Moda, il lusso frena: cassa integrazione 650 operai. Per molti sarà fino a febbraio

E' il caso del gruppo Gda di Galatina

Moda, il lusso frena: cassa integrazione 650 operai. Per molti sarà fino a febbraio
di Pierpaolo SPADA
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Domenica 12 Novembre 2023, 15:56 - Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 13:28

Il momento “no” del lusso, nella moda, continua. Inflazione, conflitti internazionali e ristrutturazione interna delle maison ostruiscono ormai la ripresa che, annunciata per settembre, ancora non si è vista. E sul territorio anche le imprese più solide ora sono costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali. È il caso del gruppo Gda di Galatina, amministrato da Pierluigi Gaballo: tre giorni fa ha comunicato ai sindacati l’esigenza di richiedere cassa integrazione ordinaria per tutti i suoi 457 dipendenti (394 operai, 61 impiegati e 2 apprendisti) per 13 settimane, dal 20 novembre al 17 febbraio 2024. Non è un laboratorio, né una piccola società. Gda è una delle realtà imprenditoriali in maggiore espansione nel Salento, punto di riferimento nel settore dell’abbigliamento, del tessile e degli accessori ma dal 2020 anche in quello dei dispositivi anti-Covid, al punto che piattaforme di servizi, fondi di investimento e brand le stanno addosso per rilevarne un pezzo, la maggioranza o l’intera quota azionaria. 

L'azienda

Gda è la fabbrica-atelier del territorio, con oltre 30 brand nel portfolio. Ormai tutti hanno imparato a conoscerla anche nel resto d’Italia come l’oasi dei vip, per il costante lavoro che i suoi fashion designer e operai sviluppano per i personaggi del mondo dello spettacolo a livello planetario, ultima in ordine cronologico Kylie Minogue. Ufficialmente l’azienda motiva il ricorso alla Cigo a causa del “perdurare della situazione di forte contrazione dell’attività produttiva in conseguenza degli impatti negativi sui mercati nazionali e internazionali determinati da cause esterne e non imputabili a responsabilità del datore di lavoro”. 
«Si tratta di una scelta che definirei preventiva.

Sicuramente in qualche reparto ci sarà un po’ di fermo fino ai primi mesi del 2024. A settembre - spiega Gaballo - la ripresa non è stata quella che si immaginava. La scarsa propensione all’acquisto della Cina e le guerre stanno rallentano il business dei grandi brand. Lo scoppio del conflitto in Medio Oriente sta avendo grande influenza su un bacino di consumo molto esteso. Senza dimenticare il problema-materie prime, che ancora fanno fatica ad arrivare. Più che una mancanza di commesse, non c’è continuità. E poi tanto sta accadendo anche all’interno delle case di moda. Il Covid ha generato magazzini pieni, ha portato cioè a creare una riserva probabilmente anche un po’ esagerata che in fase di ripresa i brand hanno fatto fatica a smaltire. Ma stanno cambiando gli assetti degli uffici stile e dunque anche le scelte stilistiche. Oggi - riflette l’imprenditore - si prevede che questa tendenza prosegua ancora per l’intero primo semestre 2024. Restiamo ad ogni modo fiduciosi: il 2023 non si chiude per noi in calo». 

In difficoltà il settore del lusso

I numeri parlano chiaro. Tutti i più importanti gruppi del lusso sono in difficoltà. Lvmh cresce meno del previsto e nel terzo trimestre 2023 il calo di Kering è a doppia cifra. E i riflessi impattano su tutta la gamma di imprese che compongono la catena contoterzista locale, soprattutto su quelle piccole e medie ma anche su quelle più grandi che disponendo di una filiera di produzione pressoché completa non possono scaricare il “fardello” sulle imprese dell’indotto. La fase di rallentamento sta interessando il calzaturiero - in quello pugliese il flusso di cassa integrazione è aumentato del 400% rispetto al periodo pre-Covid (fonte: Assocalzaturifici) - come l’abbigliamento e il tessile. Nell’ultimo mese e mezzo sono state trasmesse 11 richieste di cassa integrazione da altrettante aziende, per complessivi 184 lavoratori. Solo un’azienda dichiara di dover ricorrere agli ammortizzatori sociali per cause connesse alla “ciclicità del processo produttivo”, le restanti lamentano, rispettivamente, “sensibile contrazione degli ordinativi”, “forte e improvvisa riduzione di ordini e commesse”, “forte contrazione dovuta agli impatti negativi sui mercati nazionali e internazionali” e “impatti negativi legati all’emergenza in Ucraina”.

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