Puglia, laureati e occupazione: la classifica degli atenei. Cresce Unisalento, exploit Politecnico

Puglia, laureati e occupazione: la classifica degli atenei. Cresce Unisalento, exploit Politecnico
di Giuseppe ANDRIANI
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Giovedì 15 Giugno 2023, 05:00

A un anno dalla laurea magistrale (che sia a ciclo unico o con la formula del 3+2) in un ateneo pugliese trova lavoro - indicativamente - un ragazzo su sei. La fotografia è di Almalaurea, che ha presentato i risultati del rapporto per il 2022 in un evento che si è tenuto a Palermo. In sintesi: cresce la percentuale occupazionale dei laureati un po’ in tutta Italia, ma restano forti i divari territoriali (e di genere, visto che per gli uomini è più semplice). E gli atenei pugliesi sono allineati al quadro nazionale, per quanto con un’eccezione positiva: il Politecnico di Bari è l’università italiana con il miglior tasso d’occupazione a tre e a cinque anni dal conseguimento del titolo di studio. Tanto per sciorinare i dati che emergono dalla ricerca di Almalaurea: i laureati al Politecnico che hanno trovato lavoro a cinque anni dalla chiusura del percorso di studi sono 97 su 100, e a cinque anni sono 94 su 100. Il dato scende a un anno di distanza dalla laurea, ma solo perché il parametro tiene in considerazione anche le triennali (e si abbassa, quindi, visto che in tanti preferiscono continuare a studiare). Anche qui, altrimenti, si arriva a nove ragazzi su dieci che trovano un’occupazione nel giro di appena dodici mesi.

Il commento del rettore

«È evidente che il Politecnico di Bari rivesta ormai un ruolo fondamentale per il mercato del lavoro – commenta il rettore Francesco Cupertino – garantendo laureati di qualità dei quali il Territorio e il Paese hanno sempre più bisogno, per centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dei prossimi anni». 
La situazione è diversa, invece, per gli altri atenei pugliesi. Qui la media di laureati occupati a uno, tre e cinque anni dal titolo è inferiore a quella nazionale, anche se si assiste a una crescita nel post pandemia. Resta forte il divario territoriale, ma la condizione generale è in una fase di miglioramento. A un anno dalla laurea magistrale (con la formula del 3+2) gli studenti dell’Università di Bari che hanno trovato lavoro in forma più o meno stabile (sono conteggiati anche gli stages e i tirocini formativi a patto che siano retribuiti) rappresentano il 65% del totale, quelli di UniFoggia il 63,9% e all’Università del Salento il 68,5%. Va meglio, chiaramente, se si tiene conto della condizione nel 2022 di coloro che avevano conseguito il titolo di secondo livello nel 2017, quindi cinque anni prima: in questo caso Uniba sfiora l’84% di media occupazionale, così come l’Unisalento. 
Resta il nodo, però, della retribuzione.

Chi si laurea in un’università del Sud guadagna di meno. Lo dicono i numeri. Ad esempio una persona che ha concluso gli studi nel 2019 a Bari guadagna in merito 1.414 euro, mentre lo stesso titolo conseguito a Milano “permette” di avere oltre 200 euro in più in busta paga a fine mese.

Cosa emerge

Nel rapporto, però, Almalaurea evidenzia le differenze territoriali. E non solo. 
“L’analisi di genere mostra che, a parità di ogni altra condizione, a un anno dal titolo gli uomini hanno l’11,7% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle donne. Anche in termini di ripartizione geografica di residenza si confermano significative differenze. Quanti risiedono al Nord presentano una maggiore probabilità di essere occupati (+32,1%) rispetto a quanti risiedono nel Mezzogiorno. Inoltre, chi si sposta per motivi di studio ha il 6,0% in più di probabilità di essere occupato rispetto a chi studia nella stessa provincia di residenza. Altri elementi con una relazione positiva con la probabilità di occupazione a un anno dal titolo sono: le esperienze di studio all’estero, sia che si tratti di esperienze riconosciute dal proprio corso di studio (+12,3% di probabilità di essere occupato) sia di iniziative personali (+25,8%), le iniziative realizzate dagli atenei a supporto della transizione università-lavoro (+8,0%), i tirocini curriculari (+4,3%)”.
E c’è anche un altro fattore che viene messo ben in evidenza: “Il 28,6% dei laureati che ha conseguito il diploma al Mezzogiorno ha scelto un ateneo di una ripartizione geografica diversa (era il 23,2% nel 2013), con una preferenza verso gli atenei settentrionali. Al Centro il flusso di mobilità è pari al 13,9%, mentre al Nord si ferma al 3,6%”. Uno su tre va a studiare altrove. Ma ciò che è ancor più preoccupante è che l’”emorragia” degli studenti meridionali che vanno a studiare altrove, non solo non si è arrestata ma è persino diventata sempre più copiosa negli ultimi dieci anni. Ecco perché, al netto del risultato straordinario del Politecnico di Bari - che dimostra un certo fermento in alcuni settori produttivi del Mezzogiorno -, l’analisi è tra luci e ombre: cresce il numero dei laureati occupati, ma guadagnano cifre inferiori e sono comunque di meno rispetto ai colleghi del Nord. 

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