Autonomia differenziata, l'intervista all'economista Viesti: «La Lega insisterà e il rischio di approvazione è altissimo»

Autonomia differenziata, l'intervista all'economista Viesti: «La Lega insisterà e il rischio di approvazione è altissimo»
di Matteo CAIONE
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Giovedì 29 Settembre 2022, 07:14 - Ultimo aggiornamento: 07:15

Sul tavolo del nuovo governo di centrodestra che nascerà nelle prossime settimane ci sarà con tutta probabilità anche il tema dell'autonomia differenziata invocata negli anni scorsi da Veneto, Lombardia e Emilia Romagna e rilanciata anche nel corso della legislatura appena conclusa. L'economista Gianfranco Viesti, ordinario dell'università di Bari e autore di numerosi saggi, tra cui "Verso la secessione dei ricchi? Autonomie regionali e unità nazionale", è tra i massimi esperti su questo fronte. L'autonomia differenziata è una grande questione politica e secondo lo stesso Viesti è un danno per tutta l'Italia, non solo per il Mezzogiorno perché rappresenta un freno per lo sviluppo del Paese. L'economista, tuttavia, vede il rischio imminente di un via libera all'autonomia ed esclude assolutamente che il presidenzialismo possa essere un argine.
Professore Viesti, il fuoco dell'autonomia differenziata cova sotto la cenere. Con l'avvento del nuovo governo c'è il rischio che possa andare in porto?
«Il rischio è fortissimo, anche perché c'è la Lega che sostiene l'autonomia differenziata a spada tratta nell'interesse dei suoi territori dove è maggiormente radicata, ovvero al Nord, e la posizione di Fratelli d'Italia mi sembra davvero molto vaga e sfumata. Il pericolo è evidente».
Fratelli d'Italia e la stessa premier in pectore Giorgia Meloni lo hanno ripetuto più volte: il presidenzialismo è «la madre di tutte le riforme». Secondo gli esponenti dell'attuale primo partito italiano l'elezione diretta del capo dello Stato servirebbe per rinsaldare l'unità nazionale ma anche per attutire e smorzare le spinte autonomiste che provengono dai territori, dalle periferie. È d'accordo?
«Le due cose non sono collegate. L'autonomia differenziata prevede più poteri e più risorse per alcune regioni, non affronta il tema dei rapporti tra Stato e regioni. È una misura ad hoc per alcune regioni italiane che creerebbe uno scenario ad arlecchino e renderebbe molto più difficile realizzare le politiche pubbliche nazionali. Il presidenzialismo riguarda l'organizzazione di chi comanda a Roma, ma non c'entra nulla con le autonomie locali i cui poteri sono riconosciuti dalla Costituzione. Tuttavia, personalmente sono assolutamente contrario all'elezione diretta del presidente della Repubblica. Sono favorevole invece all'attuale forma di governo con una legge elettorale però proporzionale con una soglia di sbarramento per l'accesso in Parlamento».
Scuola, energia, ambiente, infrastrutture. Con l'autonomia differenziata le regioni chiedono di tutto. È così?
«Si tratta di richieste sconfinate, ma quelle sull'istruzione sono particolarmente gravi. Vorrei, però, che si uscisse dall'idea che l'autonomia differenziata fa male al Sud. La verità è che l'autonomia differenziata è un danno per tutto il Paese: fa male all'Italia. Sarebbe un freno per lo sviluppo complessivo della nazione perché renderebbe molto più articolato il sistema dei poteri e non è affatto detto che sia meglio per i cittadini di quei territori affidare alcune politiche alla Regione piuttosto che ai ministeri».
Siamo nel cuore di una particolare congiuntura. Cosa si aspetta dal governo Meloni che verrà?
«Non mi aspetto niente, semplicemente starò a vedere prima di valutare. Il pallino è ora nelle mani del centrodestra. E ci sono due grandi famiglie di temi: da una parte bisogna capire come gestiranno la congiuntura economica, molto difficile per tutti, e poi se hanno intenzione di mettere mano ad alcuni grandi servizi pubblici. Ad esempio, un'eventuale nomina di Letizia Moratti come ministro della sanità, di cui tanto si parla, sarebbe una pessima notizia per il servizio sanitario. Però, è giusto valutare il governo sulle politiche che attuerà».
 

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