Lo schema definitivo c'è, con qualche sorpresa e un pacchetto di fondi più cospicuo di quello previsto e sperato: 650 milioni anziché i 635 sui quali la Regione ha calibrato gli investimenti per disegnare la sanità del futuro in Puglia. Nel riparto dei fondi, infatti, il Governo ha previsto ulteriori 15 milioni che si vedrà, ora, come saranno distribuiti e spesi. Si parte, intanto, da una base chiara delineata dalle Asl insieme al Dipartimento regionale della Salute, diretto da Vito Montanaro, e benedetta dall'assessore al ramo Rocco Palese. «Il nostro dossier dice è buono. Si regge perfettamente sui due pilastri previsti dal Pnrr per la missione numero 6 dedicata alla salute».
Gli interventi
Il primo: rafforzare la medicina personalizzata e predittiva con strutture ospedaliere ad hoc e rafforzare il sistema di emergenza e urgenza con posti letto obi - tradotto, di osservazione breve intensiva - nei Pronto soccorso degli ospedali di grande e media dimensione, che dovranno essere ampliati inglobando nuovi spazi.
Il dossier presentato al Ministero
La speranza della Regione è quella di veder licenziato il dossier nei prossimi due mesi ed entro la fine di maggio poter firmare l'accordo di programma per passare dalle parole e dai documenti all'azione. Con una postilla, dal significato politico tutt'altro che secondario: «È intendimento del presidente Emiliano e mio conclude Palese - realizzare il piano per intero anche a prescindere dal risultato dell'esame ministeriale. Se qualche progetto venisse escluso, sarebbe insomma responsabilità e impegno della Regione portarlo a termine e realizzarlo con fondi diversi da quelli del Pnrr, come i fondi Por europei. La volontà della giunta regionale è questa». Un messaggio chiaro ai territori, che anticipa eventuali, possibili malumori e proteste qualora il piano pugliese venisse licenziato non nella sua interezza, lasciando a secco qualche città.
Ma cosa prevede il dossier Puglia nello specifico? Si suddivide in due componenti principali, una da più di 262 milioni di euro dedicata a realizzare nelle varie Asl ospedali e case di comunità e centrali operative territoriali; un'altra da oltre 372 milioni per garantire la digitalizzazione dei Dea nei medi e grandi ospedali, l'adeguamento antisismico delle strutture e l'acquisto di grandi apparecchiature di diagnostica - 94 i milioni stanziati nell'ambito del pacchetto da 372 - così da sostituire quelle obsolete, cioè più vecchie di cinque anni.
Gli ospedali di comunità per i pazienti cronici avranno da 20 a 40 posti letto e, nel confezionare il dossier finale, la Puglia ha alzato la posta e ne ha previsti cinque aggiuntivi rispetto alle previsioni iniziali. Anche le case di comunità - dove si svolgeranno h12 prestazioni specialistiche multidisciplinari - sono state redistribuite sui territori: le Asl di Bari, Bat e Brindisi ne perdono rispettivamente due, tre e tre; Lecce e Taranto conservano quelle previste - ovvero 24 e 17 rispettivamente - mentre Foggia ne guadagna nove. Le centrali operative territoriali saranno in tutto 40 e funzioneranno come il 118 per le urgenze: se un genitore ha il bimbo con il mal d'orecchio potrà chiamare ed essere indirizzato allo specialista disponibile nel più vicino ospedale.
Fin qui la teoria. Per passare alla pratica servirà non soltanto il via libera ministeriale al dossier Puglia per la sanità di prossimità, ma anche un massiccio piano di assunzioni per riempire le strutture sanitarie di medici, infermieri, oss, personale amministrativo. Un punto «imprescindibile», per dirlo con le parole dell'assessore Palese che, nel giro di un ventennio, per la seconda volta si trova al timone di una trasformazione radicale della sanità pugliese. Trasformazione nella quale, dopo anni di tagli, ridimensionamenti e chiusure solo minacciate, i piccoli ospedali torneranno a nuova vita.
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