I “fedelissimi”, il “maestro” e quella frase che sembra tratta da un film: «Comandiamo ancora noi, là»

I “fedelissimi”, il “maestro” e quella frase che sembra tratta da un film: «Comandiamo ancora noi, là»
di Mario DILIBERTO
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Mercoledì 20 Maggio 2020, 09:56 - Ultimo aggiornamento: 10:04
Un centro di potere con fulcro il procuratore capo Carlo Maria Capristo. Un gruppo di “fedelissimi” radicato nella procura di Trani, nonostante il cambio della guardia al timone, in grado di condizionare o di tentare di condizionare la vita degli uffici giudiziari. A questa conclusione arriva il gip Antonella Amodeo nella sua ordinanza alla luce, in particolare, del tenore di una intercettazione in cui a parlare sono un cancelliere in pensione, all’epoca “fedelissimo” di Capristo e uno degli imprenditori finiti ai domiciliari.

Un dialogo in cui quel cancelliere conclude con una frase sintomatica: «Comandiamo ancora noi là». «Emerge - annota il giudice nel provvedimento restrittivo - l’esistenza di un centro di potere denominato “i fedelissimi” che include pubblici ufficiali e soggetti privati in grado, legati al procuratore Capristo, capace non solo di influenzare le scelte di quella Procura, ma anche di coinvolgere altre istituzioni (nella conversazione, per un verso, si fa riferimento alla forza del Capristo in relazione ad un episodio che ha interessato il Presidente della Repubblica e, per altro verso, all’amicizia con la Casellati, già membro del Csm e poi Presidente del Senato. «È un’amica nostra» dice uno dei due alludendo evidentemente alla possibilità per i fedelissimi di ottenere credito presso la stessa)».

Nel provvedimento si riporta uno stralcio di quella conversazione nella quale si fa anche riferimento al momento in cui Capristo era in lizza per il posto di procuratore generale di Bari. Cancelliere: «Quello ti fa impazzire perché è un vulcano .. è un vulcano però ora che per esempio hanno nominato il Presidente del Senato .. Casellati .. che è un’amica nostra», Imprenditore: «Si», Cancelliere: «.. gli telefonai .. gli dissi: ehi hai mandato un messaggio? Mimì se stavi tu già avremmo fatto tutto!! Qua non si capisce niente!! Vedi che quella .. quella la Casellati quando stava al Csm gli fece la relazione perché è lui doveva andare a Bari. E devi vedere che bella relazione». 

Nel dialogo, poi, i due continuano a discutere della vicenda che avrebbe dovuto portare Capristo a lavorare a Bari. Uno scenario in cui, però, a loro dire, qualcosa andò storto. «Poi è stato boicottato, lo sappiamo che è stato boicottato» - sostiene l’imprenditore che trova concorde anche il cancelliere, che aggiunge: «I comunisti di merda! Scusami Nino .. tu sai come sono io e parlo... i comunisti di merda ..». Poi un nuovo passaggio sul rapporto tra i fedelissimi. Cancelliere: «Bravo. Allora nel momento in cui ...» Imprenditore: «Sai che lui si fidava solo delle personee .. dei fedelissimi! E non per questo io... insomma... mi onoro». Cancelliere: «Sei uno... Sei uno del club! Sei uno del club!».

Secondo il gip, quindi, la portata di quel legame, emerge nella stessa intercettazione, trovando altri riscontri. Con l’imprenditore che, a un certo punto, sottolinea al suo vicinanza a quel gruppo: «E’un fratello veramente veramente - spiega al suo interlocutore .. io faccio parte di della cerchia loro dei fedelissimi». Parole che danno la stura ad altre considerazioni del giudice per avvalorare le sue conclusioni che si allargano proprio sulla capacità di influenzare la procura di Trani che Capristo avrebbe continuato a mantenere. «Dopo aver parlato dei “fedelissimi”- scrive il magistrato nella sua ordinanza - riferisce l’indagato che “al posto suo” (del Capristo) «c’è un galantuomo e un amico suo», per far comprendere al proprio interlocutore come il Capristo potesse avere ancora un’ingerenza di fatto sugli affari della Procura di Trani, come esplicitato nella successiva sua affermazione: «Comandiamo ancora noi là».
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