Niente rilancio, Calenda firma
l’Ilva verso la nuova proprietà

Niente rilancio, Calenda firma l’Ilva verso la nuova proprietà
di Tiziana FABBIANO
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Lunedì 5 Giugno 2017, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 13:33
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[/FIRMA]Cambia la cordata, cambia l’offerta ma non possono cambiare le regole della gara. La decisione sulla cessione di Ilva sembra già presa. Almeno a giudicare dalle parole del ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Con una nota ha spiegato infatti che «le procedure di gara che, come si fa in un paese serio, non si cambiano in corsa o peggio ex post». Il parere negativo di un paio di giorni fa, chiesto dal Mise e ottenuto dall’Avvocatura dello Stato, sulla possibilità di rilancio per l’acquisizione di Ilva, sembra aver messo la parola fine sulla questione. E così come aveva detto giovedì scorso il ministro Calenda oggi dovrebbe firmare il decreto per l’aggiudicazione del gruppo. In pole position resta la cordata Am Investco, guidata da ArcelorMittal con la partecipazione di Banca Intesa e Marcegaglia. E il fatto che Sajjan Jindal, patron della società indiana dell’acciaio che guida la cordata avversaria Acciaitalia, abbia presentato una nuova «offerta irrevocabile» allo stesso ministro Calenda e ai Commissari dell’Ilva sembra ormai fuori tempo massimo. Il tempo: questa potrebbe essere l’unica variabile nella giornata di oggi. Nel senso che il ministero, sulla spinta di chi non vuole che si proceda subito all’aggiudicazione, potrebbe rimandare ancora la sua decisione per chiedere ulteriori chiarimenti sulla parte dell’offerta industriale e ambientale delle due cordate.
L’offerta rivisitata da Acciaitalia prevede un incremento del prezzo portato a 1,850 miliardi (i concorrenti di Am Investco hanno offerto 1,8 miliardi) e livelli occupazionali fin da subito a 9.800 assunzioni dei quali 2.000 impegnati nella realizzazione degli investimenti ambientali e industriali. L’offerta Am Investo parla di 9.400 assunzioni subito che poi scendono a 8.480 nel 2024 mentre per Acciaitalia si arriverebbe a 10.812 nel 2024. Il terreno di scontro è soprattutto questo: i sindacati sono contrari ad entrambe le proposte se prevedono tagli così massicci. Ma nel rilancio la proposta di Acciaitalia prende forza ma perde pezzi: Cassa Depositi e Prestiti e Arvedi infatti non hanno voluto partecipare al nuovo rilancio e quindi le loro quote dovrebbero essere assorbite - rispettivamente per il 50% delle azioni complessive - da Jindal e dalla Delfin, la finanziaria della famiglia di Leonardo Del Vecchio, il patron di Luxottica.
Dopo la giornata di oggi, e quando si capirà quale direzione prenderà il Governo, sia Cassa Depositi e prestiti che Arvedi potrebbero ritornare in partita. E non è detto che lo facciano nella cordata Acciaitalia, visto che alcune ipotesi circolate nelle ultime ore vedrebbero i due partner di Acciaitalia anche fra i futuri azionisti di Am Investco.
I quattro soci (Cdp, Arvedi, Jindal South West e Delfin) si sono trovati su posizioni differenti e questo potrebbe portare, oltre ad una rimodulazione della società (il 27,5% era la quota di Cdp e il 10% quella di acciaieria Arvedi in Acciaitalia) anche a intrecciare inedite collaborazioni con la cordata di Am Investco, qualora dovesse esserci l’aggiudicazione oggi. In questa maniera salirebbe la quota italiana della cordata (Marcegaglia nella joint venture occuperebbe il 15% attualmente e Banca intesa tra il 5 e il 10%) dando ulteriori garanzie sulle intenzioni di rilanciare l’Ilva di Taranto.
 
Assicurazioni che invece continua a fornire Acciaitalia che im una nota, parla del suo come di un piano «di sviluppo delle acciaierie Ilva con il fermo e impegnativo obiettivo di riportare al più presto la produzione dell’area a caldo ai suoi valori storici di circa 10 milioni di tonnellate». Il raggiungimento dei 10 milioni di tonnellate l’anno di produzione sarebbe realizzabile, secondo il nuovo piano di Acciaitalia «con l’impiego di tecnologie innovative, non ancora attuate in Europa, atte a determinare una sensibile riduzione degli impatti ambientali». Una prospettiva, quella di inserire i forni elettrici affiancati a quelli tradizionali e al preridotto, che piace particolarmente al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Ancora l’altro ieri, subito dopo il rilancio di Jindal, il Governatore ha invitato il ministero a rivedere la sua decisione sull’offerta. Il ministro Calenda non è d’accordo. E per i commissari straordinari, che hanno seguito tutti gli sviluppi e formulato il bando di gara nonché esaminato i plichi delle due offerte, non sarebbe più possibile rimodulare le offerte, anzi, quella di Acciaitalia sembrerebbe un’offerta del tutto irricevibile sul piano formale e sostanziale. Il decreto di aggiudicazione del gruppo, se arriverà oggi, chiarirà gli ultimi dubbi.
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