Ex Ilva, torna l'ipotesi della maggioranza a Invitalia

Voci di un possibile stop all'altoforno 2. Ne rimarrebbe in marcia solo uno: il minimo storico

Ex Ilva, torna l'ipotesi della maggioranza a Invitalia
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 1 Dicembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 14:22

Acciaierie d’Italia rallenta ulteriormente la marcia. Nelle prossime ore rischia lo stop l’altoforno 2, uno dei due rimasti in funzione (l’altro è il 4) dopo che ad agosto sono stati fermati l’altoforno 1 e l’acciaieria 2. La notizia del nuovo stop ha cominciato a girare nel primo pomeriggio di ieri. Prima si è parlato dell’altoforno 4, poi del 2. Acciaierie starebbe valutando da quando fermarlo e per quanto tempo. 

Le ricadute

La fermata di un altro altoforno produrrebbe nel caso tre risultati certi: minore produzione (e già quest’anno Acciaierie fallirà gli obiettivi produttivi, farà 3 milioni di tonnellate anziché i 4 annunciati), ricadute su altri impianti e minimo storico, perché non si ha traccia della marcia ad un solo altoforno. Il fatto poi che l’impianto possa essere fermato a ridosso della nuova assemblea dei soci, convocata per mercoledì 6 dicembre, potrebbe far supporre ad un tentativo di Mittal di cercare di forzare la mano nella trattativa in corso. 
«Noi chiediamo ad Acciaierie di essere subito convocati poiché si va incontro a ripercussioni impattanti - dichiara a Quotidiano Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl - perché rimarrebbe attivo solo l’altoforno 4. E se quest’ultimo dovesse produrre ghisa non buona, non abbiamo dove miscelarla in quanto non c’è la macchina a colare, e quindi si rischia il blocco dello stabilimento». «La fermata dell’altoforno 2 avverrebbe per un periodo di 8 giorni-2 settimane, probabilmente ripartirebbe sotto Natale - dice Francesco Brigati, segretario Fiom Cgil -. Noi non siamo stati informati di nulla dall’azienda. È l’ennesima provocazione di questa gestione e qualcuno ora deve fermarla assolutamente perché sta mettendo a rischio stabilimento e produzione. Non sono poi trascurabili eventuali ripercussioni ambientali, tecniche e con i gas di altoforno e di cockeria. Se dovesse esserci un problema sull’altoforno che resta in marcia, significa che qui si chiude definitivamente». E ieri sera le imprese associate ad Aigi (indotto ex Ilva) hanno tenuto una riunione del consiglio direttivo. «Spengono l’altoforno 2 - dice Fabio Greco, presidente Aigi -.

Oggi fanno una riunione di stabilimento per programmare l’abbassamento della carica all’impianto». 

Gli scenari

Intanto il banco di prova su Mittal (interviene o meno nel sostegno finanziario ad Acciaierie d’Italia?) è atteso il 6 dicembre, ma nel Governo starebbe riprendendo quota la linea favorevole allo Stato in maggioranza. Linea che è sempre esistita, espressa dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso, mentre il collega degli Affari europei, Sud, Coesione e Pnrr, Raffaele Fitto, ha portato avanti quella della trattativa con Mittal, come prova il memorandum stilato a settembre. Ora, però, il Governo starebbe pensando di scendere direttamente in campo, soprattutto se da Arcelor Mittal dovessero venire altri, chiari segnali di indisponibilità. Conferma a Quotidiano che l’opzione pubblica starebbe tornando, il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia. «Sì - spiega -, perché il Governo deve comunque garantire e non è che fa l’amministrazione straordinaria, cioè un altro disastro. Il Governo deve garantire la continuità senza stare sotto scacco dei Mittal. Ci avessero pensato un anno fa, magari sarebbe già fatta». 
C’è un altro elemento che indurrebbe a pensare a possibili manovre in corso. Nelle ultime settimane dai ministeri (Mimit soprattutto) sarebbe giunta a Ilva in As (proprietaria degli impianti, dati in fitto ad Acciaierie) una richiesta di informazioni sullo stato degli impianti. Quelli di Taranto sono stati ispezionati a giugno 2020, quelli di Genova e Novi Ligure, invece, a luglio 2022. Ora, queste informazioni servono al pubblico per la trattativa in corso con Mittal o ad avere un quadro in vista di altri sviluppi? 
Ieri, come annunciato da Quotidiano, i vertici di Fim, Fiom e Uilm (Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella) hanno scritto di nuovo al premier Meloni, ai ministri Fitto, Urso, Giorgetti e Calderone e all’amministratore delegato di Invitalia, Bernardo Mattarella. Il rinvio dell’assemblea di Acciaierie d’Italia al 6 dicembre costituisce “un ulteriore e grave atto di irresponsabilità che conferma le nostre denunce della mancanza di volontà - da parte di entrambi i soci - di risolvere la vertenza positivamente salvando un asset industriale strategico del nostro Paese e 20.000 posti di lavoro. Il tempo che trascorrerà fino alla prossima riunione, prevista il 6 dicembre comporterà un ulteriore peggioramento del gruppo siderurgico, già al collasso per una gestione fallimentare del management, con deterioramento degli impianti, delle condizioni di sicurezza e con la sofferenza delle migliaia di famiglie sia dei lavoratori diretti, già duramente provate dagli ammortizzatori sociali da anni utilizzati per fare cassa e non consentire la risalita produttiva, che del mondo degli appalti e dei lavoratori di Ilva in As”. Al premier e ai ministri i sindacati chiedono “di prevedere una convocazione urgente per ricevere un aggiornamento sulla vertenza e sulle decisioni che il Governo intende assumere per la risoluzione della crisi dell’ex Ilva”. Altrimenti ci sarà una nuova autoconvocazione a Palazzo Chigi.

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