Morti in casa: sono 4 su 10. Vertice fra sindacati, Ordine e Asl: «Serve più assistenza»

Morti in casa: sono 4 su 10. Vertice fra sindacati, Ordine e Asl: «Serve più assistenza»
di Maddalena MONGIò
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Lunedì 6 Aprile 2020, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 09:34
Riflettori accesi sulle morti in casa dei positivi al Covid. Sui 43 decessi nel Salento, 27 sono avvenuti in ospedale: pertanto 16 persone hanno dato l'addio alla vita senza passare invece in un nosocomio. Si tratta del 37 per cento del totale, non poco. Un dato choc.
I numeri emergono dal report sul coronavirus dell'Asl di Lecce pubblicato ieri da Quotidiano. Nello studio, che analizza il periodo dal 29 febbraio al 4 aprile, il dato sulla mortalità segna un'incidenza del 12 per cento e il presidente dell'Ordine dei medici di Lecce, Donato De Giorgi avverte: «Il problema grosso è proprio quello dell'assistenza domiciliare. Secondo me bisogna correggere il tiro. Abbiamo proposto alla direzione generale un Protocollo che discuteremo anche con i sindacati».



Dopodomani è fissato un vertice, in videoconferenza, tra Asl, Ordine dei medici e sindacati di categoria. De Giorgi ha avanzato un proposta di linee guida che guarda alla modalità di erogazione dell'assistenza, ma anche alla terapia da somministrare. Secondo De Giorgi «appare indispensabile non solo cercare di controllare i contagi da parte dei soggetti che si sono infettati, asintomatici e sintomatici, mediante un'attenta azione di sorveglianza del territorio in capo ai Servizi di Igiene e Sanità Pubblica dei Dipartimenti di Prevenzione delle Asl, ma anche cercare di ottenere la guarigione presso il proprio domicilio ovvero impedire l'evoluzione dell'infezione da coronavirus verso forme ingravescenti che richiedano un ricovero ospedaliero o in terapia intensiva».

E sui decessi in casa considera: «Il numero dei morti avvenuti a domicilio non è trascurabile. Anche al netto dei decessi accaduti all'interno della Rsa di Soleto che ci risultano essere almeno 3 senza passare dai ricoveri e di possibili dimissioni volontarie in condizioni terminali che non ci risultano. Si tratta di decessi avvenuti al di fuori delle strutture ospedaliere Asl, ma comunque di difficile interpretazione. Un tema che va affrontato».
E, quindi, è lo stesso De Giorgi che esamina le diverse variabili: «Partiamo dalla considerazione che non abbiamo, allo stato attuale, una situazione di sold out della rete Covid prevista con oculatezza per il nostro territorio. Il mancato ricovero può essere dovuto al rifiuto del paziente per paura di ricorrere all'ospedale nelle fasi gravi della malattia dove non è possibile nessuna vicinanza dei familiari e a volte anche di informazioni; possibile valutazione dell'ineluttabilità dell'esito finale; sottovalutazione clinica come difficoltà della gestione domiciliare diagnostica e terapeutica; situazioni di solitudine come difficoltà in questa fase a reperire caregiver».

Ci sono, quindi, fattori legati alla volontà del paziente, ma anche la difficoltà di gestire il paziente a casa. E De Giorgi spiega e mette il dito nella piaga: «Certamente, particolarmente in questa fase, è il territorio il campo di battaglia più importante. Siamo assolutamente convinti che non può esistere spazio per una cultura dello scarto quando si tratta di malattia, in qualunque età si manifesti. In questo crediamo molto che la proposta del nostro protocollo possa essere il modo più adeguato per dare risposte concrete. La percentuale genere-specifica dei pazienti Covid è inversa rispetto a quello che è il trend mondiale e nazionale, con assoluta prevalenza nel sesso femminile. È presto per trarre conclusioni affrettate e non scientifiche, però si dovrà in futuro riflettere sul rapporto tra inquinanti ambientali diffusi e malattie respiratorie croniche e tra questi e immunomodulazione».

Dati che s'incrociano e analisi che vanno messe insieme. Con De Giorgi che insiste: «Crediamo sia necessario per i medici di medicina generale ed ancor più a quelli operanti nelle Unità Speciali di Continuità Assistenziale, 14 in ogni distretto, per l'assistenza a favore di pazienti affetti da sintomatologia riferibile a Covid 19 che non necessitano di ricovero ospedaliero indicare delle linee di indirizzo e di condotta terapeutica domiciliare univoche e ufficialmente condivise».
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