Sempre più menù vegetariani, anche in Puglia. La svolta di produttori e ristoratori: «È tutta salute»

Sempre più menù vegetariani, anche in Puglia. La svolta di produttori e ristoratori: «È tutta salute»
di Leda CESARI
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Lunedì 12 Dicembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21:49

Diventare tutti (almeno) vegetariani entro pochissimi anni: per gli animalisti lo richiede l’etica, per gli ambientalisti lo impongono i cambiamenti climatici, per i buongustai è un fatto complicato. D’altronde siamo appena diventati otto miliardi - (Malthus, dove stavi?) - e gli allevamenti intensivi, si sa, si stanno letteralmente mangiando le risorse “green” del pianeta (non solo la foresta amazzonica, anche l’acqua: per ottenere un chilo di bistecche ce ne vogliono 22mila litri, una follia). 


In molti, a questa fosca previsione - neppure così nuova - si sono già adeguati, più o meno intenzionalmente. I dati Eurispes 2022 raccontano che vegetariani e vegani in Italia, al momento, sono il 6,7% della popolazione: 5,4% vegetariani, l’1,3% vegani, tant’è che ristoranti, bar e guide hanno iniziato da tempo ad organizzarsi. Anche per non lasciare margini ai fautori del cibo sintetico: la “carne Frankenstein”, “il pesce fuor d’acqua di mare e il latte senza mucche”, tuona ormai da tempo anche Coldiretti Puglia, che nei giorni scorsi ha dato battaglia in piazza contro quello che considera un nuovo attacco planetario al Made in Italy del gusto da parte delle multinazionali del cibo.

Stop al consumo di carne, al bando il pesce, sempre più merce rara (e costosa) a causa dello sfruttamento scriteriato delle risorse marine. 

Le proteine, però, servono: ai bambini e agli anziani particolarmente. Che fare, allora? Gianni Casaluce, produttore di legumi (ma non solo) in quel di Nardò, secondo i dettami dell’agricoltura tradizionale naturale, ovvero senza l’utilizzo di chimica di sintesi, un’idea ce l’ha: «Le proteine dei legumi e degli altri vegetali hanno sempre soddisfatto, in passato, i bisogni alimentari umani: ed era gente capace di lavorare nei campi per ore. Cibo che tra l’altro non stimolava la fame, come fa quello di oggi, e non prevedeva l’uso di antibiotici». La sua azienda, “Terre Paduli”, ha iniziato a lavorare nel 2012, anche se lui aveva già iniziato tempo prima a produrre il cece bianco di Nardò e poi altri tipi di legumi, «alimenti la cui coltivazione, in rotazione con il grano, arricchisce di azoto e bonifica i terreni stessi. E poi costano meno della carne», conclude Casaluce, «e le varietà antiche producono anche in periodi di grande siccità, perché sono resilienti. I grani antichi, poi, contengono più proteine e meno glutine. E, cosa che non guasta, non vengono da migliaia di km di distanza». 

I pareri

Rocco Palmisano, naturopata di San Michele Salentino con due lauree all’attivo (una italiana in Tecnica radiologica, una americana in Scienza della salute), guru del metodo alcalino come sistema per mantenere giovinezza e salute (è autore di più libri sull’argomento, autentici bestseller), è vegetariano inossidabile da 32 anni: «Mai avuta una linea di febbre: solo quando ho sgarrato. Le purine della carne intossicano i reni, ci vogliono 15 giorni per smaltirle, ma io non voglio convincere nessuno: eliminare la carne dalla tavola è un fatto di evoluzione spirituale che non spetta a me giudicare. Ciò detto, l’esperienza mi dice che le regole fondamentali per stare bene sono poche: mangiare tutto con moderazione e solo quando si ha fame, evitando il più possibile le manipolazioni dei cibi. E poi procurarseli con le proprie forze: il contadino che alleva il maiale per la sopravvivenza della famiglia va bene, il resto no. Osservate il gorilla: ha la forza di cinque persone, eppure è erbivoro. E, se avverte il bisogno di proteine, ruba uova di altri animali o cattura insetti».

I cibi del futuro


Tasto dolente della futurologia gastronomica: davvero, per attingere proteine, saremo costretti a cibarci di cavallette, grilli e locuste? Carla Severini, professore associato di Tecnologie per la produzione di alimenti funzionali e Scienze degli alimenti e nutrizione umana all’Università di Foggia, ha guidato negli scorsi anni una ricerca promettente: alimenti preparati con farine di insetti e poi “plasmati” con una stampante 3D, argomento di cui ha parlato nei giorni scorsi anche con “Mi manda Raitre”. «Poi è arrivato il Covid, e adesso siamo fermi, perché è ancora difficile approvvigionarsi di questi semilavorati. Ma diciamo tutta la verità: questo tipo di discorso in Italia non decolla, anche se molti ristoranti gourmet hanno già iniziato a introdurre nei loro menu gli insetti. Che sono utilissimi: allevamenti a impatto ambientale bassissimo, perché richiedono poco spazio e poca acqua, e poi “traducono” in proteine tutto ciò che mangiano e sono ricchi di acidi grassi polinsaturi, che non si accumulano nei vasi sanguigni. Fanno ribrezzo, dice? Forse a mangiarli come sono sì, ma ridotti in farina costituiscono una proteina come un’altra». 


E se anche questo tipo di avversione gastronomica non dovesse passare, poco male, spiega Francesca Amatulli, biologa nutrizionista in quel di Noci: «La dieta vegetariana, se correttamente pianificata e attuata con l’aiuto di un esperto, non genera alcun tipo di problema. E sempre più tra i miei pazienti trovo persone che hanno deciso di rinunciare a carne e pesce, anche per motivi etici». Ma senza privarsi della possibilità di continuare a nutrirsi con uova, formaggi e legumi, «perché la massa magra del nostro corpo ha bisogno di proteine», si congeda la biologa. E pazienza se certe gioie del palato, una volta eliminate le bistecche, andranno a farsi friggere: Fabiano Viva, patron del ristorante “Duo” di Lecce, ha già iniziato da tempo a regolarsi di conseguenza, cominciando a familiarizzare con l’argomento. «Nel 2050 saremo dieci miliardi, quindi buttarsi su alimenti alternativi sarà obbligatorio». Gli insetti, certo, ma pure le meduse, su cui sono in corso da tempo esperimenti del Cnr-Ispa di Lecce. E che aumentano in presenza, al crescere delle temperature: «Certo, il gusto è molto forte, iodato - perché al 90 per cento le meduse sono costituite da acqua di mare - e secondo me un po’ di ammoniaca, come seppie e calamari di grosse dimensioni», conclude lo chef. «Ma almeno non sono allevate con antibiotici e non assumono mercurio o plastiche, di cui anzi catalizzano i residui. E poi in Oriente le mangiano da secoli: qual è il problema?».

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