Ordinanza sul caso benzene di Taranto. Tra Comune e Acciaierie d'Italia deciderà il Tar di Lecce

Il Tribunale amministrativo regionale di Lecce
Il Tribunale amministrativo regionale di Lecce
di Domenico PALMIOTTI
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Giovedì 22 Giugno 2023, 06:00

La competenza territoriale sul ricorso appartiene al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia - Sezione staccata di Lecce. Così dispone il Tar del Lazio, per il quale sarà il Tar di Lecce, e non quello laziale, a decidere con un nuovo procedimento se sospendere o meno l’ordinanza con cui il 22 maggio il sindaco Rinaldo Melucci ha ordinato ad Acciaierie d’Italia e ad Ilva in amministrazione straordinaria di rimuovere le cause che determinano l’aumento delle emissioni di benzene, inquinante cancerogeno, altrimenti in 60 giorni gli impianti dovranno essere fermati.

La decisione

Non é stata dunque accolta l’istanza di Acciaierie d’Italia che voleva che fossero i giudici del Tar del Lazio ad esprimersi. Ieri, a meno di 24 ore dalla discussione tra le parti, è arrivata l’ordinanza. “Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), dichiara la propria incompetenza per territorio sul ricorso per essere competente il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia - Sezione staccata di Lecce, davanti al quale il processo potrà essere riassunto” scrivono i magistrati al termine del provvedimento di 6 pagine (presidente Salvatore Mezzacapo, consigliere estensore Achille Sinatra, Maria Rosaria Oliva referendario). 

Le motivazioni


Il Tar fa prima una premessa generale e dichiara che “sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni, è inderogabilmente competente il Tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede. Il Tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il Tribunale ha sede”. Da quest’assunto, i giudici fanno discendere le loro valutazioni di merito, e cioè che l’ordinanza impugnata da AdI ha effetto “nell’ambito della sola Regione Puglia, trattandosi di impianto sito nella città di Taranto”. Si tratta, osservano, di “un determinante profilo”, per cui “le contrarie ragioni addotte dalla difesa della ricorrente” Acciaierie d’Italia, e cioè la “presenza su tutto il territorio nazionale del gruppo industriale”, la “natura strategica dell’impianto di Taranto”, i “possibili effetti economici dell’ordinanza impugnata sul mercato dell’acciaio”, non spostano il focus della competenza decisionale. Nè integrano “gli effetti del provvedimento ai fini della competenza per territorio” scrivono i giudici. Per i quali, invece, bisogna “avere riguardo agli interessi di natura ambientale che l’ordinanza afferma di tutelare, che sono circoscritti alla sfera locale”. “Tale delimitazione degli effetti - affermano i giudici - è testimoniata proprio dalle comunicazioni delle autorità sanitarie competenti al sindaco di Taranto, le quali riferiscono di possibili pregiudizi alla salute della popolazione dell’area di Taranto” a causa dell’aumento delle emissioni di benzene. E ancora, osservano i giudici riferendosi al Consiglio di Stato, “il rapporto tra i due criteri di competenza territoriale segue una logica di complementarietà e di reciproca integrazione”, “il criterio principale è quello della sede dell’autorità che ha adottato l’atto impugnato”, e che “il criterio della sede dell’autorità che ha assunto l’atto impugnato è sostituito da quello dell’efficacia spaziale qualora questa si produca in un solo ambito territoriale”. Questo, sostiene il Tar laziale, “anche nell’ipotesi in cui l’atto sia stato adottato da un organo centrale dell’amministrazione statale, da un ente ultraregionale ovvero da un organo periferico dello Stato che abbia sede nell’ambito della circoscrizione di altro Tribunale territoriale”. Inoltre, dicono i giudici, “la controversia in questione non rientra neppure tra quelle ascritte alla competenza inderogabile del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio”. E rammentano che “la precedente analoga controversia”, ovvero l’ordinanza di stop impianti di Melucci di febbraio 2020, “era stata incardinata in primo grado davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, che aveva infatti emesso la sentenza n. 249 del 13 febbraio 2021, poi riformata nel merito dal Consiglio di Stato, n. 4802\2021” ma “senza rilievi sulla competenza territoriale del Tar locale”.
Accanto ad una serie di rilievi specifici, i legali di AdI hanno osservato che la nuova ordinanza del sindaco di Taranto è “del tutto simile negli effetti”, cioè “la chiusura dell’area a caldo dell’impianto ex Ilva”, a quella di tre anni fa, e che questa è stata “annullata integralmente” dal Consiglio di Stato a giugno 2021.

Infine, oltre ad AdI, sindaco e Comune di Taranto, costituiti in giudizio anche i ministeri dell’Ambiente e della Salute, Istituto superiore di Sanità, Provincia di Taranto, Arpa Puglia, Asl Taranto, Ispra, Prefettura e Ilva in amministrazione straordinaria. 

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