Ex Ilva, Bernabè: «Benzene nei limiti, se ne inala di più quando si va a fare il pieno di benzina»

«Impossibile» fermare gli impianti dell’area a caldo

Franco Bernabè
Franco Bernabè
di Domenico PALMIOTTI
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Domenica 28 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 10:12

«Impossibile» fermare gli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva. E non per un fatto tecnico ma perché le contestate emissioni di benzene sono «ampiamente nei limiti di legge». Arriva da Trento, dal Festival dell’Economia promosso da “Il Sole 24 Ore”, la risposta di Acciaierie d’Italia all’ordinanza con la quale, lunedì scorso, contestando l’aumento delle emissioni di benzene sulla base dei rilievi di Arpa Puglia e Asl Taranto, il sindaco Rinaldo Melucci ha intimato ad Acciaierie d’Italia (gestore degli impianti siderurgici) e ad Ilva in amministrazione straordinaria (proprietaria degli stessi) di intervenire in 30 giorni sulle cause che determinano il fenomeno. Altrimenti, in 60 giorni, gli impianti dovranno essere fermati.

È Franco Bernabè, presidente di AdI, che risponde al sindaco su domanda rivoltagli al Festival dell’Economia. «C’è una contraddizione di fondo, lo stabilimento emette molto al di sotto dei limiti di legge», rileva Bernabè, quindi possono esserci «solo sfiori temporanei ed all’interno dei limiti di legge».

Per Bernabè, quanto si potrebbe respirare è «molto più piccolo del benzene che uno inala quando va a fare il pieno di benzina».

Gli scenari

Al di là delle polemiche che prevedibilmente susciterà quest’ultimo passaggio del manager, la risposta di Bernabé - che sinora ha sempre avuto una linea di dialogo con le istituzioni locali - sembra confermare quello che è apparso chiaro già dopo l’ordinanza (vedi Quotidiano del 24 maggio), e cioè che AdI molto probabilmente impugnerà al Tar il provvedimento del sindaco, così come fece per l’ordinanza di febbraio 2020, validata dal Tar di Lecce ma fatta decadere a giugno 2021 dal Consiglio di Stato. Anche altre parti in causa danno il ricorso di AdI pressochè scontato. Il ricorso di AdI, si spiega, sarebbe motivato soprattutto dal ruolo di gestore che detiene la società (62 per cento Mittal, 38 per cento Invitalia). Invece per Ilva in amministrazione straordinaria è in corso una valutazione sul possibile ricorso. Ma già nelle ore successive all’ordinanza i commissari Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo hanno scritto ad AdI chiedendo “una circostanziata valutazione in merito all’aumento dei valori di concentrazione di benzene, nonché la genesi dei fattori dell’aumento”.

Inoltre i commissari hanno chiesto “che presso lo stabilimento vengano attuate condizioni di monitoraggio migliorative che consentano approfondimenti ed eventuali, ulteriori rimedi per il contenimento delle emissioni di benzene”. Lo ha rivelato, nel question time in commissione Ambiente alla Camera del 24 maggio, il sottosegretario al ministero dell’Ambiente, Claudio Barbaro. Ora Bernabè dice il vero quando afferma che, sulla base dei parametri di legge, l’ex Ilva non ha commesso alcuna violazione. Le norme prevedono infatti che le emissioni di benzene non devono superare, come media annuale, i 5 microgrammi per metro cubo d’aria e sinora l’azienda è in questo range. Dov’è però il punto critico? Come ha segnalato una lettera del 4 aprile scorso del Dipartimento di prevenzione Asl alla struttura legale, alla direzione sanitaria e a quella generale della stessa Asl, “le concentrazioni di benzene sono triplicate dal 2018 al 2022 (centralina Tamburi, via Orsini)” e quindi “emerge chiaramente” come la questione “richieda in aggiunta alle tutele ordinarie previste, l’applicazione di tutti gli interventi correttivi e applicabili alle diverse fonti”. Per il Dipartimento di prevenzione Asl, vi è la “necessità di ridurre nettamente i livelli di benzene in aria ambiente in quanto l’esposizione della popolazione di Taranto agli attuali livelli di concentrazione dell’inquinante, seppure formalmente ed attualmente nei limiti individuati dalla normativa vigente, non può garantire, secondo le evidenze scientifiche, l’assenza di effetti avversi sulla salute umana”. Nella lettera, firmata dai medici del gruppo di lavoro “Salute e ambiente” del Dipartimento di prevenzione Asl e dal direttore dello stesso Dipartimento, si fa un lungo excursus, si richiamano le valutazioni del sesto studio Sentieri pubblicato a febbraio scorso, e si evidenzia che “la ratio di un atteggiamento prudenziale nei confronti del benzene nella città di Taranto si struttura principalmente sulla tutela di una popolazione esposta per anni ad importanti pressioni ambientali con numerose e documentate ricadute sia in età adulta che in età pediatrica”.

Per i medici Asl, “l’esposizione al benzene determina un aumentato rischio di leucemie infantili, in particolare la leucemia mieloide acuta tra i bambini di età inferiore ai 6 anni”. E lo scorso 17 maggio lo stesso gruppo di lavoro e il direttore del Dipartimento, insieme ai direttori sanitario e generale Asl, hanno scritto al sindaco Melucci e all’assessore all’Ambiente, Laura Di Santo, accludendo la relazione di aprile “per le valutazioni da porre in essere in occasione della naturale scadenza del titolo autorizzativo”. Passaggio, quest’ultimo, che l’Asl fa con riferimento alla procedura, aperta dal ministero dell’Ambiente, per il rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale all’ex Ilva (l’attuale scade il 23 agosto e vede, come scritto ieri da Quotidiano, cinque prescrizioni, di cui quattro ambientali, che non si riusciranno a completare a quella data per ammissione dell’azienda). Siccome, per le autorità sanitarie, i limiti oggi previsti per il benzene non garantiscono la salute dei tarantini, si potrebbero inserire nella nuova Aia limiti più bassi dell’attuali.

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