Politiche, l'intervista a Boccia: «A Sud una campagna diversa, qui il centrodestra frena. M5s? Vicini su molti temi»

Politiche, l'intervista a Boccia: «A Sud una campagna diversa, qui il centrodestra frena. M5s? Vicini su molti temi»
di Alessandra LUPO
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Giovedì 15 Settembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14:45

«La Puglia di oggi non è quella di 15 anni fa, grazie al lavoro della classe dirigente del centrosinistra. Emiliano? Il suo discorso sul M5s è rivolto all’elettorato della Destra, perché è lì che erodono voti». Francesco Boccia, deputato uscente del Pd e candidato capolista nel collegio plurinominale al Senato, tocca i temi caldi di una campagna elettorale dai tempi convulsi, che il centrosinistra ha deciso di giocare in buona parte in difesa contro l’avanzare del centrodestra.
In questi anni la Puglia è diventata centrale da molti punti vista, energetico, politico. È davvero così strategica?
«Sì, ha dimostrato negli ultimi anni di rappresentare un Sud diverso, che il riscatto lo ha cercato e trovato. Siamo consapevoli che alcune cose si potevano fare meglio, ma quando giro l’Italia sento con orgoglio che la trasformazione è avvenuta. Penso all’innovazione, alla ricerca, anche alla trasformazione industriale: ci sono una serie di embrioni di un’economia sostenibile che ora va attuata e sostenuta».
Molte battaglie pugliesi sono finite nel dibattito nazionale, tra tutte Ilva. Ma il territorio ha anche ospitato Enel, il Tap, stava per veder realizzato il rigassificatore a Brindisi. Siamo stati remissivi nel corso della storia?
«Le trasformazioni avvengono perché c’è un pezzo di società che gioca in posizione più avanzata: a volte sono i giovani, a volte la classe dirigente, altre volte sono le élite. La vicenda Ilva la conosco bene perché arrivai a Taranto da commissario inviato da Romano Prodi presidente del Consiglio. Sono stati gli anni più difficili della mia attività nelle amministrazioni non solo perché ricevetti subito delle minacce, ma perché c’era una situazione che non avevo mai toccato con mano, cioè il fallimento della pubblica amministrazione: nessuno seppelliva più i morti, c’erano gli autobus fermi, duemila lavoratori che bloccavano il ponte girevole, i cassonetti dell’immondizia pieni. Lo Stato aveva fallito. Uno dei miei primi atti fu scrivere ai Riva per chiedere l’adeguamento del pagamento dell’Ici, che era irrisoria rispetto al resto della città. Mi ritrovai contro associazioni, sindacati, anche qualche parroco. Ma da allora Taranto è cambiata, è una città simbolo del Mezzogiorno e sta diventando un modello. Non è un caso che Letta sia stato l’unico leader politico ad andarci in questa campagna elettorale. Noi porteremo avanti il progetto di sostenibilità per la città e quelli che continuano a dire che per rispondere alla crisi dell’energia bisogna tornare al carbone dovranno passare sul nostro corpo. E tra loro c’è tutta la destra, Calenda compreso».
Calenda è di destra?
«Sull’ambiente dice le stesse cose della destra, ma ha ancora il seggio del Pd. Un seggio che ha sottratto agli elettori del Partito democratico. Stessa cosa Renzi, e non a caso fanno fatica a venire a Taranto. Siamo preoccupati dalla deriva conservatrice della destra anche sui temi dell’energia».
Siete così sicuri che impostare una campagna elettorale sull’evocazione del pericolo della destra porti dei frutti dal punto di vista elettorale?
«Sui palchi sto mettendo a confronto le proposte. E sull’ambiente essere conservatori vuol dire tornare indietro. Perché se oggi l’Italia è al 40% di dipendenza dalle rinnovabili lo è per il centrosinistra e non potrà essere la guerra in Ucraina la scorciatoia per tornare al carbone e lasciare le cose come stanno, facendo felici alcune lobby della vecchia industria».
Utilizzare il carbone, però, non è una posizione ideologica, ma la strategia legata al momento contingente che vede d’accordo lo stesso ministro Cingolani.
«Non sono d’accordo con il mio amico Cingolani, per un motivo preciso: quando a novembre dello scorso anno andammo in Aula e la Federal Reserve e la Bce predissero un’inflazione al 2%, noi dicemmo che sarebbe stata molto più alta a causa del costo dell’energia e chiedemmo gli acquisti e gli stoccaggi comuni e il tetto al prezzo del gas. Se dopo un anno perdi quelle battaglie e per salvare la coscienza pensi che sia meglio tornare al carbone, io dico di no».
State facendo una campagna elettorale all’ultimo voto. Ma se ogni voto è così importante, dire - come ha fatto Emiliano - che votare Pd o M5s è uguale non è un errore madornale? Oppure Emiliano guarda oltre?
«È una “emilianata” che va tradotta. Nelle ultime campagne elettorali, io, Emiliano e pochi altri avevamo previsto che il M5s sarebbe tornato forte al Sud durante le Politiche dove oggi è concorrenziale, cresce e ruba voti alla destra, che intanto ha candidato solo catapultati in Puglia e ai locali ha imposto di non fare comizi. Emiliano, nel suo modo, ha detto: “Votate Pd perché è l’unico modo per battere la destra. Ma se proprio pensate di votare a destra, allora votate M5s perché in Puglia governiamo insieme”».
In tanti pensano che comunque ci sarà un’alleanza in Parlamento...
«Noi siamo sicuri che la destra non vincerà e che qui in Puglia la somma dei voti dei restanti schieramenti sia nettamente superiore. Ma ovunque metteremo insieme tutte le forze politiche alternative ai sovranisti, perché in ballo ci sono temi fondamentali come i diritti civili su cui non si possono fare passi indietro».
Sui temi del lavoro, ci sono due linee che sembrano inconciliabili: quella assistenzialista del M5s e quella più riformista del Pd. Come è possibile immaginare una successiva alleanza?
«Io cerco di ricucirle, non è un caso che qui ci fossero De Luca ed Emiliano insieme e la distanza tra le nostre posizioni e quelle del M5s è comunque molto minore della distanza siderale che c’è tra noi e la destra, che vorrebbe cancellare ogni forma di assistenza.

