Non vogliono essere costretti a lasciare le città al buio, ma chiedono fondi per riqualificare gli impianti di illuminazione e sanno già da quali panieri attingere. La risposta all’autunno della crisi energetica passa dai sindaci e, nelle prossime ore, verrà formalizzata: «Il problema colpisce tutti, imprese e famiglie. Le aziende, però, possono decidere di fare uno sbilanciamento e recuperare nell’anno successivo, mentre i Comuni sono obbligati all’equilibrio di bilancio. Quindi, o arrivano risorse e stringiamo la spesa, oppure rischiamo - tra qualche giorno - di decidere di spegnere le luci, come qui è già capitato per quelle puramente ornamentali e di attrattiva turistica. O persino di spegnere il riscaldamento nelle scuole, a ottobre e novembre», mette in chiaro Antonio Decaro. Il primo cittadino di Bari lo fa dall’hub pugliese del forum Ambrosetti, nella sessione dedicata al Pnrr, alla presenza di corpi intermedi e associazioni di categoria. I suoi colleghi dell’Anci sono pronti a rilanciare con una proposta organica: attingere dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e dai fondi dei Programmi Operativi Regionali di Bruxelles per rifare o migliorare l’impiantistica nei piccoli e grandi centri urbani, con il duplice vantaggio di dimezzare la bolletta e creare spazi di manovra economica nei bilanci. Niente pareri da richiedere e tempi stretti per la “messa a terra”, che potrebbero restringersi dai sei agli otto mesi, con una spesa prevista tra i 400 e i 2mila euro a corpo illuminante, a seconda dell’intervento. E poi impianti di rinnovabili nelle aree artigianali. Insomma, prima di discutere di modifica o adeguamento del Pnrr, tanto vale capitalizzarne al meglio le possibilità e accelerare.
Il piano dell'Anci
Il resto lo dirà oggi, nel corso di una conferenza stampa convocata da Anci a Bari, Ettore Caroppo, in fascia tricolore a Minervino di Lecce e successore di Domenico Vitto alla guida dei sindaci della regione.
Il grido d'aiuto delle imprese
Alle imprese non va meglio. Non lo dicono solo le previsioni cristallizzate dal forum, che raccontano di una forbice Nord-Sud sempre più larga. L’Italia cresce di 3,4 punti percentuali di Pil nell’anno in corso? Per il Mezzogiorno, sono soltanto 2,8 contro i 3,6 del Centro-Nord, almeno secondo l’associazione per lo sviluppo dell’industria. A patire di più il contraccolpo della guerra e delle sue conseguenze sono le realtà di piccole dimensioni, tanto più se la Puglia finisce nel report di Confartigianato tra le nove regioni nelle quali il boom dei costi dell’elettricità per le micro e piccole imprese supera il miliardo di euro. «Serve intervenire in maniera rapidissima e ci sono aziende, nella nostra regione, che producono vetro e pasta, ci sono i caseifici ma anche la farmaceutica e il turismo che non possono andare avanti. A questa gente, la bolletta mangerà il margine di utile, in tutto o in larga parte», racconta Sergio Fontana da presidente di Confindustria Puglia e Bari - Bat. Il modello è quello del titolo II Covid, varato da via Gentile nel pieno della pandemia. «È stata una misura eccezionalmente valida per il territorio. Mi auguro che, anche nell’ambito dell’energia, così come avvenuto per gli sgravi fiscali per i pannelli fotovoltaici sui tetti delle nostre aziende, si lavori a provvedimenti a sostegno delle imprese». Niente mezze misure: «Gli imprenditori fanno la storia non con i “se”, ma con i “nonostante”. E se c’è una certezza - chiude Fontana - è che noi, il 26 settembre, comunque vadano le elezioni, andremo a lavorare, avremo da chiudere il bilancio e pensare al budget per il 2023».
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