Politiche, intervista a Giorgia Meloni: «Il Pnrr va aggiornato, ma nessun danno per il Sud»

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni
di Francesco G.GIOFFREDI
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Venerdì 23 Settembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:35

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia: sono gli ultimi tornanti di una campagna elettorale senz’altro anomala, per molte ragioni. Ora riemerge il tema del posizionamento internazionale dell’Italia e dei rapporti con i partner stranieri. FdI è a pieno titolo nella famiglia dei partiti europeisti e atlantisti? Il voto in Europarlamento sulla vicenda Orbán ha destato polemiche.
«Fratelli d’Italia in Europa guida la grande famiglia dei Conservatori. Io da due anni sono il presidente del partito, Raffaele Fitto è co-presidente del nostro gruppo parlamentare. La posizione europea e occidentale è chiara e netta e, a scanso di equivoci, l’abbiamo ribadita al primo punto del programma del centrodestra. In Parlamento abbiamo sostenuto le sanzioni contro la Russia, l’invio di armi all’Ucraina e l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. Un solo partito non lo ha fatto ed è la sinistra radicale alleata di Letta. In questa situazione di guerra noi crediamo che serva avvicinare le nazioni europee invece che allontanarle: non siamo nella condizione di regalare alleati a Putin. Per questo non abbiamo votato la risoluzione europea contro Orbán, che colpisce ancora una volta una nazione che ha la colpa di eleggere un premier sgradito alla sinistra. Un testo talmente fazioso che persino i partiti ungheresi di opposizione si sono indignati».

L’Ue resta un’opportunità, anche per il Mezzogiorno? E in che termini?
«I fondi europei sono innanzitutto soldi degli italiani, che lo Stato trasferisce a Bruxelles e che ci vengono rimessi a disposizione dall’Ue nei diversi programmi di coesione e sviluppo. Quindi, spenderli e spenderli bene è una responsabilità sia verso Bruxelles che verso gli italiani. Nel periodo 2014-2020, a fronte di 86 miliardi di fondi cofinanziati dall’Ue, l’Italia ha impiegato solo il 50%. Oltre al danno rischiamo la beffa: con l’incremento dei costi, oltre a non aver realizzato le opere programmate, per portarle a termine saranno necessarie ulteriori risorse. I governi che si sono succeduti in questi anni dovrebbero assumersi le proprie responsabilità e spiegarlo ai cittadini».

Ha più volte ripetuto che l’idea di governare il Paese le fa “tremare i polsi”. Stare all’opposizione è senza dubbio più semplice, ora cosa la spaventa di più in prospettiva?
«Sarei un’irresponsabile se non sentissi tutto il peso dell’assumere la guida del governo in un momento come questo, alla vigilia di quello che si preannuncia come un autunno complicato sotto tutti i profili: da quello geopolitico a quello economico e sociale.

So bene che non sarà facile, ecco perché il programma di FdI non è un libro dei sogni, ma un progetto concretamente realizzabile».

E quali sono le tre priorità che affronterebbe da Palazzo Chigi? E in che modo?
«La prima, inevitabilmente, è il caro energia. Le bollette sono alte perché non c’è a livello europeo il tetto al prezzo del gas e il disaccoppiamento tra il prezzo del gas e quello dell’elettricità prodotta da altre fonti. Questo fa il gioco della speculazione. Serve agire subito e, se l’Ue dovesse tardare ancora, almeno sul disaccoppiamento, possiamo procedere a livello nazionale con un impatto significativo sulle bollette di famiglie e imprese. È una misura che ha un costo di 3-4 miliardi di euro e non avrebbe bisogno di un ulteriore scostamento di bilancio. Dopodiché, è necessario intervenire sul costo del lavoro, due terzi sul lato del lavoratore e un terzo sul lato delle imprese, per rilanciare potere d’acquisto e competitività. Altrettanto urgente è la questione demografica, che va affrontata con un piano imponente di sostegno alla famiglia e alla natalità».

Governare richiede maggioranze solide e coese: con Lega e FI tutto bene? Differenze e contrasti emergono anche in campagna elettorale, quasi quotidianamente.
«È fisiologico che in campagna elettorale ogni partito punti a far emergere le proprie specificità, ma il centrodestra è unito e compatto, governa già insieme 15 regioni su 20, ha un programma comune e sta insieme per convinzione. L’esatto contrario di quello che accade a sinistra».

È necessariamente il tempo della responsabilità, che lei sembra voler declinare con messaggi più “rassicuranti” per elettorato e interlocutori internazionali. Un cambio di passo tattico?
«Nessun cambio di passo. Noi abbiamo fatto un’opposizione dura al Governo, ma mai all’Italia, e non abbiamo fatto mai mancare i nostri voti sui provvedimenti che ritenevamo utili per i cittadini. Non è la campagna elettorale ma il momento storico che stiamo vivendo, con la pandemia prima e la guerra ora, a richiedere un surplus di responsabilità. Saranno mesi difficili, in cui avremo poche risorse da spendere e dovremo usarle per rilanciare la crescita e garantire la coesione sociale».

