Mantovano: «Impossibile che in paese sia passato inosservato»

Mantovano: «Impossibile che in paese sia passato inosservato»
di Alessandro CELLINI
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Domenica 10 Gennaio 2016, 11:32
«Non si può immaginare che in un paese come Trepuzzi nessuno si sia accorto di niente». Non usa mezzi termini Alfredo Mantovano, magistrato ed ex sottosegretario al ministero dell’Interno, nel commentare uno degli aspetti più inquietanti della latitanza di Fabio Perrone, vale a dire quella «rete di complicità», come l’hanno chiamata gli investigatori, di cui ha potuto godere durante la latitanza.

Le ipotesi erano tante: tra queste anche che avesse lasciato l’Italia. Alla fine Perrone era a Trepuzzi, praticamente a casa sua. Com’è possibile?
«Se è possibile fare un confronto, vorrei ricordare che il capo dei Casalesi Michele Zagaria è stato arrestato nel suo comune, nel centro del paese. E tutti ricordiamo come Bernardo Provenzano, quasi dieci anni fa, fu arrestato dopo una lunga latitanza a tre chilometri da Corleone. Questo per dire che i luoghi dove ordinariamente avviene la latitanza sono quelli dove questi criminali sono nati e cresciuti. Hanno fatto molto bene le forze di polizia a stringere il cerchio attorno a Trepuzzi».

Gli investigatori hanno parlato di connivenze e omertà tra gli abitanti di Trepuzzi. Forse questo territorio non è come lo abbiamo raccontato in questi anni, più impermeabile di altri alle infiltrazioni della criminalità?
«Io farei una distinzione tra chi in questa vicenda ha avuto un ruolo di favoreggiatore - e mi pare che uno di questi sia stato già identificato e arrestato - e chi invece ha avuto un ruolo diverso. Esiste una rete - magari non amplissima - di favoreggiatori, che comprende non solo chi l’ha ospitato ma anche chi ha fornito questi mezzi. Ma non si può immaginare che in un paese come Trepuzzi la sua latitanza si sia potuta giovare solo una rete di favoreggiatori: c’è secondo me una fascia di persone che, pur non avendo responsabilità penali, sapeva ed è rimasta in silenzio. Non è una novità per il Salento: segnali di questo tipo ci sono stati anche nel recente passato. Non c’è da meravigliarsi».

Non c’è il rischio di generalizzare, così?
«Bisogna evitare le generalizzazioni. La gran parte degli abitanti di Trepuzzi sono persone oneste; ma queste persone oneste si devono interrogare sul fatto che per sessanta giorni un pericoloso omicida ha potuto contare su una rete di protezione in paese».

Si è parlato anche del rischio che Perrone potesse diventare quasi un “ido-
lo” per alcuni suoi concittadini...
«Questo è un ulteriore aspetto. C’è una sorta di fascino nero di fronte a queste gesta; non dimentichiamo che molti killer efferati ricevono tante lettere di ammiratori. Ma non metterei sullo stesso piano questo aspetto con quello relativo alla collusione e alla protezione, che sono fenomeni che al contrario non passano attraverso l’esaltazione di un personaggio».

Come si può evitare il rischio che questo atteggiamento di alcune fasce della popolazione diventi la regola?
«Rendendosi conto che esiste una fascia intermedia di persone che potrebbero fare un passo in avanti e che non lo fanno, che potrebbero evitare atteggiamenti di collusione e invece li mantengono. Quanto più è estesa questa fascia, tanto più sarà complicato estirpare i fenomeni criminali dal nostro territorio. Ma questo è un lavoro che non compete né alla magistratura né alle forze di polizia. Serve invece una riflessione seria all’interno della comunità, dalle scuole alle parrocchie, luoghi dove il confronto non può che dare esiti positivi».