Vorrei ricordare che il Reddito di cittadinanza porta la firma di Luigi Di Maio, che non a caso ha scelto di essere all’interno della coalizione di centrosinistra. Perché credo che come noi condivida la necessità di difendere l’intervento verso le fasce deboli. Ma poi, proprio con le linee guida del Manifesto per il Sud presentato a Taranto, ci imponiamo di potenziare le politiche attive sul lavoro a cominciare dal Salario minimo, altro tema contro cui si è schierata la destra. Stesso discorso sulla decontribuzione del 30% per le assunzioni a tempo indeterminato nelle regioni del Sud: il governo Draghi, su impulso del Pd, stava trattando in Europa per rendere questo sconto strutturale. Ma saltò il governo, anche per colpa del M5s».

Raddoppio di Tap, rigassificatore offshore, estrazioni di gas in mare: troppi “no”? Non sarebbe il caso di accelerare?
«Noi abbiamo 1.300 giacimenti nei nostri mari. Quasi 800 sono inattivi. Degli altri 500 una quota minima garantisce i 4 miliardi di metri cubi di oggi. I costi di mercato fino a un anno fa non consentivano alle stesse aziende di estrarre il gas, quindi credo che al momento sia più urgente pensare a come rendere attivi quei pozzi. Quanto al raddoppio del gasdotto, penso che ci siano buone ragioni per prenderlo in considerazione. Non credo che vi sia alcuna contrarietà nel Pd e nel centrosinistra. Su Tap non siamo mai stati contrari, Emiliano si pronunciò solo sulla localizzazione dell’approdo».
Come si recuperano le compensazioni Tap: attraverso una legge per applicare il decreto Marzano o sedendosi a un tavolo con la società?
«Io penso che prima di far parlare le leggi ci si debba sempre sedere».
Chi dovrebbe convocare le parti? La Regione è frenata dall’esistenza di un processo contro la multinazionale.
«Anche con i Riva c’erano delle controversie giudiziarie, ma il tema va affrontato: è inevitabile».
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