La diaspora dei laureati dalla Puglia: in 33mila sono andati altrove in dieci anni

Foto: Pexels
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di Giuseppe ANDRIANI
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Sabato 3 Giugno 2023, 05:00

Il fatto che non abbiano la valigia di cartone è ininfluente. Hanno il notebook nello zaino, conservano su un archivio digitale le foto degli anni più belli con la propria famiglia e gli amici di sempre, ma proprio come accadeva negli anni ‘60, partono. E vanno altrove. All’estero, qualche volta, o al Centro-Nord, per cercare fortuna. Ed è significativo che ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel celebrare la ricorrenza del 2 giugno, abbia voluto ricordare gli emigrati di questi anni. Braccia e cervelli in fuga, perché a volte conviene così. «Oggi, lavorare all’estero non dovrebbe più rappresentare, per nessuno, una scelta obbligata bensì una opportunità, specialmente per i giovani. È responsabilità, della Repubblica, far sì che si tratti di una libera scelta - ha detto Mattarella -. Si tratta di passare dalla fuga dei cervelli, alla circolazione dei talenti; alimentando un circuito, virtuoso, di capacità e di competenze». «Tanti italiani hanno cercato fortuna altrove creando ricchezza, e civiltà, grazie al lavoro e all’impegno sviluppati. Questa moltitudine di nostri concittadini - non senza, iniziali, difficoltà e diffidenze - ha contribuito, largamente, alla crescita, economica e civile, dei Paesi ospitanti integrandosi, perfettamente, in quei contesti, con ingegno, passione e nuovo spirito civico», ha detto il presidente in un videomessaggio. «L’emigrazione, con i drammi, e i sacrifici, che l’accompagnarono, fu di apporto anche allo sviluppo della madrepatria: favorendo il potenziamento dei commerci e dei collegamenti; accrescendo investimenti, e redditi, con le rimesse degli emigrati; ampliando la visione del mondo e costituendo un bagaglio, impareggiabile, di esperienze, e formazione, per coloro che scelsero di rientrare. Una storia, di privazioni, tribolazioni e, comunque, di riscatto e di successo». 
Le linee di tendenza delle partenze sono chiare: più spesso dal Nord si sceglie l’estero, ma le grandi regioni industrializzate, poi, compensano con la forza lavoro che arriva dal Mezzogiorno. Il Sud, a conti fatti, ne paga le spese. E non è un caso se questo lembo di terra si spopola a una velocità sostenuta e purtroppo costante. Perché il tema della denatalità è centrale, ma non basta a giustificare lo spopolamento di questi anni. Serve tornare a parlare di emigrazione. 

I numeri

Solo nel 2021 dalla Puglia - numeri reperibili nel ricco database dell’Istat - sono partiti verso l’estero in 4.394, tenendo conto dei cittadini italiani (perché il dato totale è spesso falsato dai lavoratori - stagionali e no - stranieri che dopo un tot di anni decidono di tornare in patria per svariati motivi). Di questi 2.791 sono in una fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni. Il tutto in appena dodici mesi, per altro subito dopo una pandemia mondiale che avrebbe dovuto frenare questa tendenza. E invece si parte lo stesso, perché la crisi si fa sentire con ancora maggior veemenza. 
E in 19.900, sempre nel 2021, hanno lasciato la Puglia per andare in un’altra regione, quasi sempre al Centro (il Lazio in particolare) o al Nord. In tutto hanno spostato la residenza 24.294 persone. E questo in un solo anno. È come se nel 2021 fosse sparita una città come Gallipoli, Copertino, Galatina o Conversano. Il tutto per emigrare, per cercare fortuna altrove, per opportunità lavorative evidentemente qui insperate. 
Si parte perché il territorio offre poco. E si parte - lo dicono i numeri - soprattutto dalle aree periferiche. A lasciare il proprio paese sono spesso coloro che vivono in centri urbani piccoli, in zone considerate periferie, magari lontani dal capoluogo. Si parte perché il tessuto economico-sociale, che pure è all’atavica ricerca di figure professionali soprattutto in alcuni settori, non è in grado di assorbire le ambizioni. Si parte per motivi di studio. La Puglia ha perso in dieci anni 80mila neodiplomati che hanno deciso di iscriversi all’università in un’altra regione italiana. E quando le condizioni lo permettono, restano lì. Menti brillanti, ma anche braccia. La differenza è nel modo di partire, nei motivi, spesso anche nell’età anagrafica al momento dell’emigrazione. Ma il risultato non cambia, è lo stesso. 
Secondo uno studio di TalentsforVenture i laureati pugliesi che sono andati via nei dieci anni che vanno dal 2012 al 2021 sono oltre 33mila. Di questi in 4.925 hanno scelto l’estero, in 28.367 invece l’Italia. E sono numeri che tengono conto del saldo, cioè che includono e stornano coloro che invece - da laureati - si sono trasferiti in Puglia, creando una mobilità “positiva”. 
È l’emergenza di anni in cui domina la tecnologia, il progresso, ma si è costretti, talvolta, a trasferirsi altrove.

Mattarella ha ricordato che dovrebbe essere una scelta, mai un obbligo. E per il Sud questo problema è ancor più forte, perché della scelta, spesso, non c’è neppure l’ombra.

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