Quali sono le vostre ricette per il Sud? C’è, da sempre, il rischio di cadere in due trappole: eccesso di assistenzialismo e nessuna idea chiara di sviluppo.
«Il futuro del Sud non è nell’assistenzialismo di Stato e nel clientelismo che tanto piacciono alla sinistra. Io voglio un Sud libero e che non sia ricattabile. E questo è possibile farlo solo creando occupazione, sviluppando infrastrutture moderne, garantendo la sicurezza sociale e la qualità della vita. E puntando su potenzialità finora ancora non espresse appieno. Penso ad esempio alle straordinarie opportunità che potrebbero arrivare dall’economia blu. Questo significa mettere a sistema tutto ciò che ruota intorno al mare, dai porti alla logistica, dal turismo alla pesca».

A proposito di opportunità per il Mezzogiorno: il Pnrr è il vero orizzonte strategico di questi anni. Come andrebbe rinegoziato, visto che è questo che proponete? Non rischiamo di perdere tempo prezioso, o di mettere a repentaglio la clausola del 40% per il Sud?
«È davvero poco credibile il tentativo del Pd di ergersi a paladino del Sud. La nostra proposta di aggiornamento del Pnrr non metterà minimamente in dubbio la quota assegnata al Mezzogiorno. Il tema è un altro: l’aumento dell’energia e delle materie prime comporta inevitabilmente l’aumento dei costi di molti interventi. Vogliamo aprire un dialogo sereno con la Commissione europea per comprendere quali margini abbiamo per spendere al meglio queste risorse, dando la priorità alla risposta alla crisi e all’approvvigionamento energetico. È previsto dai regolamenti europei, altri governi lo stanno facendo, lo faremo anche noi».

La corsa al gas richiede soluzioni rapide: quali? E la Puglia che ruolo può svolgere nel bacino mediterraneo e in Europa?
«L’Italia e in particolare il Mezzogiorno possono diventare un vero e proprio hub energetico europeo, da cui far transitare il gas dal Mediterraneo destinato all’Italia e a mezza Europa. La Puglia avrebbe potuto svolgere già in tempi passati un ruolo importantissimo sul piano energetico se non ci fossero stati tanti “no” che hanno fatto perdere troppo tempo e causato danni alla Puglia e all’Italia tutta».

Lega e Regioni del Nord insisteranno con l’autonomia differenziata: un danno per il Sud, senza una preventiva determinazione dei Lep. Vi opporrete o “accontenterete” l’alleato leghista?
«L’autonomia differenziata, se attuata con equilibrio, responsabilizza le amministrazioni regionali e avvicinare il potere decisionale ai cittadini, secondo il principio di sussidiarietà che per noi è un cardine culturale. Per noi l’autonomia va inserita in un quadro di coesione nazionale e deve viaggiare insieme alla madre di tutte le riforme, il presidenzialismo. Quindi Stato forte, autonomie forti. Perché spetta comunque allo Stato garantire i meccanismi di perequazione e garantire i livelli essenziali dei servizi, come previsti dalla Costituzione».

Nelle regioni meridionali il M5s, anche sfruttando la scia del Reddito di cittadinanza, sta crescendo e sta erodendo consensi anche al centrodestra. Preoccupata? E non crede che occorra comunque uno strumento di contrasto alla povertà?
«Non credo che forze come il M5s stiano togliendo voti a FdI. Anzi, questo è un tema tutto interno alla sinistra. Ciò che mi interessa dire è che Fratelli d’Italia non intende lasciare indietro nessuno, perché noi non facciamo la “guerra ai poveri”, ma alla povertà. Il reddito di cittadinanza va sostituito con uno strumento più efficace per tutelare meglio, e con più risorse, i soggetti privi di reddito effettivamente fragili e impossibilitati a lavorare o difficilmente occupabili. E dare invece a chi è in grado di lavorare una formazione di qualità e politiche attive efficaci».

Emiliano si è scusato per quella espressione («sputare sangue»), e sostiene di averla chiamata. Cosa vi siete detti?
«Non mi risulta che Emiliano si sia mai scusato, sicuramente non lo ha fatto con me: mi ha chiamata per difendere quello che aveva detto e quindi ho risposto che non avevamo nulla da dirci. Le parole di Emiliano sono vergognose. Questa campagna elettorale ha svelato il vero volto del Pd e della sinistra: quando è arrivata la democrazia hanno perso la calma, diventando un partito violento ed estremista».

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