Emiliano "scomunica" i consiglieri passati con Calenda. Maggioranza nelle mani dei 5 Stelle

Emiliano "scomunica" i consiglieri passati con Calenda. Maggioranza nelle mani dei 5 Stelle
di Antonio BUCCI
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Giovedì 8 Dicembre 2022, 05:00

«Dopo avere acquisito parere conforme da tutte le forze di maggioranza, non posso che estromettere formalmente dalla maggioranza tutti i consiglieri che oggi hanno aderito alla nuova formazione politica», firma la scomunica il governatore, Michele Emiliano. Poche righe che provano a fermare le scosse che, per l’intera giornata, scuotono il centrosinistra pugliese, dopo il passaggio al terzo polo degli ex dem Fabiano Amati e Ruggiero Mennea ma anche dei centristi Massimiliano Stellato e Sergio Clemente

La paura di nuove fughe


La mossa di Emiliano serve a fermare le bocce, rassicurare i suoi ed evitare che quella delle scorse ore diventi una faglia, magari pescando tra i malumori del congresso dem. O quelli di chi da mesi viene citato come in predicato di assumere deleghe nell’esecutivo non ancora concretizzatesi – con o senza cambio di denominazione nella formula di “responsabili di progetto” - e pure tra le lusinghe all’opposizione. Tanto più dal momento che – ad un certo punto della giornata – si diffonde anche la voce che un paio di titolari, tra gli scranni del centrodestra, sarebbero alla finestra, in attesa di capire come vada a finire la partita. Maurizio Bruno e Antonio Tutolo smentiscono qualunque interessamento ma la questione resta. Ed è un fatto politico e di pallottoliere, dentro e fuori dall’Aula. Per questo, anche quando i quattro ormai ex accolgono il leader nazionale, Carlo Calenda, confermando di voler restare al proprio posto, la macchina si mette in moto ugualmente.

Che fine farà la presidenza della commissione bilancio retta da Amati, per esempio? «Quella è più un onere, noi non siamo attaccati alle poltrone e loro farebbero un disservizio ai cittadini pugliesi. Abbiamo abbandonato il Pd perché ci crediamo», rivendica l’ex assessore fasanese. 

Le reazioni al veleno dei parlamentari Pd e 5s

 

Per tutti, la fatwa arriva a tarda sera, provando a placare le fibrillazioni che attraversano le forze politiche, a partire proprio da Pd. «Sentendosi una sorta di Giovanni delle Bande Nere, quando scopre sui territori di essere solo un piccolo mercenario dei Parioli, perde la pazienza e somma agli insulti quotidiani la falsificazione della realtà», dice di Calenda l’ex ministro Francesco Boccia. Il messaggio è netto: «Completeremo nel 2025 il lavoro iniziato nel 2020, come da mandato popolare, nonostante le sue incursioni. Se oggi pensa di entrare in Consiglio attraverso i mercenari deve sapere che la porta della maggioranza è sbarrata», scandisce. A fare quadrato sono Ubaldo Pagano e Claudio Stefanazzi: «L’atteggiamento da bulletto di quartiere è oltre che inqualificabile, anche totalmente ingiustificato, visto che quando si presenta alle elezioni contro Michele Emiliano di solito se ne torna a casa con un misero pugno di voti, come ben testimonia l’1,6% preso alle regionali 2020», stuzzica il primo. E a fare cordone è anche il collega salentino: «La scelta di estromettere i consiglieri che hanno aderito alla nuova formazione non è soltanto l’unica possibile ma è anche una scelta rispettosa nei confronti delle istituzioni e di tutte e tutti i pugliesi». D’altro canto, di «dichiarazione di guerra aperta», avevano già parlato il segretario regionale e il capogruppo, Marco Lacarra e Filippo Caracciolo. Aggiungendo un tassello non secondario: gli alleati. Come i pentastellati.

Il peso dei pentastellati in Consiglio

 

Ora che in quattro hanno fatto i bagagli, lo spazio di manovra a disposizione di Emiliano si restringe (il presidente può ancora contare sul voto di 30 consiglieri su 51) e il peso specifico dei quattro della pattuglia stellata aumenta fino a diventare determinante. Un appoggio che garantisce al presidente un agio altrimenti risicatissimo rispetto alla minoranza. Calenda non ha mai nascosto la propria insofferenza e la reazione, stavolta, non tarda: «I nostri ideali non possono essere in alcun modo accostati a lui. Non riusciamo a capire come Calenda, la cui attività principale è quella di denigrare quotidianamente il Movimento e il Presidente Conte, possa pretendere che il suo nuovo gruppo in Regione faccia parte di una maggioranza senza condividere temi e prospettive progressiste», fanno argine Leonardo Donno e Mario Turco, da numero uno regionale e numero due nazionale. Le alleanze, appunto. Il pressing ai piani alti di Lungomare Nazario Sauro arriva tanto dai civici, quanto da Sinistra Italiana. Vuol dire “Con” ma anche “Per la Puglia” ed è anche Gianni Stea, dai Popolari, a rilanciare: «Non ci saranno più margini per stringere alleanze con loro, così come abbiamo chiesto al presidente Michele Emiliano», sbarrano le porte a doppia mandata, dopo aver chiarito l’impossibilità di picconare la maggioranza dall’interno. E anche dall’ala sinistra non hanno dubbi sulla presa di distanze: «Non era questa la coalizione che i pugliesi avevano votato. Soprattutto in considerazione delle forti differenze su alcune questioni fondamentali per la Puglia e su cui la coalizione progressista aveva chiesto il consenso ai pugliesi, a partire dalle vicende ambientali», si smarcano da Sinistra Italiana, senza rinunciare all’affondo – diretto all’ex dem Amati – contro «un Piano Casa, che più volte si è infranto contro il muro della Corte Costituzionale». Non è solo un divorzio e non si tratta solo di sedere dall’una o dall’altra parte dell’emiciclo. Di mezzo c’è il centrosinistra che verrà e non passa solo dal congresso dei democratici. Non a caso, non passa inosservata neppure la dichiarazione di stima rivolta da Amati al sindaco di Bari – Antonio Decaro – in vista delle prossime Regionali. Tocca ancora a Lacarra a sbarrare la strada: «Gli suggerisco di evitare la fatica di provare a rompere la ventennale sintonia tra Michele Emiliano e Antonio Decaro. Non esiste alcun margine di applicazione del principio del “divide et impera” tra i due principali riferimenti della primavera pugliese». Molto più del “c’eravamo tanto amati”. Con o senza maiuscola. 
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