Politica e dintorni, in crisi dopo meno di un anno e la coerenza come difetto

Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci
Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci
di Giovanni CAMARDA
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Lunedì 22 Maggio 2023, 12:45 - Ultimo aggiornamento: 12:46

Non succederà più. Non era una promessa ma un impegno preciso. Dopo aver stravinto le elezioni nel giugno scorso, doppiando nelle preferenze il suo principale competitor, Walter Musillo, il sindaco Rinaldo Melucci aveva garantito che Taranto non si sarebbe ritrovata a dover vivere e subire i pasticci politico-amministrativi che avevano portato allo scioglimento anticipato della consiliatura avviata nel 2017. Melucci sembrava davvero convinto, avendone ben donde: i tarantini alle urne gli avevano dato una maggioranza schiacciante, tanto stabile da poter sopportare anche eventuali sbandate lungo il percorso. Dopo meno di un anno, lo scenario è radicalmente mutato.

Venti di cambiamento

Molte settimane prima che in consiglio si aprisse una spaccatura nella squadra di governo (caso Amiu e dintorni), Massimiliano Stellato aveva cominciato la sua manovra di avvicinamento al sindaco, lo stesso che aveva brutalmente disarcionato qualche mese prima. Nel frattempo, evidentemente, qualcosa dev'essere cambiato perché quel Melucci descritto come una iattura per Taranto di colpo è diventato ai suoi occhi un sovrano illuminato, meritevole all'occorrenza di sostegno su una serie di temi cruciali. L'ha pure portato da Renzi a Roma, vantandosene. E certo, solo i fessi non cambiano mai idea. Ma cambiarla un po' troppo spesso non dev'essere nemmeno un modello di affidabilità.

Un probabile rimescolamento

Al momento, tuttavia, questo rischio non sembra essere colto dal primo cittadino che anzi va avanti sulla strada di un probabile rimescolamento degli assetti, utile a superare la crisi aperta da qualche dissenso interno.
Inevitabili le obiezioni e le critiche.

Scontate quelle dell'opposizione - sarebbe interessante conoscere il pensiero di Musillo & Co sull'(ex?) alleato Stellato; meno prevedibili quelle nella stessa maggioranza. Queste ultime liquidate forse un po' grossolanamente da chi invece vede con favore l'ipotesi di un rimpasto che coinvolga la cosiddetta "terza forza", come l'ha battezzata il rappresentante di Renzi a Taranto. Che cosa rimprovera lo stesso Stellato, ma anche l'assessore Giorno, a questi consiglieri recalcitranti? L'astio, il rancore, i personalismi che obnubilerebbero il giudizio su un'operazione al contrario ritenuta intelligente e utile.

Gli scontri

Così, ogni forma di avversione all'ingresso dei terzoforzisti in squadra è stata rintuzzata con argomenti che nulla sembrano avere a che fare con la politica ma piuttosto con situazioni da riunione di condominio, dove è facile arrivare allo scontro per antipatie e dispettucci, tipo lasciare il portone aperto o parcheggiare nello stallo sbagliato. Strano, quindi, che sfugga a Melucci, Stellato, Giorno, ma anche Brisci e Casula, la natura eminentemente politica del rifiuto verso l'approdo immaginato. In realtà, non di rancori si tratta (peraltro, Stellato è uno spasso) ma di questioni assai più profonde e cogenti che attengono alla serietà e alla linearità del percorso intrapreso. Ed è assai sorprendente che a non rendersene conto (o a far finta di) siano proprio coloro che più di altri avrebbero motivo di evidenziare le ragioni per le quali è assolutamente impraticabile il progetto per portare Stellato a Palazzo, pena la perdita di qualsiasi credibilità, politica - appunto - e personale.

Il progetto

A meno che il progetto non sia frutto di una condizione di stress e di mancanza di lucidità. Diversamente non si capirebbe come Melucci e Giorno possano considerare plausibile l'intesa con chi ha causato la caduta della precedente amministrazione e, di conseguenza - sempre secondo quanto sindaco e assessore non perdono occasione di ricordare - gravi danni alla città. Dai Giochi all'Amiu, dalla Tari ai cantieri, non c'è circostanza nella quale eventuali problemi e ritardi non vengano attribuiti ai mesi di vacatio causati dall'azione proditoria di quei consiglieri di maggioranza che appoggiarono l'opposizione. Questi, cari Stellato e Giorno, non sono personalismi; non si tratta di rancori, antipatie, dispettucci. Questa è politica, brutta, ma politica. Quindi, detto che Melucci può allargare la maggioranza a chi ritiene, almeno non si usino giustificazioni risibili per delegittimare osservazioni che invece hanno un fondo di verità. Oltre che di dignità.

Melucci e i suoi si trovano a governare di nuovo Taranto perché così hanno deciso i cittadini che, promuovendo l'attuale sindaco, hanno scelto di mandare all'opposizione con Musillo, anche Stellato, Brisci e Casula. Calpestare questa volontà, chiara e netta, sarebbe un affronto verso gli elettori. E, questo sì, contribuirebbe enormemente ad accrescere la disaffezione verso le urne che puntualmente le percentuali di voto sottolineano. Perché andare a votare se sono tutti uguali, se possono stare tutti insieme, chi prima chi dopo, indifferentemente?

Insomma, è esattamente il contrario di quello che dice Stellato, secondo il quale a demotivare i cittadini sarebbe il frequente ricorso a concetti ormai in disuso, termini desueti come maggioranza e opposizione che nella sua visione della politica - ma si era già intuito - non hanno diritto di cittadinanza. Non destra o sinistra, non bianco o nero: per lui è tutto grigio, magari con qualche sfumatura più o meno accesa. Peccato che la ricetta dello chef Stellato, per Taranto e per il Paese, sia antistorica: si sta andando proprio nella direzione opposta, anche se lui non se n'è accorto. L'Italia oggi è guidata da un governo con un'identità fortissima (condivibile o meno), come non accadeva da decenni; e, dall'altra parte, il Pd sta tentando di risalire affidandosi ad Elly Schlein, che - a proposito di armocromia - poco sembra intonarsi con il grigio vagheggiato da Stellato.

C'era un tempo in cui coerenza era una bellissima parola, nobile, densa di significati. C'era chi per coerenza, per un ideale, era disposto anche a sacrificare la propria vita. Magari un giorno bisognerà pur cercare di capire come si sia arrivati a considerare questi principi come un limite, un problema. O, addirittura, un difetto.

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