Assistenza e terapia domiciliare: «Il contagio va fermato fuori dagli ospedali». I medici pugliesi in pressing sulla Regione

Assistenza e terapia domiciliare: «Il contagio va fermato fuori dagli ospedali». I medici pugliesi in pressing sulla Regione
di Paola ANCORA
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Venerdì 3 Aprile 2020, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 09:50
Individuare precocemente la malattia per poter trattare i pazienti in casa, con l'aiuto dei medici di base e di medicina generale. È questa la chiave di volta per «evitare il collasso del sistema ospedaliero»: interrompere la corsa del coronavirus prima che per i contagiati si renda necessario il ricovero in ospedale o, peggio, nei reparti di Terapia intensiva. A caldeggiare l'adozione di un protocollo per la gestione domiciliare delle cure ai contagiati dal Covid-19 è la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, presieduta dal pugliese Filippo Anelli.

Perché le strategie di contenimento del contagio risultino efficaci, infatti, la Federazione ritiene centrale l'intervento sul territorio. Convinzione, questa, scaturita innanzitutto dall'esame obiettivo di quanto avvenuto in Lombardia: l'elevatissimo numero di contagiati fra medici e infermieri ospedalieri insieme alla velocità di diffusione del virus, ha messo in ginocchio una delle sanità più efficienti d'Europa, congestionando i reparti di Terapia intensiva e costringendo i medici rianimatori a scelte etiche, fino a oggi inimmaginabili, per garantire cure e sostegno a coloro i quali avevano e hanno più possibilità di sopravvivere.

Il coronavirus, dunque, va fermato fra le mura di casa: i medici lo scrivono, nero su bianco, in una lettera che vede in calce, insieme a quella di Anelli, anche le firme dei presidente degli Ordini di Lecce, Taranto, Como, Bergamo e Milano, pubblicata il 26 marzo sul British Medical Journal, fra le più autorevoli riviste medico scientifiche internazionali.
Perché l'assistenza domiciliare già in essere in altre regioni - è preferibile a quella ospedaliera? Le ragioni sono molteplici e, a spiegarle, è il presidente dell'Ordine dei Medici di Lecce, Donato De Giorgi, in una missiva indirizzata il 30 marzo al presidente della Regione Michele Emiliano e al direttore del Dipartimento regionale per la Salute, Vito Montanaro. Innanzitutto la diffusione del coronavirus «è favorita da ambienti chiusi e frequentati da più persone». Si pensi ai focolai registrati in queste settimane nei reparti degli ospedali, nelle case di riposo per anziani o nelle caserme di tutta la regione.

A ciò si aggiunga che, dopo anni di tagli, negli ospedali di Puglia manca personale sanitario e mancano, oggi, anche i necessari dispositivi di protezione. Inoltre, se è vero che il piano ospedaliero regionale, aggiornato due giorni fa, sarebbe pronto a offrire un letto a 3.500 pazienti affetti da Covid-19, le immagini degli ospedali settentrionali, schiacciati dalla velocità dei contagi, restano un monito e una indicazione secondo FNOMCeO a spostare l'attenzione dall'ospedale al territorio, accelerando i tempi di diagnosi con test rapidi. «Esistono già sufficienti prove scientifiche in grado di supportare l'efficacia di un trattamento per bocca che veda associati un antimalarico e un antibiotico» aggiunge De Giorgi. La terapia, che potrebbe quindi essere somministrata a casa di ogni contagiato, prevede l'utilizzo in abbinamento di idrossiclorochina e azitromicina, in grado se assunti a determinate dosi e nelle fasi iniziali della malattia di fermare la replicazione del virus.

La Società Italiana di Malattie infettive e tropicali (Simit) ha già pubblicato il 27 marzo scorso un documento per la gestione domiciliare di questa terapia nei casi di pazienti asintomatici o con sintomi lievi, ma da Bari ancora non è arrivata alcuna decisione in merito. Certo è che, qualora anche la Puglia abbracciasse l'idea di un protocollo terapeutico domiciliare, la task force regionale per la gestione della pandemia dovrebbe preoccuparsi di rifornire le farmacie dei farmaci necessari: dopo la pubblicazione del documento Simit il Plaquenil, l'antimalarico contenente l'idrossiclorochina, è andato a ruba e persino i depositi dei grossisti sono stati svuotati. «La Regione dovrebbe richiederli direttamente alle case produttrici e distribuirli alle farmacie ospedaliere a carico del Sistema sanitario nazionale» suggerisce l'Ordine dei Medici di Lecce. Il tempo stringe.
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