Alloggi popolari, il sindaco: "Ho sempre agito nella piena legalità"

Paolo Perrone
Paolo Perrone
di Paola ANCORA
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Mercoledì 1 Marzo 2017, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 06:45

Si dice «assolutamente tranquillo». Anzi. È «contento che l’inchiesta si svolga a tutto campo e da anni». Perché per il sindaco Paolo Perrone, indagato insieme ad alcuni suoi assessori per la gestione delle case popolari in città, questa sarà l’occasione per fare chiarezza, per eliminare sospetti e presunte ombre sulla sua attività amministrativa.
Sindaco, come ha accolto la notizia di essere indagato nell’inchiesta sulle case popolari?
«Con assoluta tranquillità. Quell’inchiesta nasce da un esposto del Pd e la magistratura ha requisito anche atti della Giunta. Trovo quindi fisiologico che sia indagato anche il sindaco».

Al netto di eventuali responsabilità penali che spetta alla magistratura verificare, non pensa di avere la responsabilità politica della gestione del settore Casa e dei problemi che ne sono sorti?
«Assolutamente no. Anzi. Ho provato a mettere ordine in un sistema opaco. Con la mia Giunta abbiamo varato il regolamento sulle assegnazioni temporanee degli alloggi, che possono avvenire solo sulla base di un avviso pubblico; sulle autogestioni; sui morosi, dando il via alle attività di messa in mora e sgombero delle case, che sono tutt’altro che semplici: spesso è la stessa Procura a nominare gli occupanti abusivi custodi degli alloggi perché magari si tratta di famiglie con minori, con disabili o persone anziane».
 
Eppure il prefetto Claudio Palomba, nella relazione consegnata alla Commissione parlamentare antimafia, ha evidenziato «il diffuso consenso elettorale verso alcuni amministratori, emerso in occasione delle elezioni 2012 nelle aree di edilizia popolare». Di più. L’inchiesta Eclissi ha rivelato che affiliati ai clan hanno occupato case popolari. Non ha nulla da rimproverarsi?
«No. Il prefetto forse non sa che io ho vinto le elezioni del 2012 con il 65% dei voti. Ho avuto un consenso ampio anche al quartiere Mazzini. Sono sue supposizioni che io non condivido. Ho sempre agito seguito tre stelle polari: la mia coscienza, il bene della mia città e le leggi dello Stato. Le indagini dimostreranno che ho sempre agito nella legalità. E le dirò di più».
 
Dica.
«Sono contento che l’inchiesta sia a tutto campo. Non posso consentire che un’amministrazione che ha prodotto tanti risultati per Lecce rischi di essere offuscata dalla benché minima ombra. Quando sarò scagionato, l’esito delle indagini darà valore a quello che abbiamo fatto in questi anni per la città, anche su questioni delicatissime come la gestione degli alloggi popolari».
La notizia del suo coinvolgimento nelle indagini arriva in piena campagna elettorale. Non la preoccupa?
«Le indagini seguono il loro corso. È nelle cose che accada anche questo».
Da tempo si sapeva, invece, che l’assessore Attilio Monosi è indagato in questa inchiesta. Anche per questo è venuta meno la sua candidatura a sindaco. Per coerenza, non pensa che oggi che l’indagato è lei, insieme a suoi assessori Pasqualini, Brandi e D’Autilia, dobbiate fare anche voi un passo indietro e ritirare la vostra candidatura al Consiglio?
«No. Sono due questioni diverse. Io, come altri, mi candido al Consiglio: i cittadini ci conoscono e scegliendo di votarci oppure no valuteranno anche il fatto che siamo indagati in questa vicenda. Diverso è se ci si candida a sindaco di una città, alla guida di una coalizione: si rischia di danneggiare non solo se stessi, ma l’intera squadra».
 

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