cambiata. Quanto è preoccupata?
«Il governo e il ministro Fitto dovrebbero spiegare lo strabismo che spinge a commissariare di fatto tutte le autonomie locali nel Mezzogiorno, togliendo titolarità su risorse come quelle del Fondo Sviluppo e Coesione assegnate prevalentemente alle regioni del Sud – per non parlare dei tagli ai progetti del Pnrr – e dall’altro lato si pensa a delegare alle regioni più ricche quasi tutte le deleghe oggi in capo allo Stato su materie molto delicate. Siamo ovviamente preoccupati e il tema dell’autonomia è dentro la nostra mobilitazione».
Il suo sindacato, in Puglia, è impegnato anche nella battaglia contro il dimensionamento scolastico. Come ridurre i divari tra Nord e Sud nel campo dell’istruzione?
«L’istruzione è un altro diritto universale garantito dalla Costituzione. Da anni il settore vive di tagli, dimensionamenti, accorpamenti, redistribuzione di scuole e plessi, che hanno poi pesanti ricadute non solo in termini di riorganizzazione pedagogico-didattica ma anche sul livello degli organici del personale, nei carichi di lavoro, nella qualità della vita nelle classi. La scuola è un presidio culturale e sociale fondamentale soprattutto in aree di maggior disagio. La Puglia già è tra le regioni con il più alto di abbandono scolastico, la povertà educativa è un’emergenza che richiede investimenti e non approcci manageriali».

La ripresa economica post covid in Puglia è sembrata quasi un bluff, perché troppo fragile. È davvero così?
«La ripresa post Covid si è scontrata con l’aumento delle materie prime energetiche conseguente alla guerra in Ucraina. Anche qui c’è stata tanta speculazione che ha determinato extra profitti. A pagare ancora una volta sono stati lavoratori e famiglie. Ma non può bastarci l’aumento del Pil se non determina benessere collettivo, redistribuzione della ricchezza. Una crescita senza lavoro o con lavoro precario e povero si traduce in aumento delle disuguaglianze. Nel primo trimestre dell’anno su 277mila rapporti di lavoro attivati, 255mila sono stati a tempo o con forme atipiche e precarie. Serve spingere il sistema delle imprese alla crescita dimensionale e produttiva, serve investire su innovazione e lavoro qualificato. Serve completare le reti infrastrutturali. Ma questo governo non ha alcuna pallida idea di politiche industriali. Basta vedere come svende assets importanti del Paese e come gestisce la crisi ex Ilva».
Stipendi e pensioni: sempre più basse al Sud. In Puglia un pensionato su sette – secondo l’Istat – percepisce meno di 500 euro al mese di pensione. Come intervenire?
«Non c’è una sola azione: i salari crescono come detto generando buona occupazione, lavoro di qualità. Servono rinnovi contrattuali che colmino l’erosione prodotta dall’inflazione: nel 2022 le principali multinazionali di beni di consumo hanno aumentato i propri profitti, per questo diciamo che la crisi la pagano solo i lavoratori. Serve mettere mano alle politiche fiscali, una riforma previdenziale strutturale. Serve anche il salario minimo». 

Particolare anche la situazione dei medici. Sono pochi e c’è un problema sicurezza.
«Mai giustificare le aggressioni. Ai cittadini diciamo unitevi a noi, ai medici, a tutto il personale sanitario che sciopera venerdì proprio per difendere il Sistema sanitario nazionale pubblico. Perché vi siano investimenti e non tagli, come fa il Governo. Questo esecutivo riesce a fare cassa anche sul fondo per i disabili, taglia le indennità per i famigliare delle vittime di lavoro. Tante, troppe persone ormai rinunciano a curarsi, a fare prevenzione, per colpa delle lunghe liste d’attesa e perché non può accedere al sistema privato. Nella sanità come nella pubblica amministrazione, a fronte di organici fortemente sottodimensionati soprattutto al Sud, servirebbero assunzioni straordinarie, altro che tagli. Per questo è uno sciopero che parla a tutti i cittadini, non difende solo il lavoro».

 

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